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Tutti i trucchi del riciclaggio l’arma letale delle mafie per controllare l’economia di interi stati

by Antonio Borgia

L’odierna definizione di riciclaggio, ripresa nel libro “Le nuove regole antiriciclaggio” di Carboni, Bianchi e Vallefuoco, é quella della «riutilizzazione dei proventi di attività criminali in attività legali, con lo scopo di occultare la provenienza illecita della ricchezza, mediante una serie di operazioni dirette ad ostacolare la ricostruzione, a ritroso, dei movimenti di capitali fino all’evento delittuoso generatore degli stessi».

Il termine riciclaggio, equivalente all’inglese «money laundering» (lavaggio di denaro), è stato coniato dalla stampa americana negli anni 20 dello scorso secolo, quando si scoprì che il boss mafioso italo-americano Al Capone aveva avuto l’idea di occultare l’origine dei suoi soldi tramite l’acquisto di lavanderie a gettoni nella città di Chicago.Tutti i trucchi del riciclaggio l'arma letale delle mafie per controllare l'economia di interi stati

Molti studiosi ritengono che non esista una chiara volontà internazionale di combattere il riciclaggio, perché gran parte del denaro illecitamente ottenuto, in special modo quello relativo al narcotraffico, è utilizzato anche per sostenere i mercati, l’economia e molte banche.

A livello mondiale, il riciclaggio di denaro ha raggiunto cifre incredibili.

L’apposito Ufficio delle Nazioni Unite, come confermato anche dal Fondo Monetario Internazionale, ha infatti calcolato che, annualmente, viene riciclato fra il 2 e il 5 per cento del Pil globale, cioè fra 1.920 e 4.800 miliardi di dollari.

Per far comprendere le potenzialità finanziarie delle mafie nostrane (e quindi la mole di denaro da riciclare), alcuni studi della Banca d’Italia del dicembre 2021 hanno indicato come probabile che le attività illegali delle suddette organizzazioni valgano almeno il 2% del Pil nazionale. L’Ufficio studi della Cgia, lo scorso mese, ha indicato il volume di affari annuo in 40 miliardi di euro, però sicuramente sottostimato.

Inoltre, gli analisti riconducono alle mafie anche larga parte dell’economia sommersa (sotto-dichiarazione degli operatori economici, lavoro irregolare e altre componenti), fino a ipotizzare un valore annuale di circa 200 miliardi di euro, costituenti il 10% del Pil italiano.

Ciò che è certo, almeno per il nostro Paese, è l’investimento di gran parte delle somme riciclate nelle regioni settentrionali, più ricche e già oggetto di radicalizzazione mafiosa.

Innumerevoli sono i metodi per riciclare denaro. Il mezzo più antico utilizzato per trasportare denaro oltre confine, per poi depositarlo in banche svizzere, é quello del passaggio attraverso la frontiera montana da parte di spalloni o corrieri.

Attualmente, il denaro o i titoli di credito vengono nascosti sulle persone o mezzi che oltrepassano la Dogana di Ponte Chiasso (Como). Spesso vengono rinvenuti anche lingotti di oro, provenienti dalle località ove sono presenti importanti aziende orafe, ben celati in doppi fondi ricavati nelle autovetture.

Uno studio del 2017 del Centro di ricerca interuniversitario Transcrime, intitolato «Il rischio riciclaggio in Italia» (come ricordato nel libro «Una Cosa sola» di Gratteri e Nicaso), ha identificato i settori economici e le attività commerciali a maggior rischio di riciclaggio basandosi su quattro parametri:Tutti i trucchi del riciclaggio l'arma letale delle mafie per controllare l'economia di interi stati

  • l’uso frequente di denaro contante;

  • la presenza di manodopera irregolare;

  • l’opacità delle strutture societarie;

  •  l’infiltrazione della criminalità organizzata.

 Una vicenda particolare, narrata sempre nel libro «Una cosa sola», é quella accertata nell’operazione «Eureka» allorchè si scoprì che il denaro contante ricavato dalla vendita di droga veniva stoccato in cassette di sicurezza in Calabria e trasportato in Germania, dove veniva depositato in banca come guadagno di una serie di autolavaggi, intestati a prestanome della ‘ndrangheta.

Altro insolito caso riguarda un’ipotesi di riciclaggio, poi non attuata, scoperta dalla DDA di Palermo. Nell’aprile 2019, in provincia di Agrigento giunsero un emissario della famiglia mafiosa americana dei Gambino e due affaristi russi. Lo scopo del viaggio era quello di convincere i «cugini» siciliani a individuare un’azienda del posto nella quale immettere grosse quantità di denaro, per poi portarla al fallimento e far così sparire milioni di euro.
Secondo le indagini, i soldi provenivano da Singapore e ai mafiosi agrigentini sarebbe stato lasciato il 20% dell’operazione. Naturalmente, il titolare dell’impresa prescelta avrebbe dovuto accettare la possibilità di essere arrestato, in cambio di qualche milione di euro.

Sempre nel medesimo libro si fa cenno allo studio della Direzione centrale della Polizia criminale in cui sono state individuate cinque modalità principali con cui le mafie infiltrano e compromettono la stabilità economica:

  • Prima: quella caratterizzata da una penetrazione parassitaria attraverso pratiche estorsive;

  • Seconda: quella speculativa, in cui le mafie partecipano in maniera occulta nelle aziende, approfittando della crisi economica;

  • Terza: quella mista, combinante elementi parassitari e speculativi attraverso l’imposizione di subappalti e assunzioni di personale;

  • Quarta: quella imprenditoriale diretta, che segue il modello dell’impresa mafiosa con l’uso di prestanome incensurati e il supporto di professionisti facilitatori, come avvocati, notai e commercialisti;

    Quinta: quella rivolta all’infiltrazione nella Pubblica Amministrazione che mira a controllare enti pubblici per gestire appalti capaci di garantire flussi economici rilevanti.Centro di ricerca interuniversitario Transcrime, intitolato «Il rischio riciclaggio in Italia»

Per riciclare attraverso negozi o attività commerciali, occorre che gli stessi abbiano un consistente flusso di cassa oppure possano essere oggetto di ristrutturazione, anche per aumentarne il valore in caso di rivendita.

A causa della pandemia di coronavirus, purtroppo, i titolari di molti esercizi di ristorazione, alberghi e villaggi turistici, per pagare i debiti e sopperire al crollo dei ricavi, sono stati costretti a cedere la loro attività a prezzi inferiori a quelli di mercato.

A febbraio 2021, la Coldiretti ha segnalato che, a seguito del crack del settore agroalimentare per l’emergenza Covid, «la criminalità è arrivata a controllare cinquemila locali», approfittando della crisi di liquidità di molte strutture, divenute più vulnerabili anche all’usura.

Nel mese di settembre 2020, la CGIA di Mestre ha presentato un dossier in cui è stato segnalato il  crescente numero di segnalazioni annue di operazioni sospette di riciclaggio giunte all’Unità di Informazione Finanziaria (UIF) della Banca d’Italia e riguardanti le piccole e medie imprese (quasi 140mila), attestanti l’estremo interesse mafioso per il settore.

La Cgia ritiene che ciò derivi, soprattutto, dal minor numero di prestiti erogati dalle Banche negli ultimi anni (- 27% in 10 anni, cioè 250 miliardi di euro concessi in meno).

