Bilanci e anniversari di guerra che si intrecciano fra l’Ucraina e Gaza.
A Kiev e Mosca più che il secondo anno della fallita invasione scatenata da Vladimir Putin, ci si accinge a commentare l’inizio della terza annata di massacri e bombardamenti.

“Non è ancora morta la gloria dell’Ucraina, né la sua libertà, a noi, giovani fratelli, il destino sorriderà ancora” intoneranno in lacrime cantando orgogliosamente l’inno nazionale, nella capitale e nelle città ucraine martoriate dai missili, dai droni e dall’artiglieria dell’armata russa.
”Con centinaia di migliaia di morti non si può fare festa, neanche per celebrare l’eroica resistenza che ha consentito di respingere l’invasione di Putin” dicono a Kiev, dove il nuovo comandante in capo delle forze armate ucraine, il generale Oleksandr Syrsky, assicura che rivedrà in profondità la strategia militare.

”Cambiare per vincere” dice Syrsky, 58 anni, considerato l’eroe dalla difesa della capitale dal blitz delle forze speciali russe che segnò l’avvio del tentativo di invasione. Il Generale conosce direttamente la mentalità e il background strategico dei vertici militari post sovietici perché come tutti gli alti ufficiali della sua generazione, nel 1965 ha studiato all’accademia dell’allora Armata Rossa a Mosca.
Nonostante la pressione offensiva russa a Kupiansk e Avdiivka, determinata dall’impellenza di offrire a Putin un minimo successo propagandistico da ostentare nella campagna elettorale per le presidenziali di marzo, la prima svolta del neo comandante ucraino sarà quella di colpire le retrovie e le linee di rifornimento dell’armata russa, molto più numerosa ma assai meno efficiente e combattiva delle forze di Kiev.
Cavalli di battaglia della Syrskystrategy saranno i droni d’attacco considerate le armi del futuro che hanno già spostato l’equilibrio bellico tra uomo e tecnologia. I droni non sono armi miracolose, ma semplicemente immediate, efficaci e a bassissimo costo, rispetto ai milioni e milioni di dollari necessari per i missili e i caccia supersonici e ai 100 mila dollari di ciascun proiettile d’artiglieria a guida Gps.
Lo hanno capito soprattutto i cinesi che stanno realizzando droni Fpv, First Person View, cioè con un sistema di pilotaggio remoto e visuale diretta, che hanno inedite caratteristiche anfibie. Underwater drone in grado di rimanere invisibili e sommersi per lunghi periodi a 30 o 40 metri di profondità, penetrare nei porti e risalire fiumi per poi emergere e colpire alle spalle il nemico. La lezione di Pechino é chiara: i conflitti futuri saranno sempre più decisi dai droni. E il Dragone intende essere in prima fila.
Sotto il cielo plumbeo del Cremlino, in attesa della scontata conferma delle elezioni farsa che gli assicureranno altri sei anni alla Presidenza della federazione russa, Putin ha evidenziato – secondo psicologi ed intelligence occidentale che hanno studiato l’intervista concessa all’ anchorman americano filo trumpiano Tucker Carlson – un comportamento e una espressività confusionari e contraddittori. Il contesto sconclusionato fa pensare alla consapevolezza di un bilancio fallimentare. “I bilanci sono come i bikini: le parti più interessanti restano nascoste”, dice una vecchia battuta.
La contraddizione più clamorosa riguarda l’offerta di pace in cambio del riconoscimento delle conquiste territoriali russe, rinunciando cioé all’invasione che fino al giorno prima era il conclamato obiettivo principale della sedicente operazione militare speciale. Gli osservatori più pessimisti ritengono tuttavia che Putin punti a fare esplodere il risentimento verso l’occidente che accordi simili provocherebbero nell’opinione pubblica ucraina, nonché a guadagnare il tempo necessario per riorganizzarsi e puntare alla destabilizzazione successiva dei Paesi Baltici prevedibile nel giro di 6 – 9 anni. “Se avete bisogno di tempo, il vostro scopo non può essere che falso” ripete un proverbio indiano.
Bilanci di guerra che grondano sangue anche in Medio Oriente. I ripetuti tentativi di Hamas di ottenere una tregua e di liberare gli ostaggi in cambio del rilascio di prigionieri palestinesi, fanno sospettare ad Israele che il gruppo terrorista temi particolarmente che l’esercito di Gerusalemme che sta per raggiungere Rafah possa scoprire i residui e più grandi bunker sotterranei dei fondamentalisti. “Israele non fermerà le sue operazioni nella Striscia di Gaza neanche dopo che tutti gli ostaggi verranno rilasciati” ha detto il ministro degli Esteri israeliano Yisrael Katz in un’intervista alla tedesca Bild.
