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I vampiri come metafora degli effetti patologici dei social

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Rubrica di critica recensioni anticipazioni

I cardini del pensiero Socrate Buddha Confucio Gesù

by Piero Melati

Sono stato parecchio tempo lontano dai social (chi se ne frega, direte giustamente voi) non solo perché leggevo o scrivevo, ma anche per disincanto.

Lo so, lo so: sono mezzi di passatempo, promozione o vetrina, ma non riesco mai a rassegnarmi all’idea che la vita sociale si sia ridotta quasi solo a questo.I vampiri come metafora degli effetti patologici dei social

Poi il mio ultimo romanzo, LOLA&VLAD * nel corso della stesura, mi ha riportato a riflettere su coincidenze, antenati, genealogie, discendenze, parentele spirituali oppure irrimediabili fratture tra creature umane (tutte cose che, da un certo punto in poi, sono presenti in quelle pagine), spingedomi a concludere che restiamo tutti, in ogni caso, legati come le dita di una mano. Spesso a nostra insaputa e persino contro la nostra volontà.

I siti Internet DEI vampiri digitali (e non SUI vampiri, il che é molto diverso) parlano spesso di argomenti del genere, che hanno il gusto e il sapore di altri tempi. Alcuni di costoro affermano addirittura che noi “umani” neppure ci accorgeremmo di queste misteriose connessioni che ci avvolgono e condizionano. I vampiri come metafora degli effetti patologici dei social

In effetti, i social di oggi potrebbero essere la riprova di tale pregiudizio: siamo sempre qui a spedirci cartoline tramite i post, certe volte anche a spiarci, quasi fossimo lontani parenti che non si ritrovano da tempo.

Eppure tendiamo a sottovalutare legami o similitudini più profonde che ci accomunano, che a volte ci legano persino nel significativo fastidio che a volte proviamo l’un verso l’altra/o.

Al tempo delle chat, invece, quando i “nickname” assicurarono un rassicurante anonimato, a volte i rapporti tra gruppi di chatters sfondavano schermi e tastiere.

Le stringhe di scrittura riuscivano a malapena a contenere una certa frenesia. Così, talvolta, trasbordavano nella vita vera. È l’esperienza da cui ho tratto LOLA&VLAD.

Oggi, nei post, nei like e nei commenti che facciamo, è come se ci incontrassimo per strada e ci sfilassimo il cappello per salutarci educatamente, ma sempre a debita distanza (quando non ci insultiamo o ci ignoriamo). La materia che ne resta è sempre estremamente fatua e volatile, quando non urticante.I vampiri come metafora degli effetti patologici dei social

Al tempo delle chat, al contrario, i destini talvolta si incrociarono. Spiegarne i motivi non è semplice. Non vorrei arrivare a dire che si perseguiva una qualche forma illusoria di “renovatio mundi ”, però non con i consueti strumenti della politica.

Resta il fatto che l’esplosione o l’implosione delle soffocanti identità individuali e degli abituali ruoli cui siamo chiamati in società, in quelle chat, fu molto significativa. Credo sia stata l’ultima volta in cui è stato effettuato un simile, struggente tentativo di riunirsi in una compagnia dell’anello.

Mark Fisher, filosofo e saggista britannico eclissatosi nel 2017, i cui scritti sono pubblicati in Italia da Nero editore e Minimum Fax, sostiene in “The weird and the eerie” che la figura del vampiro é diventata un lemma da “horror rassicurante”, fatto apposta per rendere innocua una sfera misteriosa della vita che, al contrario, rimane ignota e perturbante (e cita anche “Il disagio nella civiltà” del dott.Freud).

Per quel che vale, in proposito, ho scoperto a suo tempo un’altra teoria, opposta a questa apparente neutralizzazione del “perturbante” da parte della figura del vampiro.I vampiri come metafora degli effetti patologici dei social

Quest’ultima, é vero, nell’immaginario contemporaneo è diventata quasi un dispositivo da fiction piuttosto banale. Ebbene, in realtà, si sarebbe trattato di un piano ben congegnato, messo in atto a bella posta.

Più che di una teoria, si tratterebbe di una strategia di elusività, perseguita perché essenziale al proprio indispensabile mascheramento.

Questa strategia, che viene avanzata già nel preambolo di LOLA&VLAD, mi sono limitato a riferirla, grazie a frammenti e confidenze raccolti a suo tempo negli anfratti più tenebrosi della Rete.

Essa vedrebbe al centro, come simbolo, la figura dell’attore Bela Lugosi, il primo Dracula del grande schermo.

Sarebbe stato Lugosi il capostipite di coloro che si mascherano rivelandosi, oppure viceversa, confondendo irreparabilmente le acque.

Tuttavia, quando a suo tempo avvistai questa sorta di darwiniana strategia di sopravvivenza, e successivamente ne chiesi cautamente conferma, mi venne lanciato l’interdetto a non divulgarla. Tanti anni dopo non l’ho più rispettato. I vampiri come metafora degli effetti patologici dei social

*Il fulcro di LOLA&VLAD il romanzo “particolare” di Piero Melati é l’amore di due giovani – Lola e Vladimiro – conosciutisi su una chat. Ma c’è un ma: quella chat é infestata da vampiri. Vampiri? Esistono davvero? L’interrogativo é secolare. In questo caso, forse, si tratta di un gioco di ruolo virtuale, poi debordato nella realtà col rischio concreto che si possano risvegliare immondi Nosferatu. Per tentare di fermare questo risveglio si forma una compagnia di ragazze e ragazzi che approda in una Palermo virtuale, diventata una “zona morta” e una “terra di nessuno”…

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Piero Melati
Piero Melati
Palermitano, Giornalista professionista, per molti anni viceredattore capo de “Il Venerdì di Repubblica”, si occupa di attualità e cultura. Ha seguito per il giornale “L’Ora” di Palermo la guerra di mafia e il primo maxiprocesso a Cosa Nostra. Con “la Repubblica” ha aperto le redazioni locali di Napoli e Palermo ed é stato viceredattore capo della cronaca di Roma. È autore, con Francesco Vitale, del libro Vivi da morire (Bompiani 2015).
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