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Rubrica di critica recensioni anticipazioni
by Gianfranco D’Anna
La scrittura come macchina del tempo per una restitutio in integrum di verità e giustizia. Una peculiarità inedita nel caotico panorama editoriale, che invece conferisce a “L’amore in questa città” di Salvo Palazzolo edito da Rizzoli, caratteristiche profonde che ne fanno contemporaneamente un giallo, un saggio storico-politico ed un ideale modello di giornalismo.
Cronaca e verità, informazione e democrazia: termini inscindibili, che connotano la realtà oggettiva, la libertà e il livello di giustizia di un Paese.
Inviato di stile anglosassone, coraggiosamente in prima linea nelle cronache antimafia e scrittore di talento, in grado di conferire alle notizie il valore aggiunto dell’analisi e della riflessione dell’impegno civile, Salvo Palazzolo elabora attorno allo scoop di una notizia del femminicidio nel 1935 di Cetti Zerilli, studentessa palermitana di 21 anni, mascherato da un duplice delitto, una notizia pervicacemente occultata dal regime fascista, il contesto storico, istituzionale e giornalistico di una realtà che non solo a Palermo, ma a Roma e in tutta Italia evidenzia una perversa continuità metodologica.
Quella della metamorfosi della pseudo informazione propagandistica, della censura subliminale, della manipolazione delle prove, del depistaggio e del labirinto inestricabile delle inchieste.

Palazzolo fa degli esempi concreti di buchi neri che bruciano sempre di più nella coscienza civile di Palermo e del Paese: l’archivio del Generale Dalla Chiesa, i diari di Falcone, l’agenda di Borsellino, i pro memoria di Ninni Cassarà, gli appunti dell’agente Nino Agostino.
Vulnus, misteri e depistaggi ai quali vanno aggiunti i retroscena inconfessabili del caso Moro e dell’assassinio del Presidente della regione siciliana Piersanti Mattarella, e più recentemente i dossieraggi e le intercettazioni illegali a tappeto.
“È in Sicilia che si trova la chiave di tutto” come sosteneva Goethe ? No, ma comunque vi sono certamente molte chiavi di lettura della storia nazionale.
Una delle spiegazioni della mobilitazione del regime fascista per occultare sistematicamente la verità evidente dell’assassinio di Cetti Zerilli, riguarda il terremoto provocato pochi anni prima a Palermo dall’azione risoluta e dalle inchieste del Prefetto Cesare Mori che avevano smascherato la complicità dei vertici locali del fascismo con la mafia e provocato l’espulsione dal partito del Segretario Federale Alfredo Cucco e le dimissioni del Ministro della Guerra, il Generale Antonino Di Giorgi.

Inchieste che costeranno a Cesare Mori la nomina a Senatore, in pratica la rimozione col classico sistema del promoveatur ut amoveatur, mentre Mussolini dichiarava nel 1929 ufficialmente conclusa la lotta alla mafia.
La quale tutt’altro che battuta, beffardamente si vendicò del fascismo spalleggiando lo sbarco alleato in Sicilia nel 1943 e inquinando fin dall’armistizio di Cassibile la nascente Repubblica Italiana.
“Tutti i regimi hanno un punto debole”, ha sottolineato il Procuratore della Repubblica di Palermo, Maurizio De Lucia, alla presentazione del libro di Palazzolo svoltasi alla Facoltà di Legge dell’università di Palermo, emblematicamente sul luogo del delitto impunito e occultato.

Un punto debole che, oltre all’onestà intellettuale dei magistrati e dei singoli rappresentanti delle istituzioni, é rappresentato soprattutto dalla capacità dell’informazione e dei giornalisti con la schiena dritta di superare ogni ostacolo, fosse anche come in questo caso la barriera del tempo, della conservazione degli atti e della stessa memoria, per rivelare fatti e misfatti in una realtà che per motivi ideologici o interessi di poteri vari tende ad inghiottire per sempre, nelle sabbie mobili delle ingiustizie, verità che stravolgono l’esistenza di tanti innocenti e di interi nuclei familiari.
Come osserva Jean Paul Malfatti, un giovanissimo poeta e scrittore italo – americano “il passato non si cambia, ma se si cambia il presente si finisce per cambiare la storia”.