Libia buco nero di guerra e terrorismo nel Mediterraneo, tormento e complesso di colpa dell’Italia.
“L’accordo con il governo di Tripoli é stato rinnovato scegliendo la strada più obliqua e meno efficace. L’urgenza di porre fine alla guerra civile non è stata affrontata come la gravità della situazione richiederebbe, non solo al nostro Paese ma all’Europa” denuncia l’analista di strategia militare e di geopolitica, Arduino Paniccia, Presidente della Scuola di Competizione Economica Internazionale di Venezia.
- Aggiornare il memorandum con la Libia e poi?
Circoscrivere l’approccio dell’Italia solo alla tragedia dei migranti non basta. È cinico ed ha effetti temporanei e lascia irrisolti il problema dei problemi della Libia: l’implosione del paese più ricco dell’Africa che rischia di diventare l’avamposto del terrorismo nel centro del Mediterraneo. Il semplice rinnovo non basta. È essenziale un nuovo piano per la Libia. Un piano economico, militare, di sicurezza infrastrutturale.
- Situazione degli scontri?
Come in Siria, la guerra civile libica non vede ormai nessuna delle due parti prevalere. Ma il campo di battaglia, ovvero l’assedio di Tripoli, vede crescere la presenza di droni da battaglia, raid aerei e soprattutto di contractors, tra cui primi per addestramento e durezza sono i componenti del battaglione Wagner che farebbe riferimento direttamente al Cremlino. Oltre ai reparti di truppe speciali egiziane, alleate di Haftar anche se addestrate negli Usa, e guerriglieri provenienti dalla fascia dei paesi del Sahel da sempre presenti in Libia.
- Possibili soluzioni e vie d’uscita?
Il pallino resta mani italiane, anche se dobbiamo riparare i danni fatti dai francesi e a quelli provocati dal ritiro degli Usa, vigilare sull’instabile situazione egiziana e supplire alla totale incapacità della Ue di occuparsi seriamente della difesa dei propri confini con un Corpus di norme europee sulla sicurezza. Tra l’altro ormai si è capito che neppure Haftar è la soluzione. Per molti motivi lunghi da elencare il Feldmaresciallo non è accettato da Tripoli, Misurata e Sabrata, che hanno chiesto ai paesi europei compreso il nostro armi contraeree, controcarro, munizioni per continuare a combattere la loro guerra civile di milizie attorno alla capitale Tripoli.
- Ma Washington, Mosca, Parigi e Londra ?
Stanno a guardare dietro le quinte. Gli Stati Uniti perché autosufficenti energeticamente ed impegnati in Asia e Medio Oriente contro quel che resta dell’Isis, i Talebani in Afghanistan, il contenimento dell’Iran ed sostegno ai sauditi. Putin non può allungare troppo la propria logistica e aumentare a dismisura la presenza militare nel nord Africa. Francesi e inglesi perché alle prese con la Brexit, e le crisi interne e con l’Europa.
- E ipotizzabile un compromesso fra Haftar ed il governo di Tripoli presieduto da al-Sarrāj ?
Haftar potrebbe tornare utile nel caso i gruppi dei transfughi dell’Isis si piazzessero tra contrabbandieri, trafficanti di esseri umani e miliziani nel bel mezzo del Mediterraneo. In Libia ha rialzato la testa il gruppo di combattenti jadisti Chabab al Islam legati a Daesh che si sono infiltrati nelle aree costiere ad ovest del paese contigue a quelle degli scafisti e dei contrabbandieri. Così le milizie di Ansar al Sharia rifugiatesi nel Fezzan potrebbero riprendere forza insieme agli altri gruppi Jadisti sopraffatti e sconfitti nell ultimo triennio dalle forze di Haftar. Il nuovo califfo Al Qurashi avrebbe promosso un posizionamento più centrale e temibile nell’ambito della guerra civile, riproponendo aree governate dai miliziani dell’Isis, pronti ad un fronte comune con i guerriglieri del Saehel e quelli algerini.