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Bilancio e Quirinale la svolta di Draghi

Il clima è radicalmente cambiato anche in politica. Il surriscaldamento delle tensioni fra i partiti e all’interno delle forze politiche oscilla dalla legge  di Bilancio, al Quirinale, agli scenari di fine legislatura.

Alla vigilia dell’esame, martedì 16 novembre in Senato, Pd, 5 Stelle, Lega e Forza Italia hanno posizioni spesso distanti e contrapposte sul disegno di legge di Bilancio per il 2022, una delle leggi più importanti dello Stato perché spiega nel dettaglio come saranno spese le risorse pubbliche.Bilancio e Quirinale la svolta di Draghi

Contrapposizioni che riguardano in particolare le pensioni, la riduzione del carico fiscale ed i bonus. Un impatto parlamentare sul bilancio tradizionalmente connotato da tutta la vasta gamma degli interessi clientelari. Assalto alla diligenza, come viene definito, che il Governo intende scongiurare anche a colpi di fiducia.

Le tensioni sulle scadenze del Quirinale e della legislatura sono consequenziali. L’esemplare coerenza con la quale il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha ribadito di non essere disponibile ad un secondo mandato, oltre a spiazzare i partiti li ha messi di fronte alla proprie responsabilità. Per due volte a distanza di pochi mesi il Capo dello Stato ha citato i predecessori, i Presidenti Antonio Segni e Giovanni Leone, che chiesero al Parlamento di introdurre la non rieleggibilità del Presidente della Repubblica e l’abolizione del semestre bianco. Un  richiamo allo spirito della Costituzione che non lascia spiragli, nonostante gli irriducibili estimatori di Mattarella disquisiscano come in latino e talvolta anche in Italiano due negazioni affermino, e come anche Giorgio Napolitano avesse già fatto gli scatoloni, come si dice quando si trasloca, ma che poi non poté disattendere la richiesta unanime del Parlamento di essere rieletto per salvaguardare il Paese dall’avvitamento istituzionale nel quale era precipitato.

Bilancio e Quirinale la svolta di Draghi
I Presidenti Mattarella e Napolitano

Il non possumus dell’attuale inquilino del Quirinale lascia senza rete leader e forze politiche ed apre una delicata fase, proiettando Mario Draghi alla successione.

Rispetto al dopo G20 di fine ottobre, quando tutti i vertici mondiali hanno sottolineato l’esigenza per l’Italia e per gli equilibri europei ed internazionali della continuità del tandem Mattarella-Draghi, l’essenzialità  del ruolo del Premier rimette in discussione alleanze e prospettive.

Chi al posto di Draghi e con quale maggioranza ? E chi se non Draghi al Quirinale ? ci si chiede. Interrogativi che attendono risposte innanzitutto dal Premier. Risposte che verosimilmente giungeranno all’inizio del nuovo anno, dopo il discorso di congedo della sera di San Silvestro del Presidente Mattarella. Un intervento mai così accorato, delicato e cruciale come quello di quest’anno e che si prevede rappresenterà un ineludibile richiamo alle forze politiche affinché si attengano al rigoroso rispetto degli interessi nazionali. Parole destinate a fare vibrare i sentimenti degli italiani. Una lezione umana e civile  che connoterà ulteriormente il valore istituzionale del settennato costituzionalmente e parlamentarmente esemplare del Presidente Mattarella.

Nello stallo magmatico della scelta per il Quirinale, uno stallo reso ancora più drammatico dalla recrudescenza della pandemia, sindacati, imprenditori, regioni, comuni, Parlamento ed istituzioni attendono soprattutto di intravedere quali concrete prospettive di governabilità vi siano senza Draghi a Palazzo Chigi o con un Premier in regime di coabitazione con un Presidente della Repubblica eletto da una maggioranza sostanzialmente diversa da quella che sorregge il Governo.

Il rischio più grave, che viene paventato è quello di spingere Draghi a candidarsi al Colle e poi di bruciarlo a colpi di franchi tiratori. Un rischio remoto perché esorcizzato dall’istinto di conservazione dei parlamentari consapevoli che per ottenere la pensione devono restare in carica fino alla scadenza della legislatura o almeno fino al 22 settembre 2022. Tutti due, come gli attuali numeri due di Palazzo Chigi, i Ministri dell’Economia e dello sviluppo, Daniele Franco e Giancarlo Giorgetti, che figurano ai vertici del totonomi per la premiership dell’eventuale governo della continuità con Draghi al Quirinale. Un esecutivo di unità nazionale con maggioranza analoga all’attuale o variabile.

Dipende dall’aggregazione in vista delle politiche del 2023 di una nuova forza politica di centro che secondo gli ambienti politici accorperebbe parte della Lega, dei 5 Stelle, Forza Italia, tutti i parlamentari di Italia Viva, esponenti del Pd e buona parte del gruppo misto. Una tendenza a scomposizioni e riaggregazioni e a dar vita a formazioni omogenee, a nuove coalizioni o come vengono definite in Francia rassemblement, che sta caratterizzando l’ultimo scorcio della legislatura. Un amalgama che in prospettiva potrebbe determinare la formazione di un partito che fa direttamente o indirettamente riferimento a Mario Draghi.

Un epilogo ancora tutto da scrivere e che in ogni caso rappresenterà una svolta per il Paese. Una svolta da effetto alba o da notte della Repubblica.versa da quella che sorregge il Governo.

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Gianfranco D'Anna
Gianfranco D'Anna
Fondatore e Direttore di zerozeronews.it Editorialista di Italpress. Già Condirettore dei Giornali Radio Rai, Capo Redattore Esteri e inviato di guerra al Tg2, inviato antimafia per Tg1 e Rai Palermo al maxiprocesso a cosa nostra. Ha fatto parte delle redazioni di “Viaggio attorno all’uomo” di Sergio Zavoli ed “Il Fatto” di Enzo Biagi. Vincitore nel 2007 del Premio Saint Vincent di giornalismo per il programma “Pianeta Dimenticato” di Radio1.
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