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Meridionalismo addio!

Meridionalismo addio!

Tabù o eresia? Come definire oggi il meridionalismo? Un superato cahier de doléances, il quaderno delle lamentele, o l’espressione di un concetto negativo?

Utilizzato per la prima volta nel 1873 dal parlamentare lombardo Antonio Billia, ma  elaborato e storicizzato da leader e politici del calibro di  Giustino Fortunato, Sidney Sonnino, Leopoldo Franchetti, Antonio Gramsci e Francesco Saverio Nitti, il termine questione meridionale indica l’oggettiva situazione di difficoltà del mezzogiorno d’Italia rispetto alle altre regioni del Paese.

Negli ultimi 143 anni sul meridionalismo si sono scritte intere biblioteche di libri e analisi, con un infinito corollario di polemiche, fino all’attuale scomparsa della questione meridionale dal dibattito politico.  “Non solo,  ma negli utimi anni sono venute fuori, anche storicamente sostenute, le differenze esistenti nella realtà meridionale ma anche in quella del  centro-nord ” sottolinea l’economista di Salvatore Butera.

Meridionalismo addio!
SALVATORE BUTERA

Disparità  di reddito derivanti da origini storiche, geografiche e da rendite di  posizione, che disegnavano le Regioni italiane come un arcobaleno, come una realtà variegata “- spiega Butera –  “ecco perché il meridionalismo ha perso interesse anzitutto al centro, ma anche nel Mezzogiorno non si avvertono più moti di opinione pubblica, né l’emergere di una classe dirigente in grado di fronteggiare una pesantissima situazione, che tuttavia persiste” .

Salvatore Butera  é uno dei più esperti commentatori economici. Presidente fino al 2005 della Fondazione Banco di Sicilia e prima ancora consigliere economico di Piersanti Mattarella, il Presidente della Regione Siciliana vittima nel 1980 di un omicidio politico mafioso destabilizzante, strettamente connesso al delitto Moro del quale il leader siciliano, fratello maggiore del Capo dello Stato, era il naturale successore.

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  • La  questione meridionale è morta. Viva la questione meridionale?

“La questione meridionale è stata al centro del dibattito dal dopoguerra ad oggi, ma ormai ha esaurito un ciclo storico. E’ stata molto importante perché, anche grazie alla Cassa per il Mezzogiorno, é riuscita a ridurre il gap storico in termini di reddito pro-capite con il  centro-nord del Paese. Poi però, gli effetti sono andati esaurendosi e anzi questo divario si è andato allargando e adesso nella considerazione generale, sia politica che culturale, questo tema si é andato spegnendo,  come se la questione non fosse mai esistita. Ma il divario esiste ancora.”

  • Quale nel 2016 la realtà delle regioni del mezzogiorno d’Italia?

“La realtà attuale del Sud è fatta comunque di regioni che hanno fatto enormi passi avanti, sul piano della modernizzazione, che significa opere pubbliche, scuole, ospedali, trasporti. Qualcuno però ha ipotizzato che trattasi per cosi dire di una “modernizzazione apparente”, incompiuta, giacché molte cose non funzionano e non ci sono le condizioni per farle funzionare.  Si potrebbe dire che è un eterno conato vero la modernità, che il Mezzogiorno non è mai riuscito a completare. Un Sud peraltro fatto anche di grandi città metropolitane: Napoli, Catania, Bari, Palermo, metropoli che però soffrono di servizi pubblici carenti, che funzionano male, e che hanno subito nel secondo dopoguerra un notevole processo di inurbamento, cioè’ di crescita della popolazione.”

Meridionalismo addio!

  • Quindi un Mezzogiorno profondamene cambiato, che ha tuttavia sostituito i vecchi problemi con altri nuovi, assai più complessi e difficili. Basti guardare alle grandi concentrazioni urbane del Sud trasformatesi in pochi anni in orribili megalopoli ingestibili, cariche di debiti, di squilibri, di problemi. Come uscirne? La rivoluzione tecnologica basterà a riequilibrare il gap?

 “E ‘ profondamente difficile, visto che viviamo in un momento di crisi mondiale, in cui mancano le classi dirigenti e la politica appare debole. L’Europa e i suoi complessi problemi lo testimoniano. Il Sud deve stare in Europa, anche perché storicamente i legami sono forti, ma lo deve fare sulle proprie gambe, contando sulle proprie forze. Non è più pensabile a contributi in danaro, che peraltro poi necessitano di interventi nazionali. Non è questione di fondi, ma di classi dirigenti. Quindi occorre sperare che nel tempo si affermino persone che lavorino per migliorare le cose, tenendo presente che il mondo è profondamente cambiato, e siamo di fronte a una rivoluzione tecnologica.”

  • Quanto incidono ancora le mafie nel mancato sviluppo?

“Le mafie incidono ancora molto nel tessuto sociale del Mezzogiorno, ma vi sono sostanziali differenze: la mafia è quella che ha subìto i maggiori colpi. Non è di certo morta, ma è molto diversa da quella stragista che abbiamo conosciuto negli anni ‘80 e ‘90. Così non è invece per la camorra e soprattutto per la ndrangheta calabrese, organizzazioni che mi paiono in piena vitalità, e quindi influiscono fortissimamente nel tessuto sociale e soprattutto nella classe dirigente, che è inquinata da questa malavita, e dall’economia illegale, sommersa che costoro foraggiano e che invade i territori rendendoli non produttivi e non limpidi.”

  • La Sicilia sull’orlo del default è redimibile e come?

“La Sicilia  è in una situazione particolarmente grave, anche a causa della sua vastità, giacché é la più grande regione italiana con oltre 5 milioni di abitanti. E anche qui si paga lo scotto di una classe dirigente non all’altezza, con addirittura esponenti dell’antimafia che si rendono protagonisti di atti intrisi di illegalità.”

  • L’hanno definita la maledizione di Sciascia. Anche se fu il Corriere della Sera a titolare  “I professionisti dell’antimafia” l’articolo dello scrittore che già alla fine degli anni 80 denunciava deviazioni e incongruenze.

“Assistiamo a una confusione di ruoli e a una pericolosissima falsificazione della realtà: persone ritenute modelli di legalità si rivelano, allo stato dei fatti, emeriti cialtroni. E tutto questo non fa che innescare un processo di sfiducia nei giovani ma anche nella classi  più anziane. L’attuale marasma politico-economico della Sicilia rappresenta  un problema grave che certo può essere in qualche modo risanato dal sistema democratico, attraverso le elezioni, ma all’orizzonte non si vedono persone nuove.  Ci vorrebbero davvero i 100 uomini d’oro di Guido Dorso, gente intemerata. Perché diciamolo pure: la politica è inquinata, ma non soltanto dal punto di vista importantissimo della legalità, ma anche sotto l’aspetto qualitativo, dello spessore, della validità delle persone chiamate a governare la cosa pubblica. E questo è un problema molto serio.”

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Gianfranco D'Anna
Gianfranco D'Anna
Fondatore e Direttore di zerozeronews.it Editorialista di Italpress. Già Condirettore dei Giornali Radio Rai, Capo Redattore Esteri e inviato di guerra al Tg2, inviato antimafia per Tg1 e Rai Palermo al maxiprocesso a cosa nostra. Ha fatto parte delle redazioni di “Viaggio attorno all’uomo” di Sergio Zavoli ed “Il Fatto” di Enzo Biagi. Vincitore nel 2007 del Premio Saint Vincent di giornalismo per il programma “Pianeta Dimenticato” di Radio1.
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