Senza alternativa, lo stillicidio mediatico quotidiano sul referendum per la riforma della giustizia, si sofferma sull’iter della raccolta in Parlamento delle firme in necessarie per indire la consultazione.
A promuoverla sono sia le forze di maggioranza che quelle di opposizione: alla Camera, la richiesta di referendum deve essere firmata da un quinto dei 400 deputati e quindi da circa 80 deputati. Al Senato la richiesta deve essere sottoscritta da un quinto dei 200 senatori, ovvero circa 40 firme. Numeri già ampiamente superati se non raddoppiati.
Il Segretario di Forza Italia, Antonio Tajani, ha già annunciato l’intenzione di istituire propri comitati per il Sì. Più cauta invece la posizione di Lega e Fratelli d’Italia. “Valuteremo”, fanno sapere fonti parlamentari di Via della Scrofa, dove l’orientamento prevalente sembra essere quello di non legare direttamente il simbolo del partito alla nascita dei comitati. L’obiettivo è mantenere distinto il destino politico del governo Meloni dall’esito della consultazione, che la coalizione di centrodestra punta comunque a mantenere ancorata ai contenuti della riforma sottoposta al giudizio popolare.
Dall’uno all’altro fronte si registrano scelte in controtendenza, come quella di Antonio Di Pietro che vota Si e l’ex Ministro andreottiano Cirino Pomicino che sceglie invece il No.
Ma nessuno si aspettava la sorpresa di un dettagliato intervento sul Foglio, per contraddire in profondità il fronte delle toghe, da parte del Presidente emerito della Corte Costituzionale Augusto Barbera.

Giurista, ex deputato del Pci e del Pds, già ministro per i Rapporti con il Parlamento nel governo Ciampi, lascia tutti a bocca aperta Barbera quando spiega cosa lo spinge a votare favore della riforma della giustizia “perché – sostiene – é una riforma liberale divenuta inevitabile dopo la così detta riforma Vassalli che aveva smantellato il vecchio codice di impronta autoritaria e introdotto il sistema accusatorio. Inevitabile conseguenza la separazione delle funzioni e delle carriere, ma intervennero più fattori di rallentamento, talora passi indietro”. Inutile girarci attorno scrive Barbera che aggiunge:” non credo che la vittoria nel referendum porterà a una subordinazione al potere politico. Lo impedisce il nuovo testo dell’art. 104 laddove stabilisce che ”la magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere ed è composta dai magistrati della carriera giudicante e della carriera requirente”.

Diametralmente opposta l’opinione di Marcello Maddalena, già procuratore generale di Torino, membro del direttivo del Comitato per il No, promosso dall’Anm. ” Con la riforma – afferma Maddalena – c’è rischio di un creare un Pm super poliziotto, mentre il sorteggio é una delegittimazione dei magistrati”.
“Il problema vero – aggiunge il professore Enrico Grosso, presidente onorario del Comitato a difesa della Costituzione e per il No – é che non si sta tanto facendo un intervento per consolidare una distinzione di funzioni che già da tempo di fatto esiste, ma si sta smantellando il ruolo costituzionale del Csm”.

Per Grosso nel momento in cui si divide in due il Csm, lo si elegge per sorteggio gli si toglie prestigio, tono costituzionale e rilievo costituzionale. “ Di fatto si svuota il principio di autonomia e di indipendenza della magistratura. Questa é la vera operazione” sostiene Grosso.

Più articolata la posizione di due avvocati cassazionisti, Francesco Caroleo Grimaldi, del Foro di Roma, e Massimo Motisi, del Foro di Palermo. “Per indurre i cittadini a votare – afferma Caroleo Grimaldi – indicherei le percentuali di persone arrestate su richiesta del pm e poi assolte in giudizio. Se il referendum dovesse bocciare la riforma , la Magistratura consoliderebbe il proprio potere sulla politica e inizierebbe una stagione di vendette trasversali.”
Ironica la valutazione di Massimo Motisi: ”pemesso che non mi straccerei le vesti, se il referendum non dovesse passare, il problema va analizzato con serenità ed oggettività; il nostro é un sistema penale accusatorio che, in astratto, dovrebbe vedere l’accusa e la difesa in una posizione di effettiva parità di fronte ad un giudice terzo ed imparziale. Ebbene, va riconosciuto che siamo uno dei pochi paesi europei con un codice accusatorio, ma con una magistratura unica ereditata dal periodo fascista. Facendo un esempio banale ed immaginando una partita di calcio, che piace tanto agli italiani, cosa penseremmo se l’arbitro, per quanto bravissimo e serissimo, fosse seduto nello stesso spogliatoio e nella stessa panchina della squadra avversaria?”.







