Dazi del 25% sulle auto straniere e dazi del 20% nei confronti dell’Unione europea che, secondo Trump, impone pesanti imposte ai prodotti made in Usa.
Lo stesso schema del 50% della reciprocità é stato annunciato dal Presidente Usa per altri Paesi. In particolare sono stati imposti dazi del 10% a Gran Bretagna, 34% per Cina, 24% per Giappone, al 46% per Vietnam, 32% per Taiwan, 10% per Brasile, del 30% per Sudafrica, 31% per Svizzera, 49% per Cambogia. 
A black day. Un giorno nero per la finanza e il mercato globali. Sembra destinato ad essere ricordato più come il giorno dell’eutanasia dell’economia americana che della liberazione, da cosa poi non si capisce bene, quello cha segna l’avvio del diluvio di dazi di Donald Trump.

“In pratica non ci sarà nulla di liberatorio” – scrive lapidariamente The Economist– “Nei due mesi trascorsi dal suo ritorno alla Casa Bianca, Trump ha portato il livello tariffario complessivo dell’America al suo massimo dalla seconda guerra mondiale, predisponendo il paese ad una crescita economica più lenta, ad un’inflazione più elevata, a una maggiore disuguaglianza e, molto probabilmente, a problemi fiscali.” La ghigliottina tariffaria issata ai confini degli Stati Uniti danneggerà la crescita, aumenterà i prezzi, peggiorerà le disuguaglianze e soprattutto isola l’America e innalza in maniera esponenziale a livelli inimmaginabili l’odio e l’avversione internazionale nei confronti degli States.
Con l’aggravante che gli svantaggi e i contraccolpi per il sistema economico Usa saranno infinitamente maggiori degli apparenti e transitori vantaggi. Con conseguenze di lunga durata sui processi di sviluppo e concorrenzialità dell’industria statunitense che rischia di assuefarsi alla droga di dazi che circoscrivono e distruggono tutti i primati dell’innovazione tecnologica da sempre detenuti.
L’analisi di quella che The Economist definisce la falsa economia trumpiana prevede un aumento dell’inflazione che la Deutsche Bank stima prudenzialmente potrebbe superare il 3% in termini annui. Ma secondo i sondaggi i consumatori temono un’inflazione al 5% .
Nonostante il rallentamento della crescita, la Federal Reserve che fa ancora fatica a riportare l’inflazione ai livelli pre-pandemia, sarà costretta a rivedere i tassi di interesse. Tutti gli indicatori anticipano che sarà impossibile ridurre il deficit di bilancio americano che é già preoccupantemente alto e in aumento. Con buona pace della riduzione delle tasse promessa da Trump, se l’America diventa dipendente dalle entrate fiscali, sarà impossibile abbassarle.
Come quelle piccole crepe che si allargano fino a mandare in frantumi intere vetrate, l’apodittica scenografia oratoria del sedicente liberation day mostra già, secondo le indiscrezioni dei media di Washington, l’incrinatura della probabile fuoruscita di Elon Musk dall’amministrazione.