Nel dicembre 2024, sempre la Cgia ha indicato in 150.000 le imprese nell’ “orbita” della criminalità organizzata.Tutti i trucchi del riciclaggio l'arma letale delle mafie per controllare l'economia di interi stati

Particolarmente “appetitoso” per le mafie è il settore del turismo.

Già nel mese di aprile 2020, IlSole24ore segnalava come sulla riviera romagnola vi fossero numerose proposte di acquisto di hotel in crisi, con offerte al ribasso, fidandosi della enorme crisi derivante dal fermo attività.

Il settore rappresenta, indubbiamente, una grande occasione di riciclaggio e investimento. Sono state documentate acquisizioni di aziende turistico-alberghiere in diverse zone lombarde, a cura di soggetti calabresi, nonché l’interesse di gruppi, anche campani, sui bed & breakfast in nero ovvero sugli stabilimenti balneari liguri. Numerosi gli alberghi di lusso di proprietà di società risultati riconducibili alle mafie nel Veneto ed Emilia.

Uno studio del 2024 di Demoskopika, prendendo a base alcuni indicatori ritenuti sensibili ai fini della ricerca, ha misurato il rischio di infiltrazione delle mafie nel comparto, calcolandone i proventi in circa 3,3 miliardi di euro, ripartiti fra ‘ndrangheta (50%), camorra (28,8%), cosa nostra (12,1%), mafie pugliesi e lucane (9,1%).

Il settore dell’edilizia, storicamente, è stato il primo inquinato dalle mafie, anche perché ha consentito i contatti privilegiati con politici, imprenditori e uffici degli enti pubblici.

Il pentito delle cosche mafiose palermitane, Angelo Siino, ad esempio, segnalò che in Sicilia era stato creato un tavolo di contrattazione fra le parti interessate, al fine di decidere come ripartirsi gli appalti. Successivamente, il sistema é stato esteso alle altre due regioni meridionali interessate, senza che alcun imprenditore coinvolto abbia mai denunciato quanto accadeva.Tutti i trucchi del riciclaggio l'arma letale delle mafie per controllare l'economia di interi stati

Come non ricordare il consistente investimento di Totò Riina nella Calcestruzzi Spa di Ravenna del Gruppo Ferruzzi, con propri rappresentanti nel consiglio di amministrazione, impresa sempre aggiudicataria di appalti in Sicilia, giunta a intestarsi fittiziamente le quote di un’azienda del boss Antonino Buscemi per evitare che gli venissero confiscate, nonché coinvolta nella maxi speculazione di Pizzo Sella, la collina che sovrasta la baia palermitana di Mondello.

I forti legami con la politica e la pubblica amministrazione, scaturiti anche dagli accordi illeciti sulle «mazzette», hanno aperto le porte dei finanziamenti statali ed europei, questi ultimi soprattutto incassati grazie a variegate truffe poste in essere nei diversi settori.

Nel processo col rito abbreviato «Gotha» a Reggio Calabria, i giudici hanno riconosciuto che la direzione strategica illegale, che operava stabilmente all’interno delle Istituzioni, aveva deciso di trasformare la pubblica amministrazione in una straordinaria macchina di riciclaggio di capitali mafiosi.

La DDA, nell’occasione, ha spiegato che la possibilità di ricollocare nei territori di origine una parte di ricchezza generata illegalmente passava dalla pubblica amministrazione «diventata l’interlocutore necessario di questa enorme deviata ed eversiva operazione di riciclaggio e reimpiego attraverso organi dello Stato».

Numerosi sono stati i casi di riciclaggio di denaro attraverso proposte accettate di finanziamento delle aziende in crisi, avviate grazie a professionisti che contattano i titolari di aziende (magari dopo aver acquisito i nominativi da funzionari bancari infedeli) per convincerli ad accogliere nuovi soci, poi dimostratisi cinici nell’imporre fornitori e fatture false, depauperare le società dei loro beni e portarle al fallimento.

Eclatante la vicenda di un’importante azienda edile lecchese e delle sue collegate, il cui titolare accettò, nel 2008, l’aiuto economico di un faccendiere con numerosi precedenti, che gli subentrò nella guida dell’azienda e assunse diversi calabresi senza alcuna competenza o titolo di studio.

Dopo il passaggio del gruppo sotto una nuova impresa, appositamente costituita per partecipare agli appalti di Expo 2015 ma infiltrata dalla ‘ndrangheta tramite due fiduciarie, le enormi spese sostenute anche per il leasing di lussuose autovetture per i soci portarono inevitabilmente al fallimento, alla  perdita del lavoro per centinaia di dipendenti nonché al processo penale e alle condanne per associazione mafiosa e concorso esterno.Tutti i trucchi del riciclaggio l'arma letale delle mafie per controllare l'economia di interi stati

Altri settori risultati infiltrati dalle mafie e oggetto di riciclaggio di denaro sono:

  • i porti e la cantieristica navale. In alcune regioni del centro nord è stata individuata l’infiltrazione di due famiglie palermitane di cosa nostra, attraverso prestanome;

  • l’autotrasporto. Alcuni anni fa le associazioni di categoria segnalarono che l’8% delle imprese operanti nel settore era infiltrato dalla mafia.

Nell’astigiano, ad esempio, venne individuata dalla ‘ndrangheta un’importante impresa con un  ottimale volume di affari ma alla ricerca di liquidità per la risoluzione dei debiti e un ampliamento  strutturale. Due professionisti di altra regione contattarono i due soci che accettarono il finanziamento da parte  di un calabrese residente in Lombardia. Quest’ultimo divenne, in poco tempo, l’amministratore di  fatto dell’azienda, imponendo un voluminoso giro di fatture false fra soggetti a lui riconducibili, al  fine di richiedere un imponente leasing finanziario per l’acquisto di una flotta di camion nonché  diversi finanziamenti bancari, presentando a garanzia il patrimonio mobiliare, con l’evidente  finalità di depauperare l’azienda. L’arresto per associazione mafiosa del nuovo socio e il fallimento della società infiltrata hanno  concluso la vicenda;

  • il trasporto espresso di merci. Nell’area milanese è stata individuata l’infiltrazione della  ‘ndrangheta, grazie a una rete di subcontratti che aveva consentito di ottenere il ruolo di fornitore esclusivo;

  • la sanità pubblica, da sempre oggetto di interesse mafioso perché costituente la voce più alta per ogni regione. Le aziende riconducibili alla criminalità organizzata riescono spesso ad aggiudicarsi  appalti di vario tipo, talvolta grazie ai rapporti instaurati con i dirigenti (vedasi il caso dell’Asl Pavia con l’arresto nel 2011 del suo vertice, poi condannato definitivamente per concorso esterno in  associazione mafiosa). Varie inchieste svolte hanno consentito di accertare il controllo delle mafie su case di degenza per bambini, Rsa, cliniche private;

  • i mercati ortofrutticoli, come i recenti casi di Torino e Milano attraverso le cooperative di facchinaggio;

  • le scommesse clandestine, anche mediante agenzie regolarmente autorizzate.Tutti i trucchi del riciclaggio l'arma letale delle mafie per controllare l'economia di interi stati

 Nel libro “Il Grifone” di Gratteri e Nicaso, vengono, ad esempio, descritte le varie fasi poste in essere. Si inizia con l’attività estorsiva nei confronti delle società concessionarie, delle sale da gioco e degli esercizi commerciali in cui si pratica il gioco elettronico, per passare all’imposizione delle macchinette videopoker nei locali pubblici e terminare con l’infiltrazione nelle società, punti scommesse e sale da gioco, gestite tramite prestanome ma anche attraverso la compartecipazione delle società concessionarie, titolari dei nulla osta dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato;

