Quando un Dalai Lama muore, la successione procede non attraverso un Conclave o una selezione consultiva, ma mediante una reincarnazione trascendentale.
Nobel per la pace e simbolo mondiale di amore, compassione e saggezza unanimemente riconosciuto, il Dalai Lama, al secolo Tenzin Gyatso, ha compiuto 90 anni ed ha annunciato di avere predisposto che già dal momento della sua morte scattino le procedure per la successione, cioè la scelta di un erede nel quale reincarnarsi, come é accaduto in 14 occasioni dall’istituzione nel 1587 della carismatica figura della guida universale del buddismo tibetano.

Secondo la religione buddista, il Dalai Lama é la manifestazione terrena di un essere illuminato che attraverso la più alta esperienza spirituale dedica la vita ad aiutare l’umanità a liberarsi dalla sofferenza.
Quando scompare, le alte autorità religiose della comunità tibetana avviano ricerche e accertamenti per individuare la nuova manifestazione del Dalai Lama appena defunto, servendosi per questo anche degli oracoli, interpretando presagi e sogni.

Una volta che la nuova manifestazione viene identificata, solitamente quando é ancora un bambino molto piccolo, viene consacrato novizio e intronizzato ufficialmente, dando inizio al suo percorso di studi. Ma fino alla sua maggiore età il potere esecutivo é esercitato da un reggente.
E’ l’essenza di una profonda tradizione, radicata nell’animo dei buddisti tibetani che lo venerano come manifestazione vivente del dio buddista della compassione.
La decisione di avviare la successione della guida spirituale del Tibet irrita la Cina, che dal 1950 occupa militarmente la regione sul tetto del mondo dell’Himalaya e l’ha annessa alla Repubblica popolare, reprimendo nel sangue ogni tentativo di rivolta.
