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Il Dna dell’omertà racchiuso nel mistero della paternità della mafia

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Rubrica di critica recensioni anticipazioni

I cardini del pensiero Socrate Buddha Confucio Gesù

by Antonio Borgia

Una leggenda tramandata da secoli assegna la paternità delle tre maggiori mafie italiane ad altrettanti cavalieri spagnoli -i fratelli Osso, Mastrosso e Carcagnosso-, indicati quali membri dell’associazione segreta criminale «la Garduña» di Toledo, fondata nel 1412, longa manus dell’Inquisizione spagnola, avente quali peculiarità l’onore, i riti segreti, un codice etico e un forte legame con la religiosità.

Per aver vendicato la sorella, oltraggiata da un uomo protetto dal re di Spagna, i predetti furono condannati a scontare 29 anni, 11 mesi e 29 giorni di detenzione nei sotterranei del carcere del Castello di Santa Caterina, sull’isola di Favignana, nell’arcipelago delle Egadi, allora sotto il dominio aragonese.

Il Dna dell'omertà racchiuso nel mistero della paternità della mafia
Castello di Santa Caterina, sull’isola di Favignana

Qui si votarono a Gesù Cristo (Osso), a S.Michele Arcangelo (Mastrosso) e a San Pietro (Carcagnosso), scrivendo manuali di regole e discipline nonchè riti di affiliazione e ammissione di una nuova società.

Rimessi in libertà, si separarono. Osso rimase in Sicilia, fondando Cosa Nostra, Mastrosso si recò in Calabria, fondando la ‘Ndrangheta, e Carcagnosso raggiunse la Campania, fondando la Camorra.

Forse la leggenda è stata utilizzata per nobilitare le origini delle tre organizzazioni criminali ma, di fatto, ancora oggi, al loro interno, i cavalieri spagnoli sono oggetto di citazione, soprattutto nei segreti riti di affiliazione o di battezzo dei luoghi di riunione.

In alcuni libri, due massimi esperti di ‘ndrangheta, l’attuale Procuratore della Repubblica di Napoli –Nicola Gratteri– e il Prof. Antonio Nicaso, si soffermano su questo tema.

In “Male lingue. Vecchi e nuovi codici delle mafie”, gli autori segnalano che la storia della Garduña è presente nelle leggende e nei canti popolari della Calabria, concordando con altri studiosi.

In “Acqua santissima”, gli autori riprendono alcuni brani dell’interrogatorio di un collaboratore di giustizia calabrese che descrive il proprio giuramento e le parole utilizzate, richiamanti l’Arcangelo Gabriele, Santa Elisabetta e i fratelli spagnoli.

In “Storia segreta della ‘ndrangheta”, infine, si rivela che, ancora oggi, gli affiliati all’organizzazione promettono di emulare le gesta dei tre cavalieri, rappresentati come mito fondativo.

A conferma di ciò, nel libro di Ciconte, Macrì e Forgione “Osso, Mastrosso, Carcagnosso. Immagini, miti e misteri della ‘ndrangheta”, in cui è stato ottimamente approfondito il tema, si segnala l’avvenuto riferimento ai tre fratelli nel giuramento di fedeltà alla ‘ndrangheta, prestato da un diciottenne calabrese, nel ristorante italiano “Da Bruno” a Duisburg, in Germania, poco prima della famosa strage del 15 agosto 2007 che portò alla morte di sei uomini nell’ambito della faida di San Luca (RC) fra i clan dei Nirta-Strangio e i Pelle-Vottari.   Il Dna dell'omertà racchiuso nel mistero della paternità della mafia

Nella sentenza di primo grado (maggio 2020) del processo “Barbarossa”, riguardante le cosche di ‘ndrangheta operanti nella provincia di Asti, è riportata anche l’intercettazione di una conversazione telefonica fra due fratelli appartenenti al “locale” (cellula territoriale comprensiva di più ‘ndrine o famiglie) oggetto di indagini, in cui viene spiegata la procedura per il conferimento di una dote superiore (corrispondente al grado militare), cioè il rituale del taglio sul dito e l’evocazione della simbologia e delle figure dei tre cavalieri spagnoli Osso, Mastrosso e Carcagnosso.

