HomeCuore & BatticuoreLa Sicilia non é una passeggiata

La Sicilia non é una passeggiata

Cuore & Batticuore

Rubrica settimanale di posta storie di vita e vicende vissute

Le riflessioni di Mirella: attenzione a chi evitare

by Piero Melati

A proposito di Palermitudine, sicilitudine & cannoli avvelenati. In una recente puntata di Report, dedicata alla storia sodal-finanziaria Dell’Utri-Berlusconi, dopo il rifiuto di Marcello Dell’Utri di farsi intervistare, gli inviati del programma d’inchiesta di Rai3 sono andati a chiedere al regista Franco Maresco: “ma come, da te ha accettato di farsi intervistare a lungo per il tuo film! Ma perché? Come mai? Per caso si tratta della palermitudine?

Maresco ha poi anche cercato di spiegare questa singolare categoria, la palermitudine appunto, a chi non é un nativo siciliano. Temo non vi sia riuscito. In genere non ci si riesce mai.

Ma voi che avete con questa fissazione della Sicilia? Fosse ancora vista come il Far West italiano, oppure al contrario come l’esotica meta a portata di mano dietro l’angolo, l’Isola mediterranea – famosa per essere italiana soltanto per finta – che sempre corre, ricorre, stracorre, dilaga, ossessiona, ritorna, risorge, starnazza, esce dalle acque come miraggio, vi risprofonda come mistero, viene celebrata come mitologica oppure vituperata come Stato canaglia.

Ognuno vi vuol essere toccato, vi vuol partecipare in una qualche forma, come se fosse una febbre dell’oro si vuole concorrere ad esserne adottati. Magari a distanza, per carità. Senza pagare troppo dazio.

Ora non voglio con questo sostenere che uno che non é siciliano non debba occuparsi di cose siciliane, ci mancherebbe. Non siamo così tanto orgogliosi come altre minoranze.

Chi viene ci è padrone, é il nostro antico detto. Se é per questo, poi, ci sono anche tanti siciliani che se ne sono occupati in modo disastroso.

È solo che se si é completamente privi di quel codice, di quella lingua, di quella mistica, di quella pena, di quella malattia, di questa forma di saggia follia, o forse solo di follia, la corda pazza, che accomuna persino in qualche modo Dell’Utri e Maresco, si rischia sempre di fare la figura del quaquaraquà.

E badate, questo non vale mica solo per le cose di cosa nostra, di per sé già abbastanza complicate. No. Purtroppo, certe volte, vale anche se si parla di Verga, del Gattopardo, persino di Federico II, oppure di Michele Amari.

C’è sempre qualcosa che suonerà come fasullo, artefatto, fuori fuoco o fuori fase, terribilmente ingenuo, tragicamente superficiale, completamente storto, quando se ne parla disconoscendo quei codici.

Ora perché non rassegnarsi? La Sicilia non è mai una passeggiata, una gita fuori porta, una simpatica vacanza dello spirito. Non è mai un andare e tornare rimanendo indenni.

Capisco quanto essa possa risultare esoterica, ricca di storie, fascinosa, enogastronomicamente abbagliante, architettonicamente ipnotica.

Ma per solo sfiorarla essa abbisogna di iniziati e iniziazioni, e non ci sono scuole di vita, come le scuole di scrittura, adatte allo scopo. Non ci sono corsi universitari o professionali.

Forse occuparvi di Sicilia vi sembrerà la scelta più facile o alla moda: qui ci sono storie, a casa mia invece non c’è una beneamata minchia. Ma credete, i risultati che produrrete saranno poi un pò da vergognarsi. La Sicilia non é una passeggiata

E il peggio sapete qual é? Non verrà mai a dirvelo nessuno, del vostro fallimento. Anzi, magari vi faranno anche tanti complimenti. Tutti lasceranno che quell’onta vi resti appiccicata addosso, come la vostra nuova ombra, senza che voi nemmeno ve ne siate resi pienamente conto.

Si tratta di una forma di micidiale vendetta da parte di una terra in cui tutti si sentono dei.

