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Robert Redford l’anima del cinema americano contemporaneo

Incarnazione di un ideale hollywoodiano mai realmente materializzatosi compiutamente perché schiacciato dal busines, Robert Redford, scrive nell’articolo che sintetizziamo il critico cinematografico del Washington Post Ty Burr, era  bellezza e talento, carisma e integrità, successo, impegno civile e anima indipendente. Un grande attore, regista e produttore, che ha attraversato oltre mezzo secolo di cinema americano portando in scena il lato più riflessivo dell’eroe, l’impegno morale dell’idealista, la fragilità dietro al sorriso.Robert Redford l’anima del cinema americano contemporaneo

Robert Redford l’anima del cinema americano contemporaneo
Robert Redford

by Ty Burr*

La notizia della scomparsa di Robert Redford fa male, vero? Sembra la fine di qualcosa, una parte di noi, di come eravamo, che non torneremo mai più.

Certi personaggi pubblici sembrano così longevi, così intrecciati con il loro tempo, che la loro assenza è come se una gamba si fosse staccata dal tavolo, e tutto stesse scivolando verso il limite.

Robert Redford é morto, e un’ancora del nostro passato culturale collettivo se n’é andata. Robert Redford l’anima del cinema americano contemporaneo

C’é una scena nella versione cinematografica del 1967 di “A piedi nudi nel parco” di Neil Simon, in cui la giovane coppia di sposi interpretata da Jane Fonda e Redford litiga per l’incapacità di lui di rilassarsi un po’ e fare qualcosa di inaspettato come…camminare a piedi nudi nel parco.

Esasperata, Fonda dice: “Sei sempre vestito bene, hai sempre un bell’aspetto, dici sempre la cosa giusta: sei quasi perfetto!” Redford, ferito a morte, ribatte: “È una cosa orribile da dire”.

Proprio lì c’é la tensione che ha animato la carriera dell’attore in 60 anni di acclamato lavoro dentro e fuori dallo schermo: era un rubacuori per un’epoca che non si fidava dei rubacuori, ma ne aveva comunque bisogno. Un dio del grande schermo in un’epoca in cui volevamo uomini che ci assomigliassero. E poiché Redford sapeva di non potersi accontentare del suo aspetto e poiché a detta di tutti era un uomo perbene, intelligente e con i piedi per terra, sentiva la necessità di fare di più, come attore e come persona.

Robert Redford l’anima del cinema americano contemporaneo
Robert Redford e Jane Fonda in “A piedi nudi nel parco”

Ecco il punto: il successo di Redford, l’eredità che lascia, è duplice. Da un lato, una serie di interpretazioni cinematografiche in cui bilancia senza sforzo solennità e bellezza, serietà d’intenti (e un talento per la comicità sottovalutato) con una serena sicurezza nella propria pelle.

Ha saputo vestire il suo corpo e la sua personalità sullo schermo con la grazia inconsapevole che chiediamo alle nostre star del cinema, e lo ha fatto in modo impeccabile.

Robert Redford l’anima del cinema americano contemporaneo
Redford e Barbra Streisand in ” Come eravamo”

Ci sono donne che piangono in tutta l’America e nel mondo oggi, e la maggior parte di loro presto guarderà in streaming “Come eravamo” (1973), una storia d’amore che dura da decenni in cui il dio WASP Redford incontra la dea ebrea del brutto anatroccolo Barbra Streisand, e l’equilibrio dell’universo viene brevemente ripristinato.

L’altra verità sul periodo trascorso da Redford sulla Terra é che il cinema indipendente americano non esisterebbe senza di lui, o quantomeno, avrebbe un aspetto molto diverso. Il Sundance Film Festival, che prende il nome dal personaggio dell’attore nel film di successo del 1969 “Butch Cassidy”, é nato dall’US Film Festival, nato a Salt Lake City nel 1978 con Redford a presiederne il consiglio di amministrazione; nel 1985, si è trasferito a Park City sotto l’egida del Sundance Institute di Redford, e per i successivi 40 anni è stato il principale canale di comunicazione per nuovi registi e nuove visioni.Robert Redford l’anima del cinema americano contemporaneo

E quando Redford si é fatto da parte come volto pubblico del festival nel 2019, Sundance era ormai da tempo diventato un necessario contrappeso a una Hollywood sempre più dipendente da sequel e remake. Anche con il trasferimento a Boulder, in Colorado, nel 2027, il festival rimarrà una fonte fondamentale di visioni cinematografiche originali, forse l’ultimo rimasto in piedi.

Ma senza Redford, l’intera impresa creativa semplicemente non sarebbe mai esistita. Detto questo, Redford é sempre stato una presenza costante e guida dietro le quinte di Park City, mai in prima linea a monopolizzare la scena. Il Sundance non era incentrato su di lui; era incentrato sui film e sugli uomini e le donne che li realizzavano. E questo era in linea con chi Redford sembrava essere quando andavamo a vederlo al cinema. Non era un jolly come Jack Nicholson o un fanatico del metodo come Marlon Brando; non era un macho tenebroso come Steve McQueen, e non ribolliva di minaccia come Robert De Niro o Al Pacino.Robert Redford l’anima del cinema americano contemporaneo

Di certo non era uno schlemiel come Dustin Hoffman, in un’epoca in cui si richiedevano star del cinema che sembrassero schlemiel.

