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Borsellino e gli anni tinebrosi ma la ricerca della verità non si ferma

La memoria e la ricerca della verità oltre la retorica. Fra oscuri retroscena e sconvolgenti scoperte, sfidando il tempo e la dispersione di prove e testimonianze essenziali, le inchieste continuano con l’obiettivo di fare luce fino in fondo sulla stagione stragista e sull’intero contesto di quegli anni tinebrosi e labarberosi.

Trentatrè anni dopo le stragi di Capaci e di via D’Amelio, Palermo e l’Italia ricordano, si commuovono e si indignano. Una cocente indignazione accompagnata dalla vergogna della consapevolezza che ancora non si riesce a fare giustizia.

Gli anniversari passano stanchi, corrosi dai veleni e dall’oblio. I giorni e gli anni delle terribili estati di mafia di Palermo si alternano ripetitivi, senza mai un bagliore di verità e giustizia, terribilmente fini a sé stessi e con l’agghiacciante prospettiva di trasformarsi nei funerali dello Stato di diritto e della Costituzione.

Dall’omicidio di Salvo Lima, del 12 marzo del 1992, all’attentato del 23 maggio contro Falcone sull’autostrada Punta Raisi Palermo, all’auto bomba che il 19 luglio in via D’Amelio dilania Paolo Borsellino e la sua scorta ( Emanuela Loi, 24 anni, la prima donna poliziotto in una squadra di agenti addetta alle scorte, Agostino Catalano, 42 anni, Vincenzo Li Muli, 22 anni, Walter Eddie Cosina, 31 anni, e Claudio Traina 27 anni ) non solo i mesi ma anche gli anni antecedenti ai 57 giorni che intercorrono fra le due stragi vengono passati e ripassati al microscopio investigativo.

Una ricerca tuttora oggetto di processi e ulteriori indagini, tra condanne, assoluzioni, prescrizioni e spunti investigativi spesso clamorosi, tra mani esterne, piste nere, logge massoniche, che contribuisce a tenere tuttora aperto il conto con la giustizia.

Borsellino e gli anni tinebrosi ma la ricerca della verità non si ferma
Gianni Tinebra e Arnaldo La Barbera

La Procura di Caltanissetta ha avviato nuovi fronti, aperto capitoli che si ritenevano sepolti con perquisizioni nelle abitazioni dei defunti Procuratore Gianni Tinebra e dell’allora Capo della Mobile e poi Questore di Palermo Arnaldo La Barbera, alla ricerca dell’agenda rossa, e ritrovato dopo una certosina ricerca i brogliacci delle intercettazioni legate al filone mafia-appalti, sepolti da 30anni in fondo agli archivi.

Fra roventi accuse e polemiche le inchieste più recenti stanno verificando tutte le tensioni e le eventuali zone d’ombra esistenti fra Borsellino e gli ambienti della Procura della Repubblica di Palermo, dopo la sua nomina a Procuratore aggiunto.

Verifiche essenziali per ricostruire l’esatta successione di vicende, indagini e inchieste datate che potrebbero avere inciso non soltanto sul movente di via D’Amelio, ma sull’intero contesto delle stragi del ’92 e che evidenziano anche inquietanti collegamenti con le inchieste milanesi di quegli anni, denominate mani pulite, in relazione alle eventuali connessioni a livello di finanziamenti occulti e riciclaggio fra i boss di cosa nostra e industriali con interessi internazionali del calibro di Raoul Gardini. Scenari di sistemi criminali ancora tutti da smascherare.

“La Procura di Caltanissetta sta lavorando e sta indagando con il sostegno e il supporto della procura nazionale antimafia e antiterrorismo”, ha assicurato il Procuratore nazionale antimafia, Giovanni Melillo, in una intervista a Repubblica. C’é ancora un “debito di verita’”, ha spiegato, “non solo nei confronti della famiglia Borsellino, ma del Paese intero, é un debito che grava sulle spalle di tutti e che siamo impegnati a onorare”.

Borsellino e gli anni tinebrosi ma la ricerca della verità non si ferma
Giovanni Melillo

E’ certo che fu fatto poco per proteggere Paolo Borsellino. “Mio padre – ha detto Manfredi Borsellino in diverse interviste alla vigilia del 33° anniversario – voleva vincere la guerra contro cosa nostra, ma gli é stato impedito da troppe persone vicine a lui, al suo ambito lavorativo. Siamo ancora alla ricerca dell’amico che lo ha tradito, di coloro che lo hanno fatto, che gli erano vicini e lo hanno lasciato solo, non soltanto tra le istituzioni, ma in quel mondo professionale, lavorativo, giudiziario che lo circondava e che doveva blindarlo, proteggerlo, salvaguardarlo”.

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Manfredi Borsellino

“Temo ci sia una sorta di ritorno al passato, come ai tempi di Lima, Ciancimino e di altri politici e amministratori che non disdegnavano le lusinghe di cosa nostra e di quell’imprenditoria mafiosa che controllava gli appalti e le pubbliche commesse” – ha denunciato nei giorni scorsi l’ex sostituto Procuratore antimafia di Palermo Alfonso Sabella che ha aggiunto:” l’errore che si fa più spesso é quello di considerare cosa nostra un monolite immobile, mentre la mafia ha dimostrato di avere una straordinaria capacità di adattamento pur restando sempre uguale a se stessa. Oggi c’é una mafia che ha capito che é più semplice provare a comprarselo lo Stato: una mazzetta costa molto meno di un omicidio e non provoca reazioni.”

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Alfonso Sabella

Ma il concetto più efficace per sintetizzare quest’ennesimo anniversario palermitano senza verità e giustizia, lo ha espresso Paolo Borsellino: “L’impegno contro la mafia non può concedersi pausa alcuna, il rischio é quello di ritrovarsi subito al punto di partenza.”Borsellino e gli anni tinebrosi ma la ricerca della verità non si ferma

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Gianfranco D'Anna
Gianfranco D'Anna
Fondatore e Direttore di zerozeronews.it Editorialista di Italpress. Già Condirettore dei Giornali Radio Rai, Capo Redattore Esteri e inviato di guerra al Tg2, inviato antimafia per Tg1 e Rai Palermo al maxiprocesso a cosa nostra. Ha fatto parte delle redazioni di “Viaggio attorno all’uomo” di Sergio Zavoli ed “Il Fatto” di Enzo Biagi. Vincitore nel 2007 del Premio Saint Vincent di giornalismo per il programma “Pianeta Dimenticato” di Radio1.
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