  • il gioco online. Solo nel 2021 l’Agenzia dei Monopoli e delle Dogane ha inibito ben 197 siti web  privi di autorizzazione.  Il libro “Fuori dai confini” di Gratteri-Nicaso ha segnalato il caso degli oltre trecento casinò virtuali facenti capo all’isola di Malta ma spesso controllati da organizzazioni criminali e fiduciarie, in grado di garantire a quel governo il 12 per cento del prodotto interno lordo nazionale. Nel libro “Una cosa sola” sempre di Gratteri-Nicaso viene citato uno studio Federconsumatori e CGIL, in collaborazione con la Fondazione Isscon, che ha rilevato come il gioco d’azzardo online, nel 2022, abbia raggiunto la somma di 73 miliardi di euro, il doppio rispetto al 2019;Nel libro «Valle d’Aosta crocevia della ‘ndrangheta»

  • i casinò. Il riciclaggio può avvenire grazie al controllo diretto delle organizzazioni criminali, all’attività dei cosiddetti “cambisti” che prestano denaro ad alti tassi di interesse, al ricorso a giocate fittizie con la complicità dei cassieri, cambiando rilevanti somme di denaro in più tranche, per poi ottenere un assegno a fine serata che attribuisce al denaro la liceità. Il pentito di cosa nostra Nicola Mandalà, di Villabate  raccontò che era solito riciclare  forti somme di denaro, nei primi anni 2000, presso il casinò di Saint Vincent, in Valle d’Aosta, dove  si recava spesso. Alla Cassa versava assegni in continuazione, ricevendo in cambio titoli emessi dalla Società che gestiva il Casinò, utili per dimostrare le vincite lecite. Nel libro «Valle d’Aosta crocevia della ‘ndrangheta», è rivelato che il riciclaggio di denaro tramite il casinò di Saint-Vincent iniziò negli anni Settanta del 900. All’epoca, le organizzazioni mafiose assoldavano cittadini insospettabili che si presentavano con molto denaro proveniente da estorsioni o traffico di droga e lo trasformavano in fiches.  Dopo qualche giocata riconvertivano le fiches in soldi, ormai puliti, e partivano per la Svizzera al  fine di depositarli in conti correnti o cassette di sicurezza;

  • gli investimenti all’estero. Nell’ottobre 1993 venne arrestato in Calabria il boss di ‘ndrangheta Salvatore Filippone che “stava trattando con una banca tedesca l’acquisizione di rubli e marchi  per 2600 miliardi di lire con i quali voleva acquistare catene di alberghi e casinò a Mosca», oltre che «un’acciaieria a Leningrado e quote di minoranza di una banca». Nel 1992, come rivelato dal pentito di cosa nostra Antonino Giuffrè e ai documenti acquisiti dalla magistratura, il boss Matteo Messina Denaro tentò invano di trovare un accordo con il governo maltese, tramite un funzionario di quel Paese, per la costruzione di un complesso turistico sull’isola di Manuel, con annesso porticciolo, del valore di 1.800 miliardi di lire. Da ricordare che, subito dopo la caduta del Muro di Berlino, a fine 1989, molti emissari delle mafie italiane si recarono nell’ex Germania est per acquistare innumerevoli immobili e attività  commerciali a prezzi stracciati, approfittando della situazione politica;

  • le aziende italiane in difficoltà finanziarie o alla ricerca di liquidità;Tutti i trucchi del riciclaggio l'arma letale delle mafie per controllare l'economia di interi stati

  • l’acquisto di oggetti di antiquariato e opere d’arte, spesso conservate nei freeport esistenti in diversi Paesi, come quello di Ginevra. In molte abitazioni di boss mafiosi, infatti, gli investigatori hanno rinvenuto costosissimi quadri di artisti famosi. In una recente intervista il Procuratore della Repubblica di Perugia Raffaele Cantone ha evidenziato come gli oggetti d’arte siano, anche, utilizzati in transazioni illecite, come traffico di droga, attività estorsive o fatti di corruzione.  Addirittura, in passato, nel corso di indagini, venne accertato che «alcune tele seicentesche del Manierismo spagnolo, rubate da chiese napoletane, erano state utilizzate come pagamento di  partite di droga acquistate proprio in Spagna».

  • il cinema. Nel mese di luglio 2024, a Roma, una inchiesta della locale Dda ha scoperto il riciclaggio di ingenti somme in tale settore, per conto dei clan della camorra, grazie alla connivenza di un produttore cinematografico. Gli indagati utilizzavano società cartiere intestate a prestanome, per emettere fatture false anche con l’aiuto di professionisti compiacenti;Tutti i trucchi del riciclaggio l'arma letale delle mafie per controllare l'economia di interi stati

  • il calcio. Nel libro del 2023 “Le nuove regole antiriciclaggio di Carbone-Bianchi-Vallefuoco, si  fa riferimento al settore calcistico come potenzialmente interessato dal riciclaggio di denaro, atteso  il notevole fabbisogno finanziario dei club e il loro indebitamento.  Nel campionato italiano 2019/2020, secondo gli autori, 8 squadre di serie A su 20 erano «detenute,direttamente o indirettamente, da società che hanno sede nei paradisi fiscali, ovvero domiciliate in giurisdizioni segrete. Invero, la perdurante situazione di crisi economica e finanziaria ha spinto società sportive e i rispettivi titolari effettivi ad avvalersi di finanziamenti e sponsorizzazioni da imprese operanti in ambiti territoriali distanti, con soci già oggetto di procedimenti penali per connessioni con la criminalità organizzata, alcuni dei quali hanno poi assunto cariche apicali all’interno delle stesse società sportive» (vedi Rapporto annuale UIF per il 2020). Naturalmente, non solo l’Italia è interessata da questo fenomeno.  Nel 2015, alcuni giornalisti inglesi hanno segnalato che 34 squadre inglesi o scozzesi erano controllate da società domiciliate nei paradisi fiscali;

  • l’energia rinnovabile (fotovoltaico, biomasse ed eolico). Particolarmente interessato a tale settore é stato il boss Matteo Messina Denaro, catturato il 16 gennaio del 2023 e deceduto nel settembre dello stesso anno. Uno dei più importanti sequestri patrimoniali (1,3 miliardi di euro) ha, infatti, riguardato un imprenditore trapanese che, tramite sue società, ha investito i proventi delle molteplici attività criminali del boss nell’installazione di pale eoliche in Sicilia, approfittando dei  consistenti finanziamenti pubblici (nazionali ed europei) e della forte crescita del settore;

  • le aziende petrolifere (titolari anche delle cd pompe bianche). Alcune società in difficoltà finanziaria hanno ottenuto liquidità dalle mafie, perpetrando frodi fiscali mediante “cartiere” gestite dalle predette o importando dall’est Europa prodotti petroliferi artefatti e oli lubrificanti, poi venduti come gasolio per autotrazione;

