C’è l’immagine riflessa di un passaggio ideale della Premiership del centrodestra, e insieme del tramonto di un’epoca, nel faccia a faccia di un’ora e un quarto fra l’ex Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e la Premier in pectore Giorgia Meloni. Una svolta storica e politica destinata a incidere nell’assetto istituzionale del Paese e nei rapporti internazionali.
L’avvio del vertice sancisce in pratica la fase di rullaggio che precede il decollo del Governo Meloni, perché rappresenta il concreto avvio della messa a punto di un esecutivo al massimo livello della competenza, dell’efficienza e del garantismo, come richiesto dalla vincitrice indiscussa delle elezioni del 25 settembre. “Nulla di personale Giorgia” avrebbe esordito con un ampio sorriso il Cavaliere all’arrivo a via della Scrofa, stringendo la mano alla padrona di casa, scesa nell’atrio del palazzo per accoglierlo.
Dopo il corto circuito dei giorni scorsi, c’è attesa e insieme curiosità negli ambienti parlamentari per l’escamotage dialettico-mediatico col quale sarà sublimato lo strappo della mancata partecipazione di Forza Italia all’elezione alla Presidenza del Senato del trasversale esponente storico di Fratelli d’Italia Ignazio La Russa. Che è stato ugualmente eletto col concorso di ben 17 franchi tiratori all’incontrario dell’opposizione. Quasi lo stesso numero di Senatori del gruppo di FI a palazzo Madama. Pressato all’interno ed all’esterno del partito e del nucleo familiare, Berlusconi è stato messo di fronte alla responsabilità che per scongiurare un’impasse istituzionale e la scissione di FI era essenziale raggiungere un accordo con Giorgia Meloni, accantonando le richieste ministeriali per la Senatrice Licia Ronzulli.
Così dopo l’elezione col concorso di Forza Italia del Presidente della Camera, il leghista Lorenzo Fontana, accettare di recarsi a via della Scrofa è stato già un modo per Berlusconi per scusarsi con Giorgia Meloni per le tensioni di Palazzo Madama e soprattutto per manifestare concretamente che intendeva rimettersi in carreggiata con la maggioranza di centrodestra.
In primo piano, nel faccia a faccia Berlusconi Meloni l’attribuzione a Fi, assieme agli altri Ministeri come gli Esteri per Antonio Tajani, l’Università, la famiglia e probabilmente la Salute, soprattutto della Giustizia. Un dicastero chiave per l’ulteriore riforma del complesso sistema giudiziario e la scelta dei 10 componenti laici del nuovo Csm che dovranno essere eletti dal Parlamento.
Visto da parte di Fratelli d’Italia, lo scenario speculare della settimana decisiva per la formazione del 68° Governo della Repubblica presenta prospettive altrettanto delicate. Nessuno si nasconde le problematiche in progress di un’alleanza con Silvio Berlusconi e Matteo Salvini, due leader finora assoluti dei rispettivi partiti. I timori che agitano il primo partito d’Italia sono quelli di improvvisi scarti politici, anche su tematiche internazionali, come quelli che hanno provocato la repentina caduta del governo Draghi. Prospettiva politica al limite della fantascienza, ma matematicamente possibile e che avrebbe tuttavia già attivato, come si è visto per l’elezione di La Russa, contromosse di ampia portata. Anche se smentita da più parti, si potrebbe cioè prefigurare la formazione di una ampia maggioranza di governo per fronteggiare la cronica emergenza del Paese ed i contraccolpi purtroppo crescenti delle concentriche crisi energetica, economica e sociale. Una grosse koalition alla tedesca, come quella che ha consentito alla Germania di imporsi economicamente in Europa e nel mondo e che prova la lungimiranza di Angela Merkel, la leader alla quale sembra rapportarsi il piglio politico di Giorgia Meloni.
Oltre che politico, il fatto che Berlusconi si sia recato a via della Scrofa per ricucire con Giorgia Meloni ha assunto inoltre un significato simbolico rilevante, che non si esaurisce nella contingenza politica legata alla formazione del nascituro governo. Il quartier generale di Fratelli d’Italia é infatti l’unica sede di partito che ha superato indenne il passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica, quando le alterne fortune delle forze politiche travolte dal ciclone giudiziario di tangentopoli o elettoralmente eclissatesi, provocarono l’abbandono o il trasloco di sedi entrate nella mitologia delle cronache politiche. Dal cosiddetto “Bottegone” comunista in via delle Botteghe Oscure, alla sede della sede Dc di Piazza del Gesù, a Via del Corso dove fino all’era Craxi aveva la sede il Psi a via Frattina e piazza dei Crapettari baricentri del Partito Liberale e dei Repubblicani. Fino al Palazzo Grazioli residenza-ufficio di Berlusconi e di Forza Italia. Sedi entrate a far parte della storia politica del paese. Storia che oggi continua ad annoverare soltanto il quartier generale di Fratelli d’Italia in via della Scrofa. Una sede di partito rimasta immutata fin dai tempi di Giorgio Almirante e che con la visita di Berlusconi ha ricevuto un palese riconoscimento nell’ambito del potere politico.