Fra speranze, sollievi e timori per una ripresa della guerra su larga scala, il Libano rimane in bilico su una tregua che in realtà é solo una sconfitta e una resa degli Hezbollah.
Militarmente annientata dall’esercito israeliano che ne ha decapitato l’intero vertice, la milizia terroristica filo iraniana aveva costituito uno stato nello stato in tutto il paese dei cedri e bombardava quotidianamente Israele con missili e droni.
Ai tenui spiragli di pace libanesi potrebbe seguire l’analoga resa, camuffata da tregua, di Hamas a Gaza.
La martoriata striscia palestinese é stata trasformata in una gigantesca muraglia di scudi umani dai capi del gruppo terroristico che il sette ottobre dello scorso anno hanno compiuto il disumano raid nei kibbutz israeliani facendo scempio di donne, bambini e coloni.
Termini come cessazione dei combattimenti, tregua, trattative di pace sulle rive del mediterraneo orientale da oltre mezzo secolo rappresentano le fasi degli intermezzi, di mesi o di anni, fra conflitti continui e sempre più sanguinosi, alimentati del terrorismo islamico.
Dal crogiolo delle guerre mediorientali, l’alito della cessazione di bombardamenti e combattimenti si disperde sui cieli dell’Ucraina che da quasi tre anni resiste strenuamente all’invasione della Russia di Putin.
Una resistenza che, anche se in merito persistono perplessità, si appresta a mobilitare e arruolare i giovani dai 18 ai 25 anni per ampliare il bacino delle forze armate e i soldati in età da combattimento disponibili.
Prima di lasciare la casa Bianca il Presidente Biden ha disposto l’invio di nuovi cospicui armamenti che comprendono le batterie antiaeree Stinger e lanciamissili Himars.

Per bilanciare l’invio di circa 15 mila militari nord coreani a sostegno delle prime linee russe sul fronte del Donbass, Kyiv ha chiesto alla Corea del Sud l’invio di armi e di contingenti di soldati.
Una contrapposizione europea fra le due Coree, che assieme al coinvolgimento degli armamenti forniti a Mosca dall’Iran e dalla Cina, ha già trasformato l’invasione dell’Ucraina in una guerra glocal, locale e globale.
Nonostante l’intento pacificatore preannunciato in campagna elettorale dal Presidente eletto americano Donald Trump, le prime mosse della nuova amministrazione repubblicana rappresentano in realtà una doccia fredda per il Cremlino.
La nomina come inviato speciale per il conflitto fra Russia e Ucraina del Generale Keith Kellogg rappresenta la scelta di un veterano della guerra fredda e della contrapposizione all’Unione Sovietica, che Putin intende resuscitare come superpotenza.