  • l’acquisizione dei crediti per il bonus 110. Alcune inchieste hanno evidenziato come le mafie stiano sfruttando il blocco del governo Meloni al bonus edilizio del 110% per l’efficientamento energetico degli edifici privati che ha impedito la cessione del credito alle banche. La condizione di emergenza di diverse aziende, soprattutto quelle finanziariamente più deboli, che si sono ritrovate con crediti fiscali incagliati, ha attirato l’attenzione di tali organizzazioni. Emissari di quest’ultime, con notevole disponibilità di denaro contante, si sono presentati agli imprenditori in difficoltà per acquistare i crediti accumulati, ma non riscuotibili, ad un prezzo stracciato, con sconti addirittura del 40%, approfittando della necessità impellente di pagaredipendenti e fornitori;Tutti i trucchi del riciclaggio l'arma letale delle mafie per controllare l'economia di interi stati

  •  le vincite al lotto, superenalotto e gratta & vinci, grazie ai titolari di bar, tabaccherie e ricevitorie che segnalano ai mafiosi i vincitori di consistenti somme per il successivo contatto. L’allettante proposta è quella della corresponsione dell’immediato importo in contanti, anche in forma superiore, così da consentire di intestare ufficialmente la vincita ai mafiosi;

  • l’acquisto di polizze vita, con premi molto alti, presso società di assicurazione. Alla sua scadenza l’interessato riceve l’intero capitale accumulato più la rivalutazione;

  •  la finta speculazione immobiliare, in cui il cliente che deve riciclare offre, per l’acquisto, la metà dell’importo in nero e il resto in assegni circolari. Per ragioni fiscali, il venditore normalmente accetta. L’acquirente, allora, effettua una minim ristrutturazione e, poi, vende al prezzo di mercato. I soldi pagati in nero sono stati riciclati e il frutto della vendita diventa una entrata legale;

  • il prestito di denaro, a tassi usurari a imprenditori in difficoltà finanziarie che non riescono ad ottenere credito bancario per la mancanza delle richieste garanzie;

  • investimenti in titoli di Stato e non, private equity (società non quotate in borsa), valute   pregiate, fondi immobiliari, mercati azionari;Tutti i trucchi del riciclaggio l'arma letale delle mafie per controllare l'economia di interi stati

  • le società fiduciarie che consentono di celare la partecipazione e/o il controllo degli assetti  proprietari delle aziende;

  • il trust. Anch’esso di tipo fiduciario, consente di regolare più rapporti di natura patrimoniale (isolamento e protezione di patrimoni, gestioni patrimoniali controllate e in materia di successioni, diritto societario e fiscale);

  •  Centri off-shore ovvero paradisi fiscali, societari, bancari o penali. Nel mese di novembre  2023, l’Osservatorio fiscale europeo (EU Tax Observatory) ha pubblicato la prima edizione del  documento Global Tax Evasion Report, frutto del lavoro di oltre 100 ricercatori. Fra i dati indicati ve n’è uno impressionante, quello della ricchezza finanziaria detenutaoffshore, calcolata nel 2022 in 12.000 miliardi di dollari. Secondo uno studio del 2012 pubblicato sul settimanale britannico Observer, la ricchezza occultata nei territori off-shore ammontava, invece, fra i 21.000 e i 32.000 miliardi di dollari. L’Italia celerebbe nei paradisi fiscali fra 140 e 550 miliardi di euro;

  • rimpatrio o regolarizzazione di capitali e beni detenuti all’estero, grazie ai cd. scudi fiscaliovvero norme agevolative e con esclusione di sanzioni penali. Nel libro “Le nuove regole antiriciclaggioviene segnalato a tal proposito che, nel primo decennio di questo millennio, tre distinti provvedimenti normativi hanno consentito di «sanare» capitali per circa 180 miliardi di euro, di cui 145 rimpatriati.   Nel 2014, la voluntary disclosure (collaborazione volontaria) ha permesso di far emergere e regolarizzare altri 60 miliardi di euro;Tutti i trucchi del riciclaggio l'arma letale delle mafie per controllare l'economia di interi stati

  •  l’acquisto di crediti deteriorati, i cosiddetti non-performing loans (crediti in sofferenza, determinati dalla cessazione dei pagamenti, da almeno 90 giorni, da parte dei debitori) per importi  enormemente scontati da parte dei grandi fondi presso cui le mafie investono;

  • l’utilizzo di fatture false per servizi o beni, previo naturalmente un accordo preventivo (soprattutto imposto) fra fornitore e cliente. Nel libro «Ossigeno illegale» di Gratteri-Nicaso, viene segnalato un caso di riciclaggio, attuato  dalla ‘ndrangheta, scoperto nel corso di un’indagine. Tutto gravitava intorno ad una «società bulgara, gestita da un prestanome, che aveva il compito di schermare gli acquisti di acciaio inossidabile – oggetto dell’attività commerciale – consentendo, mediante i pagamenti effettuati, di spostare ingenti somme di denaro in Bulgaria. La stessa società veniva utilizzata anche per emettere, nei confronti delle società italiane facenti  capo ai soggetti indagati, fatture per operazioni inesistenti, a loro volta utilizzate per dare una giustificazione formale alla realizzazione di ulteriori bonifici effettuati sull’asse Italia –Bulgaria.»;Tutti i trucchi del riciclaggio l'arma letale delle mafie per controllare l'economia di interi stati

  •  l’acquisizione dei crediti commerciali verso la Pubblica Amministrazione, soprattutto nelle regioni ove i pagamenti superano i tempi previsti. Per fare questo, come descritto nel libro «The dark-web side of mafias», le imprese riconducibili alla criminalità mafiosa partecipano agli appalti dove il guadagno é minimo (tipologia dell’offerta economicamente più vantaggiosa per prezzo più basso), anche per esercitare il governo del territorio tramite l’erogazione di servizi essenziali e, talvolta su basi clientelari, come avviene per quelli sanitari. In tal modo, considerando utile investire in tali crediti, riconducibili di fatto ai soli interessi maturati, le imprese scelgono poi di cederli sotto forma di titoli da riscuotere o investire sui mercati finanziari internazionali. I titoli di debito garantiti dallo Stato concernono soprattutto le obbligazioni contratte da enti  pubblici economici per la fornitura di beni o servizi da parte di un’azienda privata. Quest’ultima, non ricevendo un pagamento immediato, diventa titolare di un credito commerciale nei confronti dello Stato e ha diritto agli interessi in proporzione al ritardo nel pagamento, di norma oltre i 30 giorni ma estensibile a 60 se riguardano il Servizio Sanitario Nazionale e le pubbliche amministrazioni impegnate in attività commerciali, soggette a obblighi di trasparenza. Sulla base dei dati Eurostat, lo stock dei debiti commerciali della PA italiana è pari a 55 miliardi di euro (dati 2021) ed è il più alto dell’Unione Europea in percentuale sul PIL (3,1 per cento). Infatti, malgrado ci sia stato un progressivo miglioramento, ad oggi i tempi medi di pagamento  sono di 70 giorni, con l’anomalia della Calabria che raggiunge una media di 245 giorni. Tale ritardo induce talvolta, come accaduto proprio in quest’ultima regione, a cartolarizzare i crediti commerciali, cioè trasformarli in titoli negoziabili, consentendo ai creditori di recuperare la propria liquidità e agli acquirenti dei titoli effettuare un investimento con rendimenti attraenti.  Nei primi giorni di luglio 2020, il prestigioso quotidiano britannico Financial Times ha lanciato  una clamorosa «notizia», ripresa dai maggiori giornali italiani: «Piazzato sul mercato un miliardo di bond legati alla ‘ndrangheta», ribattezzati Mafia bonds. Secondo l’inchiesta, sembra basata su documenti legali e finanziari, tra il 2015 e il 2019, investitori internazionali (fondi e banche) avrebbero acquistato titoli obbligazionari collegati ad attività della ‘ndrangheta per un valore complessivo di un miliardo di euro.  Ruolo importante nella vicenda l’avrebbe avuto la Banca d’investimento di Ginevra CFE, risultata una delle controllate estere del Gruppo UBI.  La CFE, secondo il quotidiano inglese, avrebbe dato vita ad una cosiddetta società veicolo che avrebbe emesso e collocato titoli obbligazionari, con una struttura complessa e rendimenti particolarmente appetibili, soprattutto in questa fase di tassi a zero. Dalle precisazioni successive, sembra che solo una parte dei titoli riguarderebbe crediti verso la sanità pubblica di imprese, poi risultate legate alla ‘ndrangheta calabrese, effettivamente accreditate con il Sistema Sanitario Nazionale e sospettate di aver scelto di cedere il credito per eludere i controlli antiriciclaggio.  Poiché il frequente ritardo nel pagamento fa scattare, in base alle normative europee, interessi  garantiti e vantaggiosi, le fatture emesse (diventate fonti di profitto allettanti) sono state impacchettate insieme ad altri prodotti perfettamente legali, per costruire titoli obbligazionari. Dello stesso parere anche la XIII edizione del Convegno annuale antiriciclaggio, tenutosi a Roma il 19 aprile 2023, che ha evidenziato come cessioni di crediti e cartolarizzazioni (il cui utilizzo é di molto aumentato, anche grazie alle normative come quella del «superbonus») rappresentino il  metodo più frequente di infiltrazione della criminalità organizzata e di riciclaggio.Tutti i trucchi del riciclaggio l'arma letale delle mafie per controllare l'economia di interi stati

