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Attilio Giordano e l’esemplare eredità di un grande giornalista

by Piero Melati

Storica colonna del Venerdì, mi ha definito con generosità Elisa Manisco, nella sua bella recensione a “Lola&Vlad” uscita sul magazine di Repubblica.

Una colonna del Venerdì diretto da Attilio Giordano, preciserei semmai, il cui spirito aleggia tutt’oggi in quelle pagine.

Attilio Giordano e l’esemplare eredità di un grande giornalista
Attilio Giordano

In questi giorni ricorrono i 70 anni della nascita di Attilio Giordano. Gli devo tanto, come maestro e come amico. Ma nostalgia e ricordi li lascio per me.

Tuttavia sono stati tra gli anni più belli della mia carriera giornalistica, non a caso terminata con la sua morte. Conservarne una qualche memoria potrebbe influire positivamente su quest’oggi squinternato e privo di riferimenti.

Attila (il suo soprannome) sconta verso di me un paio di colpe: mi fece immergere totalmente nel mondo dei libri, della cultura, dell’editoria e dei loro inconfessabili intrighi ma, nello stesso tempo, riaccese la corda pazza, quella degli anni siciliani dentro L’Ora. Un po’, in quel suo Venerdì, facevo le pagine di cultura e un po’ mi faceva viaggiare per scrivere di Sicilia e mafia.

Una regola del suo giornale: scrittori in copertina due, tre volte l’anno al massimo. Simenon, quando lo stesso Attilio si accorse che le ristampe Adelphi di Maigret erano arrivate a cento, interviste a Vargas Llosa, a James Ellroy, a Philip Roth. Poca letteratura italiana, non per puzza sotto il naso, ma per il relativo peso specifico. Con eccezioni: la riscoperta di Evangelisti, Trevi su Pasolini, Wu Ming (che mi valsero una lusinghiera  telefonata di Severino Cesari), l’ultima intervista ad Arbasino, Ammaniti, Saviano, Carofiglio nei vicoli della mala Bari, il lancio di Manzini, Corrado Staiano o Luciano Bianciardi, tanto Sciascia, le interviste-fiume a Roberto Calasso, la storia di Antonio e Olivia Sellerio, Michela Murgia candidata alle elezioni in Sardegna, il mistero di Elena Ferrante, moltissimo Camilleri (intere giornate trascorse nel suo salotto di via Asiago a fumare e conversare), la campagna su fatti&misfatti del Premio Strega.

Pochi libri nel resto delle pagine, anche qui con eccezioni (se erano di spunto per servizi più ampi o interviste) ma tanti, tantissimi libri in cultura, con rigorosa selezione delle uscite più significative e particolari. Formalmente ero il capo di quelle pagine, ma Attila le amava troppo e le ideava lui, poi mi chiamava e si passavano ore a confezionarle insieme.

Quasi sempre si tirava tardi, anche dopo la chiusura, a parlare con Ettore Boffano, che era il suo vice, Marco Cicala, Paola Zanuttini, Cristina Guarinelli. Qualsiasi fosse l’argomento, sembrava sempre che si dovesse portare a compimento un puzzle di ardua realizzazione. Ma ci si doveva comunque provare.

Quasi ogni giorno veniva a trovarci la parte migliore dell’editoria italiana: addette stampa strepitose quanto a conoscenza di retroscena editoriali, librai, editori, autori, direttori di collane. Abbiamo visto nascere 66thand2nd, Le Orme, NN, Big Sur e chissà quante altre nuove case editrici mi dimentico.Attilio Giordano e l’esemplare eredità di un grande giornalista

Il prodotto veniva fuori sempre collettivo, frutto di infiniti pranzi, cene e discussioni con elementi esterni alla stretta redazione, una sorta di sintesi dell’aria che tirava in quel momento. E questo si constatava con evidenza nelle pagine: non erano mai concepite in una torre d’avorio separata, non erano buche delle lettere. C’erano già i social e la crisi della carta, ma c’era anche la nostra donchisciottesca convinzione: la carta non morirà mai.

Niente amici degli amici, era la regola, vissuta con sarcasmo al vetriolo, che in genere smontava gli interlocutori eccessivamente pressanti.

Mai superare il dieci per cento di furti nei supermercati, fu il comandamento aureo. In questo eravamo avvedute massaie dell’editoria italiana. La lotta quotidiana contro gli sciasciani cretini intelligenti non era mai doma.

A un certo punto si passarono quasi nottate a cercare di individuare un ultimo grande vecchio che potesse radiografare dall’alto e in prospettiva la condizione della cultura e della vita sociale in Italia. Col senno di poi, significava che era scattato l’allarme e si andava cercando saggezza.

Alla fine Attila scelse Enzo Sellerio. Ma non facemmo in tempo a intervistarlo. Se ne era andato, come poco dopo andò via anche Attilio, nudo e avvolto in un sudario, secondo sua espressa volontà. Mai, nel vederlo così l’ultima volta, ho più avuto l’impressione di una creatura astrale che parte per un viaggio senza fine. A dire il vero, poi, un’altra volta l’ho incontrato. Ma non è il caso di parlarne…Attilio Giordano e l’esemplare eredità di un grande giornalista

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Piero Melati
Piero Melati
Palermitano, Giornalista professionista, per molti anni viceredattore capo de “Il Venerdì di Repubblica”, si occupa di attualità e cultura. Ha seguito per il giornale “L’Ora” di Palermo la guerra di mafia e il primo maxiprocesso a Cosa Nostra. Con “la Repubblica” ha aperto le redazioni locali di Napoli e Palermo ed é stato viceredattore capo della cronaca di Roma. È autore, con Francesco Vitale, del libro Vivi da morire (Bompiani 2015).
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