Osservati in controluce i risultati delle amministrative, della Regione Calabria e delle suppletive parlamentari, prima ancora delle crepe del centrodestra e dei 5 Stelle, delle potenzialità del centrosinistra e delle vulnerabilità del Pd, evidenziano due dati preoccupanti. Quelli della notevole flessione dell’affluenza nazionale, scesa al 54,64%, e di Roma che si attesta al 48,8%. Dati che, anche se in parte attribuibili alle refluenze della pandemia, rischiano di incidere sul livello di standard democratico.
Mentre a latere dell’esito delle amministrative il Governo Draghi si rafforza e accelera il cammini delle riforme, la radiografia del voto mostra le svolte e tutte le evidenti patologie di partiti e schieramenti: dalla prevalenza del Pd, che segna un exploit cannibalizzando i grillini e tranne la Calabria dove si é presentato diviso, prevale al primo turno a Milano, Bologna e Napoli con Sala, Manfredi e Lepore e conquista il ballottaggio a Roma con Gualtieri; al successo personale di Enrico Letta nelle elezioni suppletive del collegio parlamentare di Siena. Un successo che marca la differenza col neo leader di 5 Stelle e alleato Giuseppe Conte che invece non se l’è sentita di rischiare la candidatura nelle suppletive del collegio di Primavalle a Roma. Nonostante la sottolineatura che Conte fa della netta affermazione al primo turno di Manfredi a Napoli, alla quale ha concorso soprattutto il Pd e l’opinione pubblica partenopea, a fronte dell11% di voti del Movimento, sul Tevere e lungo il Po si è assistito al naufragio dei 5 Stelle.
A Roma, incuria, rifiuti, cinghiali, buche e trasporti hanno presentato il conto a Virgina Raggi che da Sindaca uscente non solo non va al ballotaggio, ma vede insidiato il terzo posto fra i candidati all’outsider di successo Carlo Calenda proiettato alla conquista di un consenso nazionale. A Torino nonostante l’amministrazione uscente della Appendino, la candidata del Movimento, Valentina Sganga, non supera il 10%. Ancora peggio il risultato della candidata grillina di Milano, Lyla Pavone, al di sotto del 4%.
Centro destra double face: Lega e Fratelli d’Italia in rotta Milano, Napoli e Bologna e sulla difensiva a Roma e Torino pagano la carenza di classe dirigente e di candidati unitari e all’altezza. Forza Italia riconquista la Calabria, con Occhiuto, ma in campo nazionale patisce la debolezza dell’alleanza con Salvini e Giorgia Meloni. L’autocritica del segretario della Lega sottolinea gli errori della campagna elettorale, ma tace sul clamoroso errore di valutazione della scelta dell’avversario del sindaco uscente del centrosinistra Beppe Sala a Milano, capitale simbolo della rinascita italiana e della Lombardia governata dalla Lega. A Roma il ballottaggio deciderà l’esito incerto del paradossale duplice tentativo di autogol di Fratelli d’Italia e del Pd che, come evidenzia la bassissima affluenza al voto, hanno candidato due esponenti che non sono riusciti a scaldare il cuore e dei cittadini della Capitale.
L’uscita di scena di Virgina Raggi e la sconfitta di Torino avviano la difficile autoanalisi dei 5 Stelle che nel confronto dialettico fra i ghirigori giuridici di Conte e l’esperienza politica di lungo corso di Enrico Letta rischiano un epilogo da riserva indiana, con alcuni seggi elettorali sicuri attribuiti ai vertici del Movimento: dallo stesso Conte a Di Maio, a Roberto Fico ai Ministri Patuanelli e D’Incà. A dodici anni dalla fondazione dell’inedito e innovativo Movimento 5 Stelle da parte di Beppe Grillo e Gian Roberto Casaleggio non è proprio un grande epilogo. Ma come ripeteva Giovanni Giolitti, “il miglior sedativo per le smanie rivoluzionarie consiste in una poltrona ministeriale o parlamentare che trasforma un insorto in un burocrate”.