La Libia implode nel sangue di una guerra civile senza vincitori ne vinti, che da quasi 10 anni stravolge un Paese nevralgico del Mediterraneo. Il massacro senza paternità ufficiali del centro migranti bombardato alla periferia di Tripoli, è l’immagine riflessa della quotidiana carneficina in corso attorno alla Capitale. L’immagine di una Libia a perdere che accumula orrori, rancori e macerie.
“Di fatto a tre mesi esatti dall’inizio dell’offensiva del maresciallo Khalifa Haftar la situazione si è fatta sempre più intricata” sintetizza l’editorialista Arduino Paniccia, Docente di studi Strategici e Presidente della Scuola di Competizione Economica Internazionale di Venezia.
Situazione ?
L’offensiva partita da Bengasi con impeto e con l’appoggio più evidente del Presidente egiziano al-Sisi e dei sauditi, e più discreto ma altrettanto determinante dei francesi, si è letteralmente arenata alla periferia di Tripoli e ora langue in una fase di stallo.
Europa, americani e russi ?
Dopo aver detto ad Haftar e ai suoi alleati armatevi e colpite, i Russi sembrano aver fatto un passo indietro. Trump, a fronte della ipotesi di un combattimento strada per strada casa per casa, come Raqqua e a Mosul, ha visto materializzarsi il peggiore spettro per un Presidente americano: la sindrome del Vietnam. Per scongiurare il rischio di trasformare Tripoli nella madre di tutti terrorismi a Washington in Europa e negli stati maggiori della Nato si sta quindi facendo strada la necessità che vada trovata una nuova soluzione che non sia la vittoria di uno dei due contendenti, ma una indicazione appoggiata dalla popolazione, ormai stremata dopo anni ininterrotti di guerre e caos, con elezioni da indire a primavera del 2020.
La scelta di un leader diverso da al-Sarrāj e da Haftar?
Certo Haftar controlla l ’80 % del paese e al-Sarrāj sta in piedi perché la potente milizia di Misurata non lo ha mollato. Serraj, che l’ Onu e Italia non hanno abbandonato, cerca di convincere tutti i suoi alleati di essere ancora l’uomo giusto. Ma scafisti, milizie pagate dagli scafisti e gli orrendi centri-lager di raccolta dei migranti sono sul suo territorio. Inoltre è chiaro che se dovesse risorgere l’Isis il terreno operativo del terrorismo islamico sarebbe certamente Tripoli e non Bengasi.
L’Egitto accetta di sacrificare Haftar?
Al-Sisi sta ingoiando il rospo, ma ha posto ben chiaro un limite invalicabile: non accetterà in nessun caso un Presidente dei fratelli musulmani. Per l ‘Egitto suonerebbe come una vera e propria dichiarazione di guerra.
E Parigi ?
I francesi impegnati nella caccia alle poltrone europee e a rafforzare l’asse franco tedesco si sono defilati dall’offensiva, anche se sottobanco continuano a sposorizzare Haftar.
Identikit del nuovo leader libico?
Profilo internazionale. In una Libia federata appaiono più spendibili i vice di Serraj, il Premier Abdullah al-Thani, l’ex Primo Ministro e avvocato per i diritti umani Ali Zeidan, o il Presidente dell’assemblea…..cirenaica Aguila Saleh Issa che dopo essere stato per due anni Capo dello Stato provvisorio è rimasto in carica come leader della Camera dei rappresentanti di Tobruk. Mentre ad Haftar verrebbe riservato il Ministero della Difesa di tutte le future forze armate e a Sarrāj un incarico diplomatico internazionale