Si racconta che quando Redford fece un provino per il ruolo di Benjamin Braddock ne “Il laureato” del 1967, il regista Mike Nichols gli chiese: “Bob, hai mai fatto colpo su una ragazza?”. E Redford rispose dopo una pausa: “Cosa intendi ?”. E così la parte la ottenne Dustin Hoffman.

Robert Redford l’anima del cinema americano contemporaneo
Paul Newman e Robert Redford in ” La stangata”

Le parti che ottenne , tuttavia, fecero di Redford un eroe cauto e dei nostri tempi: un cavaliere bianco consapevole di quanto sia facile per un uomo macchiarsi.

Fu un candidato senatoriale azzardato in “Il candidato” (1972) e un impiegato di basso livello della CIA in fuga da una cospirazione in “I tre giorni del Condor” (1975). Interpretò atleti estroversi con difetti interiori in “Gli sfidanti” (1969) e “Il grande Waldo Pepper” (1975). Il suo “Jeremiah Johnson” (1972) era una storia di un uomo di montagna anni prima di “Revenant – Redivivo”.

Robert Redford l’anima del cinema americano contemporaneo
Dustin Hoffmann e Robert Redford in ” Tutti gli uomini del Presidente”

Redford si é abbinato bene ad altre star, in particolare a Paul Newman, il cui diabolico senso del gioco si é fuso con il sex appeal un pò greve del suo partner in “Butch Cassidy” e “La stangata” (1973). E ” Tutti gli uomini del Presidente ” (1976) ha finalmente riunito sullo schermo lo yin e lo yang di Benjamin Braddock, scegliendo Redford per il ruolo di Bob Woodward e Hoffman per quello di Carl Bernstein, giornalisti del Washington Post che hanno svelato i peccati del Watergate e sono stati eroi sgualciti per una generazione. Lo sono ancora, e ora più che mai.

“La mia Africa” ​​(1985) fu il suo ultimo ruolo da rubacuori nei panni dell’affascinante aviatore Denys Finch Hatton, al fianco di Karen Blixen interpretata da Meryl Streep. In seguito, Redford si accontentò di essere un’eminenza ormai ingrigita in commedie (“Legal Eagles”, “Sneakers”), melodrammi glutinosi (“Proposta indecente”) e altri progetti minori. Ha interpretato un cattivo in un film Marvel, “Captain America: The Winter Soldier” (2014), e milioni di spettatori della Generazione Z si sono chiesti perché le loro madri e nonne improvvisamente respirassero a fatica.

Robert Redford l’anima del cinema americano contemporaneo
Robert Redford e Meryl Streep in “La mia Africa”

Niente di tutto questo importava davvero, ovviamente, perché a quel tempo Redford si era ormai affermato come regista, portando le stesse qualità di intelligenza penetrante, coscienza sociale e attenta osservazione del comportamento umano nel suo lavoro dietro la macchina da presa. Il devastante dramma familiare “Gente comune” (1980) fu il primo e rimane il migliore dei 10 film diretti dall’attore e valse a Redford il suo unico Oscar competitivo, quello per la regia. Non assegnano Oscar alla recitazione a persone così belle. Nel 2002, gli è stato conferito un Oscar onorario, il solito segno della resa dell’Academy di fronte al buon senso.

L’impegno discreto ma fermo di Redford per l’ambientalismo e i diritti dei nativi americani non può passare inosservato; a differenza di altre celebrità, ha investito i suoi soldi e il suo impegno pubblico dove potevano servire, dando l’esempio piuttosto che per autopromozione. E molto tardi, é tornato come attore in due addii inquietanti e aggraziati, tenendo lo schermo da solo nei panni del marinaio sbattuto dal mare in “All Is Lost” (2013) e abbandonando con un’inaspettata malizia il ruolo di un anziano rapinatore di banche in “The Old Man & the Gun” (2018).

Il suo era il dramma e il dilemma dell’uomo bello che dubita della propria bellezza e sente il bisogno di fare di più. I momenti che ci ha regalato sono stati più che sufficienti. Robert Redford l’anima del cinema americano contemporaneo

*Ty Burr é un critico cinematografico con 40 anni di esperienza (Entertainment Weekly, The Boston Globe) ed autore della newsletter di consigli cinematografici Ty Burr’s Watch List (tyburrswatchlist.com). È membro della National Society of Film Critics e autore di “Gods Like Us: On Movie Stardom and Modern Fame” (2012), “The Best Old Movies for Families” (2007) e dell’e-book “The 50-Movie Starter Kit: What to Know if You Want to Know What You’re Talking About” (2013). Nel 2017 è stato finalista per il Premio Pulitzer per la Critica.

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