Sono le ragazze iraniane e Saman la giovane pakistana sgozzata e fatta sparire dai familiari, alcune delle donne simbolo della giornata d’analisi, riflessione e protesta istituita dalle Nazioni Unite per sensibilizzare l’opinione pubblica internazionale nei confronti della violenza contro le donne.
Un tema purtroppo di grande attualità, che tuttavia fa notizia per i frequenti femminicidi. Titoli, lacrime, testimonianze e grandi propositi che dalle prime pagine scivolano nel dimenticatoio, fino alle successive tragedie, quasi sempre precedute da anni di vessazioni, aggressioni fisiche e verbali, violenza psicologica più o meno subdola.
Come evidenzia l’Osservatorio sulla vittimizzazione delle donne in Rete – Dire- contro la violenza, su 5.740 casi analizzati, solo il 27% delle quasi 6000 donne coinvolte hanno intrapreso un percorso giudiziale, civile o penale.
“Un quadro, quello che emerso dalla nostra indagine, per nulla rassicurante: siamo ancora molto lontane dal poter considerare le istituzioni come alleate nel contrasto alla violenza sulle donne. Inoltre sono pochi i casi affrontati con la correttezza adeguata e con la giusta consapevolezza, approfondendo la conoscenza di un fenomeno sul quale ormai esiste moltissima letteratura e per il quale l’ignoranza e la superficialità non sono più consentite” denuncia Antonella Veltri, Presidente D.i.Re – donne in Rete contro la violenza.
In primo piano l’esempio della davvero eroica rivolta delle donne iraniane che ha assunto una dimensione tale che neppure lo spietato regime degli ayatollah può ignorare.
Emblematico anche l’appello per assegnare la cittadinanza italiana, anche se postuma, a Saman Abbas, la 18 enne di origini pakistane sgozzata e fatta sparire ad aprile dello scorso anno dai familiari perché non seguiva la tradizione islamica ed i cui resti sono stati rinvenuti soltanto in questi giorni nelle campagne di Novellara, in provincia di Reggio Emilia.
“Saman merita la cittadinanza italiana perché si è battuta non solo per i suoi diritti ma anche per quelli dei figli nati da famiglie straniere che, come la sua, disconoscono le leggi italiane ed applicano la sharia islamica “ questo l’appello di Ahmad Ejaz, giornalista di origini pakistane, tra i consulenti della trasmissione Rai “Chi l’ha visto ?” che ha contribuito assaieme alle decisive indagini giudiziarie coordinate dal Procuratore capo di Reggio Emilia, Gaetano Paci, a far luce sull’omicidio della giovane pakistana.
