Nella Cina sempre più in stato d’assedio sanitario, il Presidente Xi Jinping scende in campo personalmente e, mascherina ben in vista, si fa misurare davanti alle telecamere la temperatura durante una scenografica ispezione ad un centro di controllo e prevenzione contro l’epidemia a Pechino.
Oltre a galvanizzare i cinesi, la mobilitazione del leader assoluto del regime comunista e della Repubblica Popolare evidenzia che la situazione è oltremodo pesante e la diffusione dei contagi della sindrome respiratoria acuta, spesso mortale, è ormai esponenziale.
La situazione in Cina “rimane molto grave” ammette infatti Xi Jinping che aggiunge: ” occorrono ferma fiducia, forte determinazione e misure più risolute” per vincere la guerra del popolo contro l’epidemia di coronavirus” che secondo le stime ufficiali, da molti ritenute fortemente ridimensionate, ha già provocato oltre 40 mila contagi accertati e più di 1000 morti nel Paese.
Il presidente Xi Jinping si è fatto riprendere dalla tv di stato e le sue dichiarazioni rilanciate dall’agenzia Xinhua saranno per giorni su tutte le prime pagine e le aperture dei Tg e dei media cinesi.
Xi è stato in visita anche all’ospedale Ditan, una delle strutture di Pechino adibite alla cura dei malati di polmonite da coronavirus, dove ha indossato il camice bianco e si è collegato in video-chiamata con i medici e il personale sanitario degli ospedali di Wuhan, la città da cui si è diffusa l’epidemia.
Nessun accenno alla quasi paralisi dell sistema economico e produttivo della Cina. Una paralisi accentuata dal progressivo isolamento del paese e dal forte rallentamento degli interscambi economici, commerciali e turistici.
I bollettini medici ufficiali riportano la cifra di 1000 vittime cento delle quali decedute nelle ultime ventiquattro ore. Domenica è stata la giornata che ha fatto registrare il maggior numero di vittime. I dati sono quelli diffusi da Pechino alla mezzanotte di domenica. Delle 100 persone decedute a causa del coronavirus 91 erano nella provincia dell’Hubei, di cui è capoluogo Wuhan, che rimane l’epicentro dell’epidemia ed è in quarantena dallo scorso 23 gennaio.
I contagi sono esattamente 40.171. Tra costoro, i casi gravi sono 6.500 e quelli guariti e già dimessi dall’ospedale sono 3.281. A questo proposito, il portavoce della Commissione nazionale della sanità, Mi Feng, ha fatto notare che il tasso di recupero dalla nuova polmonite al momento è dell’8,2%, rispetto all’1,3 del 27 gennaio.
La Commissione cinese ha segnalato anche di aver tracciato le condizioni sanitarie di 399.487 persone che sono stati a stretto contatto con i contagiati; e di questi 187.519 sono ancora sotto osservazione.
Il ministero degli Esteri ha infine specificato che a 27 cittadini stranieri è stato diagnosticato il nuovo coronavirus, e di questi tre hanno recuperato, 22 sono ancora sottoposti a cure e due sono deceduti. I morti sono uno statunitense e un giapponese, deceduti rispettivamente il 6 e l’8 febbraio, entrambi nella provincia dell’Hubei.
Sono 438 in 27 Paesi i casi di coronavirus accertati fuori dalla Cina. Ecco in dettaglio l’elenco.
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Australia (almeno 15 casi)
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Belgio (almeno 1 caso)
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Cambogia (almeno 1 caso)
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Canada (almeno 7 casi)
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Finlandia (almeno 1 caso)
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Francia (almeno 6 casi)
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Germania (almeno 14 casi)
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Hong Kong (almeno 38 casi, 1 morto)
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India (almeno 3 casi)
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Italia (almeno 3 casi)
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Giappone (almento 161 casi, compresi 135 su nave in porto)
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Macao (almeno 10 casi)
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Malaysia (almeno 17 casi)
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Nepal (almeno 1 caso)
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Filippine (almeno 3 casi, 1 morto)
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Russia (almeno 2 casi)
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Singapore (almeno 34 casi)
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Corea del Sud (almeno 27 casi)
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Spagna (almeno 2 casi)
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Sri Lanka (almeno 1 caso)
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Svezia (almeno 1 caso)
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Taiwan (almeno 18 casi)
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Thailandia (almeno 32 casi)
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Emirati Arabi Uniti (almeno 7 casi)
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Gran Bretagna (almeno 8 casi)
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Usa (almeno 12 casi)
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Vietnam (almeno 13 casi).
Fonti: Agi Ansa e Adnkronos