Le vacanze sono vacanze, lo capisco. Ma è intelligente passarle solo per non pensare, anziché anche per fare il punto sulla nostra vita, approfittando di una sospensione momentanea dei ritmi ossessivi quotidiani?
Sulla nostra vita: intendo di ciascuno/a di noi, intendo anche di noi come umanità. Ci rendiamo conto che suoniamo, cantiamo e balliamo su in Titanic in rotta di collisione con la Terza – e ultima – guerra mondiale? Ma davvero non ci siamo convinti che con Putin e Zelensky, Netanyahu ed Hamas (per non parlare degli altri principali interpreti, degli attori non-protagonisti e delle comparse) siamo a un passo dalla catastrofe?
So la risposta sincera dei migliori fra noi (so anche quella dei peggiori, ma non m’interessa): “Che ci posso fare, io?”.
Già, che può fare ognuno/a di noi? Nulla (o quasi) e tutto (o quasi).
Isolatamente possiamo fare nulla, o quasi nulla. Aggregandoci ad altre persone, sole come noi ma come noi non rassegnate, possiamo fare tutto, o quasi tutto.
In ogni città italiana – per ora non voglio alzare lo sguardo più in là – c’é un centro, una sede, una delegazione, una sezione, un circolo di qualche organizzazione nazionale o internazionale impegnata attivamente contro la guerra: un partito politico o un sindacato o un movimento o un’associazione…
Nessuna di queste organizzazioni é perfetta, d’accordo. E allora? Sono forse prive di difetti le organizzazioni fondate su ideologie militariste, guerrafondaie, colonialiste, imperialiste? Quando la casa brucia, si ricorre a ogni riserva d’acqua disponibile.
Basta fare un giro in internet per trovare decine di aggregazioni che da decenni lavorano non solo “contro” i conflitti bellici ma, soprattutto, “per” la pace, per la gestione nonviolenta dei conflitti, per diminuire le sperequazioni fra popolo e popolo, fra strati sociali all’interno dello stesso popolo, fra individui all’interno dello stesso strato sociale (dipendentemente dal livello di onestà o di corruzione in cui ognuno di essi svolge il proprio lavoro).
Se qualcuno non ha la pazienza per navigare in rete può consultare le pagine che nel volumetto di Andrea Cozzo, La nonviolenza oltre i pregiudizi. Cose da sapere prima di condividerla o rifiutarla, sono dedicate a una schematica presentazione dei principali gruppi attualmente operanti in Italia: il Movimento Nonviolento (fondato da Aldo Capitini), il MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), PeaceLink, la Comunità dell’Arca (fondata dal gandhiano Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto), Pax Christi, UPP (Un Ponte Per), Operazione Colomba (Corpo Nonviolento di pace), Rete italiana per la pace e il disarmo, Centro Studio Sereno Regis, Centro Gandhi. Se siamo onesti con noi stessi, non abbiamo scampo: c’è solo l’imbarazzo della scelta. Queste e simili organizzazioni hanno bisogno di soldi, ma soprattutto di persone che dedichino tempo, energie, idee: nessuno, se ha capito la gravità del passaggio storico che stiamo attraversando, può tirarsi fuori per falsa umiltà.
A mezzo secolo di distanza la situazione é la stessa rappresentata da Norberto Bobbio a chiusura del suo bel saggio Il problema della guerra e le vie della pace:
“Se non mi si chiede una previsione, ma un’opinione, rispondo: non sono ottimista. Vedo attorno a me soltanto piccoli gruppi di uomini che siano alfine liberati dai miti ancestrali della fecondità della violenza e della rigenerazione attraverso il sangue.
L’etica dei politici é ancora l’etica della potenza. Colui che predica l’esistenza di una sola morale, valevole tanto per gli individui quanto per gli Stati, é ancora considerato un visionario, un utopista, un uomo sprovvisto di senso storico (estrema calunnia nella società dei dotti di cui fa parte!). Non riesco a sottrarmi al presagio che una società in cui giuristi, sociologi, filosofi, teologi, non hanno rinunciato a vedere nella violenza un mezzo di riscatto o di redenzione, sia un giorno o l’altro destinata alla suprema prova della violenza sterminatrice. Non sono ottimista, ma non per questo credo ci si debba arrendere. Altro é prevedere, altro é fare la propria scelta.
Quando io dico che la mia scelta é nel senso di non lasciare alcun mezzo intentato per la formazione di una coscienza atomica, e la filosofia che oggi non si impegna in questa strada é un ozio sterile, non faccio alcuna previsione sul futuro. Mi limito a far intendere quel che con tutte le mie forze vorrei non accadesse, anche se in fondo in fondo alla mia coscienza ho l’oscuro presentimento che accadrà. Ma la posta in gioco é troppo alta perché non si debba, ciascuno dalla propria parte, prendere posizione, benché le probabilità di vincere siano piccolissime. Qualche volta è accaduto che un granello di sabbia sollevato dal vento abbia fermato una macchina.
Anche se ci fosse un miliardesimo di miliardesimo di probabilità che il granello, sollevato dal vento, vada a finire nel più delicato degli ingranaggi per arrestarne il movimento, la macchina che stiamo costruendo é troppo mostruosa perché non valga la pena di sfidare il destino”.