Rubrica settimanale di posta storie di vita e vicende vissute
by Dino Petralia
Nel preciso contatto tra mare e cielo c’è una linea che non è soglia né confine, né limite né varco. Ma una concessione, che il cielo fa al mare per ingraziarsi il colore; e il mare al cielo per riflettere i suoi moti. In quello skyline del nulla, che non separa ma aggiunge, l’orizzonte corre come tracciato piatto di un battito muto e perenne.
Se però è la terra a toccare il cielo, l’incontro diventa confine e ogni concessione è annullata; i destini dei due luoghi si separano e così pure i colori dei margini, rasentando l’indifferenza.
Se cielo e mare sono conseguenze reciproche, riverbero il primo del secondo e viceversa, cielo e terra sono invece essenze autonome, senza confusioni cromatiche, ignoti dirimpettai di luce e buio. E l’orizzonte, da collante immaginario acceleratore d’infinito, da sacerdote di eterni sponsali, diventa distacco, testimone di finitezze.
L’orizzonte però è di tutti. Basta puntare lo sguardo in fondo al mare o dove l’occhio giunge alle terre più lontane per scorgere quel margine comune al cielo.
C’è poi un orizzonte altrettanto fascinoso ed è anch’esso una linea, una barra. È invisibile questa volta; ed è il sogno che ci appartiene, diverso per ciascuno, ma anche il limite che ci contiene. Codifica le nostre direzioni, plasma i desideri, in un _cocktail_ visionario destinato a non essere mai lo stesso.
E tuttavia esiste un interscambio tra i due orizzonti, qualcosa di miracoloso e di sorprendente, che ne fa l’uno al servizio dell’altro. Basta fissare l’orizzonte visibile, ovunque esso sia, al tramonto del sole, e subito, come per magia, si diventa sognatori.
Cielo, mare, orizzonte: coefficienti essenziali dell’inimmaginabile che, ad occhi aperti, sogniamo diventi possibile. Una sorta di Stargate inconscia fra anima e infinito, sogni e realtà. Un’infinità dei possibili che con la loro combinazione e scomposizione danno vita alla realtà.