La pace in Ucraina non é mai stata all’orizzonte, ma se non altro qualche settimana fa, nell’ambito di una parvenza di negoziato sembrava quantomeno profilarsi finalmente qualcosa di più di un miraggio.
Un’illusione, purtroppo. Anzi le armi al fronte non hanno taciuto per un attimo e i bombardamenti russi non solo hanno proseguito senza sosta, ma si sono notevolmente intensificati.
La fine dell’estate porta con sé nuovi strali verbali, che non agevolano affatto il percorso negoziale.

Nell’ultima settimana lo scontro si è incanalato soprattutto sull’asse Mosca-Parigi: l’Eliseo è tornato a definire Vladimir Putin orco e predatore, attirandosi le invettive del Cremlino, e la Lettonia in queste ore ha definito lo zar un macellaio.
A poco serve, sul piano diplomatico, la cautela di altri paesi europei fra cui l’Italia. E ovviamente dall’altro lato della barricata non si va certo per il sottile.

Con tetri giri di parole tipici della scuola ex sovietica il Presidente russo, poco prima di recarsi in Cina per il vertice del “grande sud globale”, come e’ stato battezzato dai suoi organizzatori, ha tuonato contro l’Occidente e i suoi alleati, senza però citare gli Stati Uniti: “Vediamo che in alcuni stati occidentali i risultati della seconda guerra mondiale vengono di fatto rivisitati. Il militarismo giapponese viene rianimato con il pretesto di immaginarie minacce russe o cinesi, mentre in Europa, Germania inclusa, si stanno compiendo passi verso la rimilitarizzazione del continente, con scarsa attenzione ai parallelismi storici”.
Non una minaccia diretta, ma il richiamo a quanto successe ottant’anni fa e alla sconfitta tedesca nel 1945 non é passato inosservato. Un incontro, quello di questi giorni in Cina, che serve a consolidare i Brics e i loro sempre più numerosi accoliti, e che è anche un monito contro l’imperialismo euroamericano in crisi politica e di identità.
Putin gongola: prima la riabilitazione a stelle e strisce con il vertice di Anchorage, ora il consesso con le superpotenze emergenti, alla faccia del mandato di arresto della Corte Penale Internazionale.
Gli interessa poco, o almeno finge noncuranza, che in mezzo ci sia un conflitto in cui la Russia continua ad incontrare la strenua resistenza dei soldati ucraini.
I dati delle conquiste di vari villaggi ucraini, snocciolati dal capo di stato maggiore delle forze russe, Valery Gerasimov, non confortano Kiev, che li ha subito smentiti.
Difficile verificare se le cifre corrispondano al vero o non siano corroborate dalla solita propaganda, ma Gerasimov ha sostenuto che la Russia controllerebbe praticamente tutto il Lugansk (99,7%), il 79% del Donetsk .

Secondo analisi indipendenti sarebbe in realtà meno del 75% e più o meno i tre quarti delle regioni di Zaporizhzhia e Kherson, ma ciò che non ha sottolineato il capo di stato maggiore di Mosca é che nel computo degli ultimi tre oblast mancano sostanzialmente le città più importanti. Un dettaglio non da poco per chi, tre anni e mezzo fa, era convinto di rovesciare in poche settimane il governo di Kiev.
Intanto, le cancellerie occidentali continuano a interrogarsi sulle garanzie di sicurezza da offrire a Zelensky.
Il Presidente americano Donald Trump si è detto disponibile ad assicurare un possibile supporto aereo ma le truppe sul terreno come forza di peacekeeping dovrebbero essere quelle europee, non americane. Gli Stati Uniti hanno ripreso la massiccia fornitura di armi all’Ucraina, facendo pagare i costi agll’Europa.

Sull’apertura ai soldati cinesi, opzione cara a Putin, la Casa Bianca ha smentito il proprio consenso. L’idea in ogni caso é osteggiata dai leader europei ed é vista come fumo negli occhi da Kiev.
Sia Francia che Gran Bretagna hanno invece confermato la loro disponibilità all’invio di uomini per monitorare il fronte, ma il punto rimane sempre lo stesso: é inutile parlare di forze di pace fino a quando non si riesce ad intavolare una seria trattativa con Mosca.
E se gli insulti a Putin non agevolano il percorso, le vittime civili causate dagli ennesimi raid russi di questi giorni appaiono come la pietra tombale sul negoziato.
Nelle ultime ventiquattr’ore, come ha scritto Zelensky su Telegram, il nemico ha lanciato “quasi 540 droni, 8 missili balistici e 37 missili di altro tipo”.

Le bombe sono cadute nel week-end anche in altre regioni. “La Russia dimostra ancora una volta di infischiarsene delle parole”, per questo Kiev chiede ai suoi partner “azioni concrete”. Le sanzioni però non bastano e per le armi bisogna rivolgersi a Washington. Ma l’Ucraina ha bisogno soprattutto di uomini, e le nuove reclute si stanno esaurendo.
Fonte Italpress