Il settore delle banche è sicuramente uno dei più coinvolti nel riciclaggio di denaro. Incredibile la notizia apparsa su molti quotidiani del 27 novembre 2020, concernente l’indagine della DDA di Reggio Calabria che ha individuato un imprenditore di Palmi , operante nel settore informatico, ritenuto la mente economico-finanziaria di clan calabresi, siciliani e campani per l’investimento delle somme introitate dagli anni ’80 ad oggi.
Secondo le indagini, il predetto avrebbe gestito, per conto del suddetto cartello ben 136 miliardi di euro ma lievitati, nel tempo, alla stratosferica somma di 500 miliardi di euro, utilizzando una rete mondiale di operatori e banche, probabilmente in Paesi black-list, che gli hanno consentito di depositare il denaro su conti speciali – irrintracciabili perché privi di Iban –, «ma rientranti nel patrimonio degli istituti bancari», accessibili e monetizzabili tramite speciali chiavi elettroniche  intestate a prestanome, alcuni deceduti.  Secondo gli investigatori, il conto madre si trovava presso la Banca Nazionale di Danimarca ma l’imprenditore di Palmi si muoveva in vari Paesi del mondo per contattare faccendieri e funzionari corrotti di banca, al fine di consentire gli spostamenti del denaro e la sua fruibilità agli interessati nonché per far perdere le tracce della sua reale origine.
Fra le varie modalità di utilizzo, anche quella di carte di credito e debito (agganciate a conti in Paesi con scarsi controlli antiriciclaggio), intestate a persone arabe o di Paesi dell’est, probabilmente false identità riconducibili al predetto. Il Fatto Quotidiano ha, anche, riportato l’informazione che, sul computer dell’indagato, sono stati trovati gli estremi e la foto di una carta di credito, intestata ad un soggetto lituano, con un saldo di 2 miliardi di euro.Tutti i trucchi del riciclaggio l'arma letale delle mafie per controllare l'economia di interi stati

Come ricordato nel libro del 2024 «Una Cosa sola» di Gratteri e Nicaso, «Sono spesso le banche i destinatari degli investimenti mafiosi, banche di paesi offshore o di giurisdizioni opache, ma anche di paesi importanti che, da tempo, fanno a gara per accaparrarsi i soldi della droga o delle altre attività illecite……Utilizzando gli istituti di credito …le organizzazioni criminali possono integrare i fondi illeciti in circuiti economici legittimi e successivamente investirli in attività commerciali e imprenditoriali “pulite”».

Come evidenziato nel libro del 2024 «Valle d’Aosta crocevia della ‘ndrangheta», l’obbligo imposto alle proprie banche dalla Confederazione svizzera di chiarire la provenienza dei capitali al momento della loro accettazione, a seguito degli accordi anti-riciclaggio con altre nazioni, è stato tranquillamente aggirato dalle organizzazioni mafiose.

Poiché tale imposizione riguarda i clienti non residenti, la complicità di un prestanome autoctono ha risolto i problemi.

Altro esempio di coinvolgimento di una banca risale al 2011. Il Presidente e fondatore del Credito Sammarinese venne arrestato, dopo la confessione del Direttore Generale dell’Istituto, nell’ambito di un’operazione della DDA di Catanzaro, per riciclaggio e reimpiego di denaro proveniente dal traffico di droga.
In questo caso, erano stati i funzionari a contattare un importante esponente della ‘ndrangheta che viveva a Bologna, per indurlo a versare 15 milioni di euro su due conti correnti aperti a suo nome in Banca ed utilizzati come deposito per riciclare denaro.
Lo scopo della richiesta accettata era quello di evitare di cedere la quota di minoranza del Credito Sammarinese ad una banca brasiliana.

Un altro episodio è quello accertato dal Tribunale di Prato, nel luglio 2024, che ha condannato 2 cittadini italiani e 1 cinese per riciclaggio. Il denaro veniva raccolto tramite i money transfer fiorentini, con ricevute intestate a cittadini cinesi ignari o nominativi fittizi, e poi girato (sempre tramite i money transfer) a San Marino, dove i due italiani intermediari provvedevano a «ripulirlo» nelle banche della piccola Repubblica per poi inviarlo in Cina.

Uno dei tanti modi è quello é richiedere, ad una banca, una linea di credito o scoperto di conto, anche di importo notevole, approfittando della conoscenza con i funzionari.
Una volta prelevate le somme, l’interessato inizia a rimborsarle ratealmente, con gli interessi applicati, così riciclando l’importo corrispondente che potrà essere utilizzato senza problemi e non potrà essere oggetto di alcun provvedimento di sequestro perché formalmente non riconducibile ad alcuna attività illecita.

Malgrado la netta contrapposizione ufficiale e la condanna verso la criminalità organizzata, diverse banche internazionali hanno accettato, consapevolmente, i capitali illeciti della stessa, talvolta perché considerati l’unico mezzo per sopravvivere ed evitare il fallimento.
L’allora direttore dell’Ufficio delle Nazioni Unite per la lotta alla droga e al crimine – il cuneese Antonio Maria Costa -, nel 2009 evidenziò proprio tale situazione.
Alcune banche statunitensi, inglesi e tedesche, infatti, vennero accusate di aver riciclato denaro illecito. Nel 2010, addirittura, un’importante Banca americana – la Wachovia, con sede a Charlotte, nella Carolina del Nord -, fu accusata dalle Autorità di aver riciclato, in più riprese, nel 2004, ben 378 miliardi di dollari dei trafficanti di droga messicani.
Il relativo procedimento formale aperto contro la Banca è stato chiuso, nel 2010, con il pagamento di appena 150 milioni di dollari di multa.