L’esistenza o meno della setta criminale della Garduña di Toledo è stata oggetto di studi da parte di diversi storici e, addirittura, di una serie televisiva del 2018 -«La peste»-, ambientata nella Spagna del 1400.

Un articolo de «La Stampa» di Fabio Galvano del 12 gennaio 2020 ha segnalato l’assenza di documenti attestanti la sua creazione anche se i fautori dell’esistenza della setta asseriscono che sia stata, invece, diretta dal Gran Maestro Francisco Cortina ed i suoi membri noti solo a quest’ultimo (suddivisi in punteadores o assassini, floreadores o ladri, soplones o informatori, chivatos o apprendisti e aiutanti dei punteadores, sirenas o donne incaricate di attirare le vittime). Secondo la leggenda, poi, la setta si sarebbe estinta nel 1822 quando il Gran Maestro e 16 confratelli vennero giustiziati.

Come ricordato da un articolo di Antonella Falco sul sito Nazioneindiana, due studiosi, il britannico John Trumper e l’italiana Marta Maddalon (che hanno scritto il saggio «La costruzione del racconto: la «vera» invenzione della Garduña»), hanno confermato la presenza della storia della setta nelle leggende e nei canti popolari calabresi.

Addirittura, nel Codice (‘ndranghetista) di Pellaro, ritrovato e sequestrato in quel comune in provincia di Reggio Calabria nel 1934, avente quale titolo «Origine dei tre cavalieri di Spagna», si ha la netta impressione che la parte introduttiva sia stata ripresa dal testo del 1845 Misteri dell’Inquisizione ed altre società segrete di Spagna, di Victor de Fereal (pseudonimo della scrittrice tedesca Irene de Suberwik), poi tradotto anche in italiano.
Se così fosse, il codice della mafia calabrese sarebbe stato preparato attingendo a storie romanzate, evidentemente utili ad accreditare l’origine storica della ‘ndrangheta.

Secondo il giornalista Arcangelo Badolati (libro Santisti & ‘ndrine), il mito fondativo delle mafie italiane è stato, invece, letteralmente inventato dalla citata Irene de Suberwik, che scriveva in spagnolo perché appassionata di Miguel de Cervantes e di storie di avventura.Il Dna dell'omertà racchiuso nel mistero della paternità della mafia

A conferma di ciò ha ricordato che due importanti studiosi iberici -Leon Arsenal e Hipolito Sanchiz-, nel volume del 2006 Una historia de las sociedades secretas espanolas, abbiano smentito l’esistenza della setta di Toledo malgrado l’indicazione dello scrittore Marc Monnier, vissuto a Napoli per molto tempo e autore dei primi testi sulla camorra, circa la presenza nel Meridione d’Italia, nel 1600, di una setta criminale fondata sugli stessi principi della Garduña spagnola descritta dalla
de Suberwick.

Riepilogando, gli studiosi smentiscono ma i mafiosi, con le loro cerimonie segrete, rinnovano il giuramento alla propria associazione evocando, da duecento anni, i padri fondatori.

A meno di improbabili scoperte archivistiche,  il mistero sull’effettiva esistenza di Osso, Mastrosso e Carcagnosso, sembra pertanto destinato a non essere risolto. Leon Arsenal e Hipolito Sanchiz-, nel volume del 2006 Una historia de las sociedades secretas espanolas,

 

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Antonio Borgia
Antonio Borgia
Generale in pensione della Guardia di Finanza, ha prestato servizio in Sicilia dal 1979 al 1996, nel pieno della guerra di mafia e delle stragi di cosa nostra. Ha collaborato con diversi magistrati a Trapani e Palermo quali Dino Petralia, Ottavio Sferlazza, Carlo Palermo ed i Pm della DDA di Palermo allora guidata dal Procuratore Giancarlo Caselli, in particolare Alfonso Sabella. Attualmente é editorialista della Gazzetta di Asti.
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