Cuore & Batticuore
Rubrica settimanale di posta storie di vita e vicende vissute
by Valeria D’Onofrio
Per uscire di scena ed entrare nel mito Mina non si cambiò neppure d’abito, si lasciò addosso il vestito di jersey nero del concerto, ancora intriso degli spasmi deliranti del pubblico.
Non sempre la libertà sceglie i colori, soprattutto se è nel buio che deve dileguarsi. E quella notte, lei, si stava dileguando, per farsi largo nella sua vita. Le stava spalancando le braccia nella più sorprendente e inaspettata delle interpretazioni.
Una voce, per quanto unica, non giustifica il saccheggio di un’esistenza e lei cercava di riprendersi la sua con la forza del silenzio.
Solo poco prima, nell’annunciarla, Walter Chiari l’aveva presentata così: “e adesso arriva una donna vera, con i suoi anni veri e i suoi sbagli veri”.
Ecco cos’era Mina, una Donna. Una di quelle non ripetibili. “Innocente e diabolica”, come l’aveva definita un giorno Oriana Fallaci. E il pubblico lo sapeva. Era questo ad averlo attratto da subito. Quel concentrato di personalità, impastata di libertà, in grado, con i suoi acuti, di mandare in frantumi i cristallizzati assetti del vivere comune.
Quegli urli, che spazzavano via a colpi di decibel i flautati gorgheggi dell’epoca, erano stati il suo biglietto da visita. Avevano presto dato la cifra di un personaggio che era lì innanzitutto per vivere, anche se sembrava dovesse esserci solo per cantare.
La sua musica, prima ancora che la colonna sonora di un Paese, è stata lo specchio della sua anima, ma non il solo. Perché lei, Mina, si specchiava nelle sue emozioni, le assecondava, e lo faceva, indifferentemente, in pubblico come in privato, non riconoscendo ai due mondi alcuna indipendenza. Uno stile che doveva necessariamente attrarre su di sé l’attenzione di chi, più o meno segretamente, ambiva a quella libertà dell’anima, ma anche di chi, a quella stessa libertà, aveva ormai rinunciato e non se ne era neppure accorto. Non le ci volle molto, dunque, a diventare eroina e peccatrice, una ‘generatrice di interesse’ che presto cominciò a virare verso la morbosità.
Entrare nella vita di una donna viva, cosa c’era di più intrigante? Occhi e indice erano indifferentemente puntati su di lei come un mirino, su quel suo privato che era di tutti, come fosse il testo di una canzone. I suoi sentimenti, mai nascosti, venivano scandagliati, giudicati. Ma, soprattutto, censurati. E non perché li provava, ma perché non ne provava vergogna. Mina non si vergognava di amare un uomo sposato, non si vergognava di aspettare un figlio da lui. O di sposarne uno conosciuto appena 15 giorni prima, e renderlo padre. Non si vergognava di quella felicità piena sulla quale la morale le avrebbe fatto volentieri uno sconto, se solo l’avesse tenuta segreta. Ma la clandestinità è un qualcosa che non appartiene ad una natura libera, vera. La clandestinità è per temperamenti che hanno paura delle emozioni, non per quelli che le cercano per poi assecondarle, lasciando loro lo spazio che chiedono, anche a costo di scoprirsi nudi.
“Mina é il profumo di un secolo – ha detto Ermanno Olmi – e ha il fascino dell’inafferrabile”. Inafferrabile, sì, e non da quando non possiamo più vederla, ma da allora. Soprattutto allora, quando tutti credevano di averla in pugno, solo perché la seguivano, la spiavano, ne conoscevano a memoria le canzoni, ne intuivano gli amori. Mina e’ stata inafferrabile perché e’ stata sempre se stessa, perfettamente imperfetta. E questo ne ha fatto un’icona prima di tutto per le donne, che in lei si sono cercate e che l’hanno scrutata, magari per copiarne il look, nella segreta speranza di rubarne il coraggio. Anche quello della debolezza.
Gioiosa, vivace, ironica, ma anche innamorata, sensuale, erotica… Mina ha scelto la sua vita e l’ha indossata, poi l’ha messa nelle sue canzoni e ha indossato anche quelle. E sempre e solo quelle che ha voluto. La musica e’ stata la sua seconda pelle, qualcosa che ha aderito perfettamente alla donna che diventava. È per questo che oggi, riascoltando in ordine cronologico le sue interpretazioni, scorriamo la sua vita, ne cogliamo la naturale, disarmante, armoniosa, crescente intensità. Privilegio esclusivo, concesso solo a chi si cerca veramente.
Ed e’ carica di tutta questa vita, e di quella ancora da vivere, che quella sera del 23 Agosto del 1978 Mina sale sul palcoscenico del Bussola domani. Non a caso, lo stesso da cui aveva cominciato…
Sudata, giunonica, scuote i capelli, spalanca le braccia. Ride del suo sorriso di sempre, sincero e ammiccante e, tutto d’un fiato, da’ corpo e carne alla sua musica. Un’ultima volta. Lei sa perché è lì. Lo ha capito stando… li’. Un’illuminazione, un’urgenza, che non chiedono stucchevoli refrain. Una strofa, una sola puo’ bastare… E per dileguarsi nella notte del per sempre, quell’abito di jersey nero è, semplicemente, perfetto.
Inversamente proporzionale al trascorrere degli anni, il mito di Mina lievita nel tempo e nella memoria di tutti coloro che l’hanno seguita ed amata “in diretta” da giovani e anche di quanti la ascoltano e la ammirano nei revival. Per un altra leggenda della canzone italiana, Fabrizio De André : “la voce di Mina é un miracolo. Credo che lei sia nata con la musica nel DNA. E’ come se avesse avuto una memoria prenatale della musica. Un fenomeno tipico della genialità, quello di sapere prima di conoscere. Te ne accorgi quando la senti cantare perché le sue evoluzioni vocali, le picchiate, i glissati, i grappoli di note in brevissimi intervalli di tempo, le svisature della melodia sono assolutamente spontanee”. Solitaria e irrequieta, fin dagli esordi della sfolgorante carriera iniziata nel 1958, sul palco della Bussola di Marina di Pietrasanta, la sua voce é talmente totalizzante che viene travolta dal successo. Le sue canzoni scalano le hit parade e conquistano il mondo. Un crescendo inarrestabile fino alla scelta di abbandonare le scene all’apice del successo, 46anni addietro. Da allora, come sottolinea la giornalista ed autrice radiotelevisiva Valeria D’Onofrio, é rimasta la sua voce unica e inconfondibile, che non ha mai smesso di incantare il pubblico per la straordinaria estensione vocale. Considerata una mezzo soprano, in falsetto Mina riesce a salire di quasi tre toni, per cui secondo gli esperti il suo florilegio vocale é composto da 40 semitoni. La sua grande abilità é quella di spostarsi fluidamente tra i diversi registri ed eseguire con facilità sia le note basse che quelle alte. Questo le ha anche permesso di interpretare brani di vari stili (pop, rock, jazz, blues, musica leggera e classica) adattando la sua voce alle esigenze di ogni genere e mantenendo sempre la sua identità vocale. Una magia immortale, che commuove profondamente quando compare nelle immagini di repertorio che la mostrano al culmine del fascino e delle inarrivabili capacità canore. Una Mina grande grande grande…