Sarà come un bel cannolo avvelenato che vi verrà offerto con grazia. Non é bello, nemmeno troppo umano, ma resta squisitamente siciliano.La Sicilia non é una passeggiata

maggiemusic@gmail.comDa sempre, da Erodoto e Tucidide, primi esempi della storiografia occidentale, l’ambivalenza di storia, mito e verità é tanto profonda quanto problematica. Per sfatare il mito dell’impenetrabile e inarrivabile unicità della Sicilia, glorificato urbi e orbi dal Gattopardo, un mito in realtà freudianamente auto consolatorio filtrato attraverso i secoli dalla inconscia consapevolezza del proprio indifendibile individualismo, si potrebbero citare molteplici esempi di altrettanto orgogliose e indomabili unicità, a cominciare da quelle della Scozia, dei Paesi Baschi, della Sardegna, della Corsica, del popolo sahrawi, del Tibet.  Assieme al manifesto gattopardesco sulla convinzione di essere ”perfetti, una vanità più forte della miseria”, che omette però le conclusioni della riflessione del Principe Fabrizio Salina sul ”quel senso di superiorità che barbaglia in ogni occhio siciliano, che noi stessi chiamiamo fierezza, che in realtà é cecità” seguita dalla pessimistica sottolineatura  che “per ora e per molto tempo non c’è niente da fare”, le passionarie palermitudini e sicilitudini dei Vespri siciliani si cullano da sempre sull’affermazione di Goethe che “ è in Sicilia che si trova la chiave di tutto”. Una chiave che da sola non apre alcunché e che soltanto letterariamente, artisticamente e socialmente, oltre che per le bellezze naturali, i tesori monumentali e archeologici,  grazie a Pirandello, Sciascia, Tomasi di Lampedusa, Ernesto Basile, Guttuso, Serpotta, Verga, Bellini, Tornatore, Scarlatti, per citarne alcuni, la Sicilia gode di un indiscusso prestigio internazionale ed ha trasformato in valori universali anche la lotta contro le tragiche contraddizioni non ancora superate dei persistenti residui della cultura mafiosa.  Contraddizioni che, assieme alle preponderanti e crescenti ingegnosità, sono state trasformate in metafore, esempi culturali globali di una Sicilia che intende liberarsi dagli stereotipi e trasformare “la chiave di tutto ” nella capacità di evolversi e di  assumere a pieno titolo il ruolo di epicentro della civiltà mediterranea. 

Facebook Comments
Piero Melati
Piero Melati
Palermitano, Giornalista professionista, per molti anni viceredattore capo de “Il Venerdì di Repubblica”, si occupa di attualità e cultura. Ha seguito per il giornale “L’Ora” di Palermo la guerra di mafia e il primo maxiprocesso a Cosa Nostra. Con “la Repubblica” ha aperto le redazioni locali di Napoli e Palermo ed é stato viceredattore capo della cronaca di Roma. È autore, con Francesco Vitale, del libro Vivi da morire (Bompiani 2015).
RELATED ARTICLES

AUTORI

Gianfranco D'Anna
3618 POSTS0 COMMENTS
Gianfranco D'Anna
3618 POSTS0 COMMENTS
Augusto Cavadi
70 POSTS0 COMMENTS
Vincenzo Bajardi
35 POSTS0 COMMENTS
Maggie S. Lorelli
33 POSTS0 COMMENTS
Adriana Piancastelli
26 POSTS0 COMMENTS
Valeria D'Onofrio
24 POSTS0 COMMENTS
Dino Petralia
21 POSTS0 COMMENTS
Antonino Cangemi
20 POSTS0 COMMENTS
Antonio Borgia
17 POSTS0 COMMENTS
Letizia Tomasino
8 POSTS0 COMMENTS
Piero Melati
8 POSTS0 COMMENTS
Rosanna Badalamenti
5 POSTS0 COMMENTS
Beatrice Agnello
2 POSTS0 COMMENTS
Pino Casale
2 POSTS0 COMMENTS
Italo Giannola
1 POSTS0 COMMENTS
Francesca Biancacci
1 POSTS0 COMMENTS
Arduino Paniccia
0 POSTS0 COMMENTS
Michela Mercuri
0 POSTS0 COMMENTS