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Il naufragio del veliero e la deriva del giornalismo

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Rubrica di critica recensioni anticipazioniIl naufragio del veliero e la deriva del giornalismo

by Sandra Figliuolo*

C’è un’imbarcazione di lusso, ancorata a Porticello. Si leva il maltempo e si genera una tromba d’aria, fenomeno violentissimo, non prevedibile e non precisamente localizzabile.

Ci sono i video e anche le testimonianze dei superstiti e di chi li ha soccorsi che l’affondamento della barca é avvenuto velocissimamente. Confermato anche che chi si è messo in salvo é riuscito a salire su un canotto di quella stessa nave.

Non c’è quindi nulla di misterioso, nessun giallo, ma tutti gli elementi invece di una tragedia, congiunture spaziotemporali di cui molto probabilmente nessuno può avere una colpa.

Naturalmente tutto questo a certi giornalisti non basta. La cronaca – nella sua terribile crudezza – non é sufficiente e bisogna per forza andare oltre, renderla ancora più terribile, anche al costo di aggiungere stupidaggini.

Il naufragio del veliero e la deriva del giornalismo
Sandra Figliuolo

Per esempio che esiste “un messaggio segreto” inviato alla protezione civile per informarla che “i sub hanno visto i cadaveri” nello scafo.

Fino a poche ore fa nessuno aveva visto un solo corpo lì dentro. Oppure che “l’albero si é spezzato”, salvo scrivere 24 ore dopo che invece é magicamente integro perché lo dicono sia la capitaneria che i vigili del fuoco. Ma allora prima la fonte chi era? Qualcuno ha pesato la sua attendibilità o ha fatto semplicemente lo stenografo?

O ancora che la “deriva” della barca era “alzata” o “semirialzata”, spingendosi ad ipotizzare – in mezzo a una tempesta che in pochi minuti ha fatto colare a picco un mostro del mare di 56 metri di lunghezza – un “errore umano”.

Io li invidio questi colleghi che scrivono di “deriva”, di “corpo morto” e che usano tutti questi tecnicismi perché, fino a poche ore fa, non sapevo neppure che una barca avesse una “deriva”.Il naufragio del veliero e la deriva del giornalismo

Me lo sono fatta spiegare e l’esperto (un vero esperto) che ho interpellato è stato chiarissimo: la deriva è come una pinna, che serve a dare stabilità all’imbarcazione. “Ce l’ha presente una pinna?”. Sì, ce l’ho presente. “E quando si usa questa pinna?”. “In navigazione, specie in caso di particolari condizioni meteo”. E se sono ancorata la devo usare o no? “In genere no, ma è una valutazione che si fa in base alle condizioni del mare e del tempo”. E se ce l’ho “alzata” o “semirialzata” mentre mi investe una tromba d’aria? “Se la investe una tromba d’aria, l’unica cosa che può fare è accendere i motori e cercare di allontanarsi oppure, più probabilmente, buttarsi su un canotto di salvataggio e mettersi in sicurezza”.

Ok, quindi è evidente che la posizione di questa “deriva” non ha alcuna rilevanza nella storia di Porticello, anche perché quella della barca affondata dovrebbe essere per giunta fissa, dunque impossibile – per il suo peso e le sue dimensioni – da movimentare. Ma allora perché è stata messa in giro questa storia della “deriva” e da chi soprattutto?

La fonte sono non meglio precisati “broker assicurativi”. Cioè c’è chi sta svelando i presunti “misteri” di un naufragio affidandosi non solo a chi non ha nessuno strumento al momento per sapere come effettivamente sia messa questa deriva in fondo al mare, ma ha invece grande interesse a trovare un responsabile a cui addossare colpe che eventualmente consenta di evitare di dover sborsare un pacco di soldi.

Come se di fronte a un incidente stradale, al posto di chiedere alla polizia o ai carabinieri, al massimo alla Procura, ci facessimo spiegare le cose dai periti assicurativi…

La deriva qui, quindi, non é quella della barca a vela, ma di chi fa questa professione in maniera indegna, che al posto di informare disinforma e si fa – magari inconsapevolmente, e sarebbe comunque grave – portavoce di interessi di parte.

Che della cronaca e delle verifiche se ne sbatte e cerca il titolo a effetto, il clic, la visibilità. Copia e incolla, l’importante è non pensare e non attivare il cervello per porsi domande.

Parallelamente, grazie a questo tipo di disinformazione, pullulano con facilità teorie del complotto. Persino di fronte a una tromba d’aria. Come dire che se in un terremoto muore una persona facoltosa, ci sono possibilità che quell’evento naturale sia stato provocato scientemente da qualcuno…

E il dramma ulteriore è che il presunto “mistero” e il “giallo” dell’estate, con l’immancabile Spectre a tirare le fila della trama meteorologica, sono nati dopo una notizia diffusa dal Times (parliamo di giornalismo anglosassone, faro di qualità nell’ambito dell’informazione per tutto il pianeta): il braccio destro del magnate morto sulla barca a vela a Porticello, 3 giorni prima è stato investito e ucciso da una macchina. Gli inglesi ne parlavano ovviamente come di “una tragica coincidenza”, in Italia è diventato il punto di partenza di un film di spionaggio.Il naufragio del veliero e la deriva del giornalismo

Intanto ci sono 7 morti, centinaia di persone impegnate da giorni ormai nelle ricerche e che stanno superando ostacoli assurdi per fare il loro dovere. E noi siamo qui a scrivere stronzate…

“Mare mare mare voglio annegare, portami lontano a naufragare, via via via da queste sponde, portami lontano sulle onde…”. Tutto il resto é dozzinale.Cronaca di un doppio naufragio: quello del veliero inglese Bayesian e quello della degenerazione del giornalismo

*Sandra Figliuolo Giornalista professionista, cronista giudiziaria presso PalermoToday, componente del Consiglio di disciplina dell’Ordine dei Giornalisti di Sicilia

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