Un articolo pubblicato sul sito «Antimafia Duemila» del 5 marzo 2021, a firma di Albert Ifrim, ha segnalato un’inchiesta giornalistica, condotta dall’International Consortium of Investigative Journalists (ICIJ), in collaborazione con BuzzFeed News, che, sulla base di documenti segreti del governo Usa, ha rivelato la movimentazione di enormi somme di denaro illecito, destinate a reti criminali, da parte di grandi banche internazionali, per complessivi 2.000 miliardi di dollari nel periodo 1999-2017, anche approfittando delle modeste sanzioni previste in tali casi.Tutti i trucchi del riciclaggio l'arma letale delle mafie per controllare l'economia di interi stati

In testa a tale graduatoria, secondo l’inchiesta, vi sarebbe stata la Deutsche Bank tedesca con 1.300 miliardi, seguita da JP Morgan con 514 miliardi di dollari.
La maggior parte dei fondi riciclati sarebbero «stati registrati senza conoscere l’identità dell’intestatario del conto in paradisi fiscali offshore».
La Deutsche Bank è stata, poi, coinvolta nello scandalo del più grande caso di riciclaggio in Europa, ammontante a 230 miliardi di dollari da parte della filiale estone di Danske Bank, la Banca Danese.

Un metodo molto diffuso negli ultimi anni è quello della Performance bank guarantee (Pbg), evidenziata anche nel libro «Ossigeno illegale».
«Si ricorre alla Pbg quando una banca garantisce la linea di credito concessa da un’altra banca a un beneficiario, accollandosi il pagamento qualora questi non restituisca il prestito. Il titolo finanziario che ne consegue diventa una specie di assegno circolare che può essere venduto o scontato sul mercato a condizioni decise dalla domanda o dall’offerta».
Gli autori citano, inoltre, uno studio di due economisti dell’Università di Bogotà – Alejandro Gaviria e Daniel Mejìa – che hanno segnalato come «il 94,7 per cento dei ricavi del narcotraffico in Colombia viene ripulito con operazioni finanziarie nei circuiti bancari del Nord America e dell’Europa», in pratica 322 miliardi di dollari l’anno che contribuiscono a puntellare alcune economie nazionali in crisi.

Il Corriere della Sera, in un articolo del 16 aprile 2024, ha rivelato che un’inchiesta della DDA di Palermo ha accertato come il boss di Salemi Angelo Salvatore, scarcerato nel 2019 dopo aver scontato una condanna per mafia, abbia successivamente riciclato diversi milioni di euro di cosche di cosa nostra (grazie alla consulenza di Giuseppe Burrafato, collegato anche alle ‘ndrine calabresi, e la complicità di imprenditori stranieri) mediante trasferimenti internazionali di denaro su conti accesi in grande banche internazionali, fra cui l’inglese HSBC, certo di nascondere le operazioni illecite e di ridurre il rischio di incorrere in segnalazioni antiriciclaggio.Tutti i trucchi del riciclaggio l'arma letale delle mafie per controllare l'economia di interi stati

La ‘ndrangheta ha sempre cercato di avere una propria banca.Nel 2008, a Cosenza, nell’operazione «Anaconda» della DDA di Catanzaro, ne venne scoperta  una occulta, in una rivendita di materiale edile nel quartiere S.Vito, che erogava prestiti per centinaia di migliaia di euro a tassi usurari, anche del 200 per cento.
Nel 2014, a Seveso (Monza e Brianza), la DDA di Milano scoprì che il capo del «locale» Giuseppe Pensabene  ne aveva aperto una clandestina, in un piccolo ufficio.
Lo ‘ndranghestista  accumulava denaro proveniente da usura e riciclaggio ed era sostenuto da una rete di società di copertura e la disponibilità di dipendenti postali, bancari e imprenditori.
I soldi venivano, poi, investiti per acquistare attività economiche di vario genere o esportati nelle banche svizzere o di San Marino.

Un articolo de Il Sole24ore del 12 luglio 2023 di Roberto Galullo ha rivelato quanto scaturito dall’indagine «Glicine Acheronte» della Dda di Catanzaro sulla ‘ndrangheta di Crotone.
Un gruppo di esperti tedeschi di transazioni bancarie e frodi informatiche, unitamente a boss crotonesi radicati in Germania e con consistenti «liquidità», avevano pensato di aprire una banca operativa in quella nazione, per evitare ogni rischio per il riciclaggio di denaro.
Addirittura, un collaboratore di giustizia aveva segnalato il ricorso della ‘ndrangheta alle piattaforme finanziarie «riservate», ossia gestite da un ristretto gruppo di investitori e banche, grazie alle quali l’organizzazione criminale ricava utili elevati (in taluni casi, l’80% mensile).
Quelle «riservate» sono piattaforme in cui si conferiscono oro, prodotti finanziari e anche titoli storici di ingente valore, che vengono autenticati da notai e conferiti a istituti bancari internazionali. Hanno finestre temporali di utilizzo e tra le forme di investimento annoverano i bond «fresh», cioè titoli obbligazionari convertibili in azioni ordinarie che, in caso di default, vengono rimborsati.

Secondo l’articolo, ci sono anche i contratti chiamati «joint venture» attraverso i quali gli esperti in finanza delle cosche mafiose bloccano dapprima fondi per parecchi milioni di euro o moneta estera su un conto corrente e poi li consegnano a un trader – gestore della piattaforma – che in un  massimo di 40 settimane offre utili enormi.Tutti i trucchi del riciclaggio l'arma letale delle mafie per controllare l'economia di interi stati
Grazie alla complicità di direttori di banca possono, poi, essere spostate somme di denaro su conti correnti nella disponibilità delle cosche: nella fattispecie, spicca la transazione telematica «off-line», effettuata in assenza di collegamento diretto tra il terminale pos e la centrale di riferimento, non tracciata nell’immediato e, pertanto, non soggetta ad eventuali segnalazioni.

Un particolare caso di riciclaggio di denaro (evidenziato dalla relazione annuale UIF per il 2020) é dato dagli ATM indipendenti, cioè gli sportelli automatici (presenti in 30 città italiane) gestiti da società estere non collegate al circuito bancario (talvolta con sede in Paesi off-shore), non sottoposti agli obblighi antiriciclaggio e al monitoraggio.

L’allarme è stato, poi, rilanciato da IlSole24ore con un articolo del 21 novembre 2022.
La crescente diffusione di detti sportelli è motivo di preoccupazione in quanto questi ultimi offrono servizi di prelevamento di contante (senza alcun limite) mediante carte emesse da intermediari aderenti ai principali circuiti di pagamento nonchè l’effettuazione di versamenti di contante su dette carte o compravendita di valute virtuali, sempre in contanti.

L’UIF ha segnalato evidenti profili di rischio nel caso di sportelli automatici adibiti alla conversione di valute virtuali in contropartita di contanti.
Nel caso di acquisto di criptovaluta, infatti, le transazioni potrebbero essere eseguite sistematicamente per immettere nel circuito finanziario contanti di origine illecita; specularmente, nel caso di vendita di criptovaluta, la scorta di banconote negli sportelli automatici, oggetto di prelevamento, potrebbe trovare origine in condotte illegali.
I due tipi di operazioni possono combinarsi se gli sportelli consentono il ricircolo del contante.Tutti i trucchi del riciclaggio l'arma letale delle mafie per controllare l'economia di interi stati

RICICLAGGIO TRAMITE IL TRASFERIMENTO VIRTUALE DI DENARO

Come segnalato nella Rivista Antiriciclaggio & Compliance del novembre 2022, vi sono sistemi di trasferimento virtuale di denaro nati con le migrazioni dei popoli, per le rimesse da inviare alle famiglie di origine ma ora utilizzati anche per il riciclaggio dalle organizzazioni criminali.
I costi delle singole operazioni (portate a termine in tempi brevi – max 48-72 ore) variano fra lo 0,1 e il 4%, in funzione del valore del bene.

