PAGINE
Rubrica di critica recensioni anticipazioni
by Pino Casale
Partirà il prossimo 31 ottobre da Bologna il tour di Francesco De Gregori dedicato alla celebrazione di Rimmel, album di cui quest’anno ricorrono i 50 anni dalla pubblicazione.
E’ quindi il caso di ricordare meglio quello che, a tutt’oggi, rimane probabilmente il disco più popolare del cantautore romano, e sicuramente anche uno dei più importanti dell’intera produzione italiana di sempre.

Non sono moltissime le incisioni che hanno lasciato un segno indelebile: potremmo citare “Senza orario senza bandiera”, primo concept album italiano che vide la collaborazione di Fabrizio De André dei New Trolls e di Reverberi sui testi del poeta Mannerini, oppure “Com’è profondo il mare” di Lucio Dalla, la prima volta che l’artista bolognese scrisse da solo testi e musica, con risultati straordinari; ancora, “Nero a metà”, nei cui testi la lingua italiana si mescolava al dialetto napoletano e talvolta a qualche frase in inglese, e, con le musiche tra le più belle ed ispirate di sempre, a segnare la raggiunta piena maturità di Pino Daniele; per tornare infine a De André e citare il suo “Creuza de ma”, realizzato con la consistente collaborazione di Mauro Pagani e primo vero e proprio esempio di “world music” con un anticipo di un paio d’anni rispetto a quando il termine diventò di uso comune.

Ma torniamo a Rimmel: é quello che raggiunse il grandissimo successo dopo album che non erano certamente passati inosservati, dal primo “Theorius campus” realizzato con l’amico/nemico di sempre Antonello (i due, tanti anni dopo, incideranno insieme un brano, “Io e mio fratello”, prendendosi bonariamente in giro a vicenda, ricordando la loro amicizia longeva ma mai priva di contrasti), ai successivi “Alice” e “Francesco De Gregori”, che ci avevano lasciato brani già memorabili (“Alice”, “Buonanotte fratello”, “Niente da capire”).
Ma “Rimmel” rappresentò la svolta: un album intenso, profondo, in cui i testi poetici erano legati a melodie mai banali, spesso accattivanti ma senza cadere nella trappola del facile ascolto. Non c’è una sola canzone che non si ricordi, ognuna ha una storia memorabile ed una sua musicalità, diverse l’una dall’altra, e tutto ciò fece in modo che diventasse l’album più venduto del 1975 (con la sola eccezione della colonna sonora di “Profondo rosso”).
C’è la title track, scritta alla conclusione di una storia sentimentale, con la stessa ragazza cui precedentemente l’autore aveva dedicato “Bene”; ci sono le dediche, vere (“Il signor Hood”, scritta per Marco Pannella) o presunte, come “Quattro cani”, che alcuni ipotizzarono fossero Antonello Venditti, il produttore Italo Greco, Patty Pravo e lo stesso De Gregori, il quale però ha sempre smentito categoricamente, ed anche “Piano bar”, ipoteticamente dedicata ancora a Venditti, ma Francesco ha sempre negato anche questa supposizione.
C’è una prima collaborazione di scrittura insieme a Lucio Dalla (col quale si creerà in seguito un fortunatissimo sodalizio) in “Pablo”, una storia con forti temi sociali come emigrazione e lavoro, c’è la critica ai fascismi di ieri e di oggi insita in “Le storie di ieri”, incisa lo stesso anno anche da De André nel suo “Vol. 8”: i due avevano trascorso molto tempo insieme l’anno precedente nella casa di Fabrizio in Gallura, collaborando alla stesura di alcuni brani.
Bisogna ancora citare le ultime tre canzoni delle quali ancora non si è detto: “Pezzi di vetro”, “Piccola mela” e soprattutto “Buonanotte fiorellino”, rimasto ancora oggi uno dei brani più richiesti ed acclamati nei concerti, brano del quale lo stesso De Gregori non ha mai nascosto la fonte dell’evidente ispirazione, rappresentata da “Winterlude” di Bob Dylan.
Bob é notoriamente sempre stato oggetto di fervente ammirazione da parte del nostro, il quale nel 2015 decise di pubblicare un album di cover, con i testi tradotti ed adattati alla nostra lingua, intitolato “Amore e furto” (preso da “Love and theft”, album del 2001).
Due parole ancora per dire che in “Rimmel” le chitarre furono suonate quasi interamente da Renzo Zenobi, musicista e cantautore, che può vantare anche collaborazioni con Dalla, Baglioni, Conte e tanti altri; gli altri strumenti furono suonati dai componenti dei Cyan, band anglo-italiana attiva fin dalla fine degli anni ’60. In “Le storie di ieri ci furono gli interventi di Mario Schiano (sax) e di Roberto Della Grotta (contrabbasso).
Aspettiamo quindi di rivivere nuovamente nei teatri e nei palasport, a partire dal prossimo autunno, le emozioni regalateci da queste canzoni senza tempo.




