Riformare ancora la riforma della giustizia, continua a martellare il sommesso tam tam dei social 5 Stelle, mentre sui media rimbalzano titoli, interviste, propositi e spropositi sull’incisiva rimodulazione procedurale della giustizia data per già approvata, ma che tuttavia attende ancora il battesimo parlamentare.
La lava incandescente del confronto interno del Movimento 5 Stelle che scorre ancora sotto le ceneri dell’eruzione vulcanica della riforma della giustizia, alimenta anche le schermaglie polemiche dei partiti interessati a portare l’acqua al proprio mulino elettorale in vista delle decisive elezioni amministrative d’autunno. 
Dimenticata e lasciata senza risorse per decenni, la giustizia diventa così oggetto di slogan e proclami che, senza l’ulteriore riforma del processo civile e del Csm, senza la completa digitalizzazione e l’adeguamento degli organici giudiziari e amministrativi, lasciano gattopardescamente tutto com’è.
Oltre a destabilizzare i 5 Stelle, lo stress test della riforma Cartabia scuote più o meno anche la Lega, il Pd e Forza Italia.
Senza l’apporto e le mediazioni di Giancarlo Giorgetti, rilevano gli ambienti parlamentari, l’incontinenza verbale di Matteo Salvini rischiava di rappresentare l’alibi al quale si sarebbero potuti appigliare i grillini per non ratificare l’accordo.

Così come, senza l’intervento dei Ministri Dario Franceschini e Andrea Orlando, la sola presa di posizione del segretario del Pd Enrico Letta non avrebbe convinto Giuseppe Conte ad invertire la rotta di doppia collisione: con Palazzo Chigi e con i quattro Ministri del Movimento.
Quanto a Forza Italia, il naufragio degli emendamenti considerati salva Arcore ha fatto rientrare ogni altra sortita che potrebbe fare ombra su quello che dagli stessi circoli degli irriducibili azzurri viene definito come l’ultimo miraggio del Cavaliere: il Quirinale.

Fra gli effetti collaterali post Consulta e d’intorni, rientra anche la sovraesposizione sul filo della tensione con i 5 Stelle e del confronto col Csm e l’Associazione Nazionale Magistrati che potrebbe aver fatto tramontare per la Guardasigilli Marta Cartabia l’appeal e gli appoggi parlamentari in vista dell’eventuale prospettiva del Colle.
L’unico che esce con lo stesso aplomb col quale era entrato nel turbinio politico del varo della riforma della Giustizia è il Premier Mario Draghi che ha anzi ulteriormente marcato silenziosamente la differenza di stile e soprattutto di spessore con predecessori e interlocutori, paradossalmente impegnati a reclamare quello che loro stessi non erano stati in grado di fare. “Una causa cattiva, peggiora se la si difende” sosteneva non a caso Ovidio.