Il più noto è Hawala (scambiare) che prevede anticipazioni anonime su base fiduciaria fra agenti o broker (hawaladar) di una banca non ufficiale con filiali in tutto il mondo, seguite da compensazioni periodiche fra gli stessi, molto diffuso nella cultura islamica, in vigore fin dall’VIII secolo.

Un altro sistema è il fei-ch’ien, gestito da intermediari di nazionalità cinese, nato in Cina nel primo millennio dopo Cristo e assoggettato a rigide regole di segretezza e onestà.
In Italia, al momento, sembra sia utilizzato soprattutto dalla ‘ndrangheta calabrese per far giungere i soldi ai narcotrafficanti sudamericani, a saldo di partite di cocaina.
Gli emissari delle mafie consegnano borsoni pieni di banconote (normalmente un milione di euro) a incaricati cinesi, anche presso esercizi commerciali di copertura che fungono da centri di raccolta o banche parallele, e ricevono un codice convenzionale, un token di riconoscimento (quasi sempre il numero seriale di una banconota).
Il numero, comunicato agli intermediari nello stato prescelto, viene riscontrato con quello in possesso dal destinatario delle banconote al momento della consegna.
Talvolta, l’incaricato cinese che riceve il denaro in Italia indica sulla banconota l’importo ritirato e la data, firmando. La foto viene spedita e serve per ritirare la somma.
Naturalmente, occorre pagare una commissione variabile per ogni operazione.  Tutti i trucchi del riciclaggio l'arma letale delle mafie per controllare l'economia di interi stati

RICICLAGGIO DIGITALE

In un’intervista apparsa il 3 aprile 2019 sul sito Linkiesta, il collaboratore di giustizia Luigi Bonaventura (‘ndrangheta) ha rivelato che «noi eravamo molto attenti all’evoluzione del web, specie di quello sommerso fino alle criptovalute. Già dagli anni Duemila avevo persone specializzate, tecnici informatici che facevano mille ricerche sulle nuove modalità di riciclaggio, di acquisto e di pagamento di stupefacente». 

Nel rapporto del 2024 «Cyber Organized crime» della Fondazione Magna Grecia, si segnala che tutti i tipi di profitti illegali possono venire riciclati attraverso i crypto assets (valute digitali che utilizzano la criptografia per proteggere i dati e la tecnologia connessa).

Tali assets consentono di spostare importi sostanziali e di farlo in modo rapido e con maggiore facilità rispetto al contante, anche oltre i confini nazionali.

In particolare, è possibile utilizzare i proventi dei crimini del mondo reale, come il traffico di droga o le estorsioni, per finanziare il mining (estrazione) di crypto assets, con il risultato di ottenere monete digitali appena coniate senza alcun collegamento diretto ad attività criminali.

Queste monete possono poi essere rivendute in valuta corrente tramite un exchange (sito web che svolge un servizio di cambio), fornendo un modo efficace per riciclare denaro sporco.

In occasione della presentazione del rapporto 2024 della Fondazione Magna Grecia, denominato «Cyber Organized Crime. Le mafie nel Cyberspazio», il brief stampa diffuso ha riepilogato gli elementi essenziali ivi contenuti, evidenziando come le attuali mafie siano divenute sempre più digitali (la più attrezzata sembra essere la ‘ndrangheta), spostando sulle piattaforme online molte delle loro attività illegali, utilizzando le criptovalute per i pagamenti, creando banche online per riciclare denaro nonché preparandosi all’uso dell’intelligenza artificiale.

Come si rileva dal rapporto 2021 dell’UIF della Banca d’Italia «la criptovaluta è infatti per sua stessa natura idonea a dissimulare il valore del trasferimento nel mondo virtuale e a fungere da volano per la commissione dei reati di riciclaggio e autoriciclaggio, nonché come ostacolo alla prevenzione degli stessi».

Si calcola che, per uso illecito, le criptovalute abbiano raggiunto nell’ultimo anno i 24 miliardi di dollari.

Da evidenziare, poi, che tali operazioni, se svolte senza l’intermediazione dell’exchange, non sono finora soggette agli obblighi dettati dalla normativa antiriciclaggio e al conseguente inoltro di segnalazione di operazioni sospette all’UIF della Banca d’Italia.Tutti i trucchi del riciclaggio l'arma letale delle mafie per controllare l'economia di interi stati

Come evidenziato dal Prof. Marco Naddeo dell’Università di Salerno in un articolo del 14 settembre 2022 sui profili penali delle criptovalute (rivista trimestrale «Penale. Diritto e Procedura», nr. 2/2022), queste ultime sono geneticamente predisposte per l’anonimato e hanno le caratteristiche giuste per consentire il riciclaggio di denaro:
delocalizzazione (il fatto illecito non è immediatamente individuato nell’ambito di uno specifico «locus commissi delicti»);
dematerializzazione (dovuta al contenuto digitale delle informazioni, dei servizi e del denaro che circola nella rete);
dispersione (difficoltà di identificare l’autore dell’illecito ai fini dell’imputazione della relativa responsabilità penale).

Una delle persone coinvolte in tale riciclaggio é stata arrestata a Roma nel giugno 2024. Si tratta di  Franco Lee, all’anagrafe Jianwu Li, che dal 2021 aveva operato più di 3.000 operazioni di cambio denaro contante in criptovalute, per complessivi 9 milioni di euro, applicando una commissione dal 5 al 10%, molto più alta degli operatori ufficiali, assicurando in cambio riservatezza e completo anonimato ai clienti, cioè non identificandoli come previsto dalla normativa.

Nel libro «The dark-web side of mafias» di Nicaso, Rauti, Nasi e Fantacci, viene descritto come può avvenire il riciclaggio di denaro a mezzo criptovalute, riepilogabile in tre modalità:Tutti i trucchi del riciclaggio l'arma letale delle mafie per controllare l'economia di interi stati

1Convertire denaro proveniente da attività illegali in criptovalute  (per poi riconvertire   quest’ultime in moneta legale). Come già anticipato in precedenza, si possono anche utilizzare gli sportelli bancomat ATM presenti sul territorio, depositando contanti e prelevando bitcoin (ipotesi meno praticabile dalla   criminalità perché è richiesta un’identificazione e si viene monitorati) oppure convertire in criptovalute le somme di denaro presenti sui conti correnti.

2Effettuare operazioni o attività illecite utilizzando criptovalute
In questo caso le criptovalute sono la moneta di scambio per l’acquisto di droga, armi, ecc. o per corrompere.

