Pubblichiamo l’intervista di Gianfranco D’Anna all’economista Quadrio Curzio apparsa domenica 3 luglio sul “Il Giornale di Sicilia”
Estate di svolte per l’Europa e l’Italia. Strette fra lo stress test della Brexit e l’incognita del referendum costituzionale, Bruxelles e Roma lanciano oltre l’orizzonte dell’autunno una serie di provvedimenti economici a difesa del sistema creditizio e per stimolare la ripresa.
Mentre a dieci giorni dall’ultimo valzer sul Tamigi, i vantaggi per l’eurozona dell’uscita della Gran Bretagna sembrano decisamente prevalere sugli svantaggi. Come dimostra la fuga da Londra di compagnie aeree, banche, marchi e agenzie europee. Ancora incerte invece le prospettive per l’Italia e il Mezzogiorno: ”per il turismo l’unico relativo contraccolpo può essere rappresentato dalla svalutazione della Sterlina” spiega l’economista e Presidente dell’Accademia dei Lincei Alberto Quadrio Curzio.
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- Non tutta la Brexit viene per nuocere ?
“Fino adesso, a parte l’iniziale marasma dei mercati finanziari, gli unici effetti negativi riguardano la Gran Bretagna. Effetti calcolati abbastanza accuratamente in uno studio dell’Organizzazione per la sicurezza e la operazione in Europa. Secondo l’Osce, il Regno Unito subirà una perdita di Pil variabile fra il 3% entro il 2020 , pari a 2200 sterline per famiglia, e quasi l’8% entro il 2030, equivalente a 5000 sterline per famiglia. Gli effetti sull’Italia e su tutti gli altri Paesi della eurozona sono ancora abbastanza ipotetici. Draghi ha parlato di un ridimensionamento della crescita del PIl dello 0,5% nei prossimi tre anni. L’italia esporta circa 23 miliardi, pari al 5% delle sue esportazioni totali, verso UK ed è uno dei paesi meno influenzati dagli effetti economici.”
- Ma l’Europa non ha nulla da farsi perdonare?
”Non poco. La politica economica europea durante la crisi, incentrata sul rigore e trascurando la crescita, è stata sbagliata. Adesso c’è qualche apertura sia in termini di flessibilità di bilancio che con i 315 miliardi del piano piano Juncker per rilanciare la crescita, ma è ancora troppo poco. Ci vorrebbe una grosso impulso agli investimenti infrastrutturali finanziati con la emissione di eurobond. Ma la Germania si oppone.”
- Germania dolens. Perché si parla sempre delle banche italiane e mai di quelle tedesche che hanno accumulato derivati a rischio per la spaventosa cifra di 50mila miliardi?
“Nei giorni scorsi Deutsche Bank è scesa in Borsa ai minimi da 30 anni perché ha in portafoglio derivati di valore di realizzo difficile da stimare, ma di importo pari a 15 volte il PIL tedesco. Un vulcano che però la vigilanza europea tratta come una benefica energia solare. Le banche italiane hanno invece crediti in sofferenza e deteriorati del sistema produttivo, che è economia reale ma che sono trattati dalla vigilanza europea come perdite certe. Quindi richiedono massicci aumenti di capitale che sono stati ripetutamente fatti, ma che adesso rischiano di non bastare. Tutte e due i sistemi bancari, italiano e tedesco, e l’intero sistema bancario europeo, soffrono dei tassi di interesse zero che hanno polverizzato la loro redditività. Però mentre Germania e Francia hanno ricapitalizzato e salvato molte banche con soldi pubblici e la Spagna lo ha fatto con un prestito del fondo salva Stati europeo, l’Italia sbagliando non l’ha fatto nel 2012 e 2013. Ed e adesso le viene precluso dalla regole europee sugli aiuti di Stato”
- Stabilità economica e scenari politici post referendum costituzionale?
“L’autunno non sarà facile. Temo che il referendum diventerà l’occasione per scaricare ostilità più o meno razionali sul Governo senza una chiara idea di cosa viene dopo. Sarebbe un guaio passare due anni prima delle elezioni nel 2018 con governi ponte, di garanzia, di transizione. La continuità governativa ha un grande valore economico in se e per essere rilevanti in Europa.
- Basterà per la Sicilia e il Mezzogiorno il previsto rilancio del turismo ?
“Dati recenti dicono che c’è una certa ripresa. Il mezzogiorno e la Sicilia hanno bisogno di un rilancio strutturale e il turismo è una delle componenti. In particolare la Sicilia è l’unica regione italiana ed europea che unisce località di interesse storico artistico, marittime, montane, agroalimentari. E’ un unicum che meriterebbe molto di più ma che non decolla. Tanto che secondo i dati del 2015 l’Isola è al settimo posto fra le regioni italiane per arrivi di turisti stranieri, con 2 milioni di visitatori circa a fronte del Veneto che ne ha 10 milioni. E’ difficile capire perché il 59% degli arrivi stranieri va nel nord Italia, il 29% al centro e solo il 12% nel sud”
- Come uscire dalla trappola mortale per il debito pubblico del disavanzo delle Regioni?
“I conti pubblici non vanno male, anche se un grosso aiuto arriva dai tassi di interesse compressi a livelli minimi dalla BCE. Bisognerebbe però essere più decisi sulla riconversione della spesa pubblica da spesa corrente a spesa per investimenti. Questo dovrebbe valere anche a livello regionale imponendo regole ferree fino al commissariamento automatico per le regioni deficitarie, a partire dalla spesa sanitaria.”
- Che apporto prevede per l’Italia dall’entrata nel consiglio di sicurezza dell’Onu, dalla presidenza di turno del G7 e dalla ritrovata centralità del Mediterraneo in seguito ai raddoppi dei canali di Panama e Suez?
“Un notevole apporto, anche se nel contesto europeo e internazionale l’Italia è già abbastanza ben posizionata. Il seggio all’Onu sia pure per un anno è dignitoso. La ripresa dei rapporti con la Russia è importante perché dimostra lungimiranza, specie in un periodo di terrorismo, nei confronti di uno Stato da cui dipende la stabilità mondiale. Mentre nel Mediterraneo con il caos in Libia la nostra posizione, finora debole, può diventare centrale per la ripresa dei traffici marittimi ma anche perché in tema di salvataggi dei migranti l’Italia è tra i paesi più efficienti ed umanitari e soprattutto è considerata una nazione che capisce i problemi dell’Africa mediterranea più di altri paesi europei”