3Attività ibride (sia con la conversione che con l’attività finanziaria)
E’ il metodo più adatto alla criminalità. I contanti vengono depositati sui conti correnti intestati a società o titolari di conto e poi convertiti in criptovalute. Per garantire l’anonimato del mittente e del destinatario di una transazione si possono utilizzare i servizi di mixer e tumbler, attualmente non ancora regolamentati dalle direttive antiriciclaggio dell’UE e, quindi, non vietati. Viene, cioè, posta in essere una serie di transazioni veloci (anche fra diverse criptovalute) utile a mascherare l’origine delle criptovalute e impedirne la tracciabilità. Nel libro del 2023 «Il Grifone» di Gratteri e Nicaso vengono descritti alcuni metodi di riciclaggio appresi dai collaboratori di giustizia  calabresi Mario Megna e Giuseppe Antonio Mancuso.  Nel primo caso, é raccontato uno schema effettuato in Montenegro con centinaia di milioni trasferiti via computer tramite hacker che movimentavano il denaro, disperdendo le tracce, grazie a carte di credito straniere e alle compiacenze di direttori di banca. Il secondo caso, si riferisce ad un’operazione di furto su conti correnti criptati (box) non rientranti nella contabilità bancaria e oggetto di depositi di ingenti somme. Con la compiacenza dei funzionari della banca, unici in grado di fornire i codici di accesso, una rete di hacker che operava da postazioni remote svuotava i box nelle ore di chiusura degli istituti di credito (dalla mezzanotte di venerdì a quella di domenica) senza far scattare allarmi informatici in grado di bloccare i conti, per poi trasferire tutto su altri conti correnti, con diversi giri attraverso l’emissione di MT103 (messaggi di pagamento Swift usati per trasferire fondi fra banche).Tutti i trucchi del riciclaggio l'arma letale delle mafie per controllare l'economia di interi stati

Nel libro del 2021 «Il giro dei soldi. Storie di riciclaggio» di Gentili, Ramoni e Turla, si spiega come si possano nascondere i tracciamenti delle criptovalute per favorirne l’anonimato. Sono, infatti sorti dei servizi di mixing bitcoin che consentono, dietro una commissione che può oscillare tra l’1 e il 5%, di mescolare bitcoin con altri provenienti da diverse persone o con una riserva di bitcoin posseduta dallo stesso servizio.
Il risultato è un portafoglio di bitcoin che hanno rotto la catena di passaggi dall’origine sostituendoli con bitcoin provenienti da altri indirizzi.

Come spiega Antonio Rosato in un articolo pubblicato nel quaderno del 23 aprile 2021 del Centro Ricerca Sicurezza e Terrorismo, esempi di cyberlaundering sono dati dall’utilizzo di carte di pagamento elettroniche o smart card (Simoncini -«Cyberlaundering: la nuova frontiera del riciclaggio» nella Rivista Trimestrale di diritto penale dell’economia n. 4/2015- le descrive come carte intelligenti, tessere simili a carte di credito contenenti un micro-chip in grado di immagazzinare denaro in formato elettronico, spendibile come comune contante ed utilizzabile quale alternativa alla circolazione delle banconote e delle monete aventi corso legale), quotidianamente utilizzate dalla criminalità organizzata in alternativa al contante per effettuare transazioni telematiche con cui vengono acquistati beni o servizi scambiando moneta elettronica o virtuale.

Evidentemente, per eludere i controlli antiriciclaggio con le smart cards basta intestare il conto corrente di riferimento (in Paesi con normativa permissiva) a prestanome o a persone inesistenti (con documenti falsi), duplicare o alterare abusivamente i chip di memorizzazione dei dati delle stesse smart cards, intervenendo sia sui dati identificativi che sulla somma disponibile, modificare i limiti di spesa giornalieri (imposti per finalità antiriciclaggio).

Vi sono dei casi in cui per entrare in possesso di una smart card non è necessario aprire un conto corrente bancario e quindi passare attraverso i controlli antiriciclaggio alla cui effettuazione sono obbligate le banche, e non è neanche indispensabile entrare in contatto con l’emittente specialmente nel momento del deposito iniziale del capitale.

Vi sono infatti distributori automatici di carte prepagate che permettono di convertire il contante in denaro “digitale” senza una previa identificazione, o di ricaricare smart cards già emesse. In alcuni Paesi dove le norme sul segreto bancario sono assai stringenti, è possibile ottenere smart cards anonime anche richiedendole online (Ghilarducci, Criminalizzazione globale, in www.terrelibere.it, gennaio 2003).

Ciò facilità la fase del “layering”, in quanto sarà sufficiente entrare in possesso di dette smart cards emesse dai distributori automatici e ricaricarle con il denaro da ripulire. L’ultima fase, quella dell’integrazione, verrà messa in atto semplicemente spendendo il denaro “memorizzato” nelle smart cards in beni e servizi leciti.

Rosato cita anche l’esempio di aprire un account sulla piattaforma Paypal, la quale richiede solo un indirizzo e-mail e un numero di cellulare.
Come specifica Picotti in Profili penali del cyberlaundering, «consente l’immediata possibilità di effettuare o ricevere pagamenti nel web, senza previo deposito di valori o somme di denaro, né loro custodia da parte del prestatore del servizio, fermo solo il conteggio del “dare” ed “avere” (c.d. balance), che deve restare entro certi limiti di pareggio o sbilancio, alle condizioni e nei termini temporali contrattualmente prefissati».
Pertanto, Paypal si presta ad essere utilizzato in maniera efficace per operazioni di «“piazzamento” ed anche “occultamento”» (layering) del denaro sporco, specialmente se accompagnate da identità digitali false o sottratte abusivamente a terzi.

Per inviare e ricevere bitcoin non è necessario aprire un conto corrente, né l’utilizzo di carte di credito o effettuare depositi e prelievi.

È necessario semplicemente o scaricare il client ufficiale della criptovaluta, ossia un portafoglio elettronico che custodisce e permette di scambiare la criptovaluta, oppure acquistarle tramite un exchange e trasferirle poi su un wallet (la maggior parte degli exchange fornisce anche un servizio di wallet).

L’esempio più immediato di riciclaggio di denaro tramite bitcoin è rappresentato dal loro acquisto con proventi derivanti da ulteriori reati. Ancor più semplicemente, è possibile ripulire i contanti “sporchi” contattando dei soggetti detentori di criptovaluta disposti a venderla in cambio, appunto, di denaro contante.

Come descritto nel libro Ipsoa “Le nuove regole antiriciclaggio, fra le tecniche più diffuse di money laundering  si ricordano le transazioni peer to peer (pari a pari) svolte direttamente fra due controparti senza l’intervento di un organismo terzo che si interpone nello scambio.
I due soggetti si incontrano in luogo pubblico, coperto da rete wi-fi, il venditore ottiene gli estremi del wallet (portafogli) a cui trasferire criptomoneta dallo stesso acquirente e, una volta ottenuta l’iscrizione del transfer nella blockchain (registro virtuale), riceve in pagamento la valuta legale in contanti. Se il denaro scorre veloce, tutte le porte si aprono” sosteneva già secoli addietro William Shakespeare.Tutti i trucchi del riciclaggio l'arma letale delle mafie per controllare l'economia di interi stati

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Antonio Borgia
Antonio Borgia
Generale in pensione della Guardia di Finanza, ha prestato servizio in Sicilia dal 1979 al 1996, nel pieno della guerra di mafia e delle stragi di cosa nostra. Ha collaborato con diversi magistrati a Trapani e Palermo quali Dino Petralia, Ottavio Sferlazza, Carlo Palermo ed i Pm della DDA di Palermo allora guidata dal Procuratore Giancarlo Caselli, in particolare Alfonso Sabella. Attualmente é editorialista della Gazzetta di Asti.
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