Valanghe d’alta quota politica, che rischiano di trascinarsi fino a valle. Valanghe provocate dalla scuola, dal sistema dell’istruzione e della ricerca abbandonato a se stesso e in rovina.
Soltanto una valanga politica ancora circoscritta, e un paio di scosse sismiche hanno turbato in Italia il Natale più tranquillo degli ultimi anni. Un Natale complessivamente pacifico e sereno anche nel resto del mondo.
Più che l’allarme per il terremoto, per fortuna senza conseguenze, registratosi nel maceratese e a sud di Velletri, a Palazzo Chigi si sono avvertiti i contraccolpi della profonda faglia politica aperta dalle dimissioni del Ministro dell’Istruzione, Lorenzo Fioramonti, del Movimento5 Stelle.
Dimissioni che denunciano la deriva della scuola ed evidenziano l’ampiezza delle divisioni e delle contrapposizioni all’interno del movimento.
Fioramonti si è dimesso per l’esiguità dei fondi stanziati per la scuola e l’università. Il politico Cinquestelle aveva chiesto precise garanzie sulle risorse che la Manovra avrebbe dovuto destinare all’Istruzione. “Se no me ne vado”. Ed é stato di parola.
Ma le motivazioni delle dimissioni lanciano più di un siluro al Governo e alla leadership del Movimento: “Non possiamo continuare a governare il Paese con la paura di perdere consenso: alla fine tutto questo si trasforma in paura del futuro”, ha scritto nella lettera di dimissioni consegnata al Premier l’ormai ex Ministro. Che ha aggiunto: “Stiamo vivendo un momento storico e abbiamo un’occasione irripetibile: un governo progressista può e deve sincronizzare l’Italia sull’orologio delle nazioni più progredite, che da anni hanno già fatto quello che io provo a proporre. A partire da un finanziamento importante, continuo e puntuale a ricerca, università e scuola. Il Ministero dell’Istruzione assolve a compiti e responsabilità enormi: entra tutti i giorni nella vita di milioni di famiglie, studenti, lavoratori. È solo partendo dall’istruzione che possiamo costruire insieme una narrazione diversa, una nuova idea di Paese”.
Fin dal giorno del giuramento da Ministro, il 5 settembre, Lorenzo Fioramonti aveva sollecitato lo stanziamento di tre miliardi per scuola e università. “Se non arrivano mi dimetto”, aveva affermato e poi confermato anche nei giorni successivi. Se non dovesse rientrare, come appare pressoché scontato, il caso Fioramonti rischia di provocare un effetto domino all’interno dei 5 Stelle e del Governo.
Fra i grillini attorno alle dimissioni del Ministro dell’Istruzione, si agitano infatti tre linee: quelli che lo vorrebbero sostituire subito con un altro esponente del movimento, coloro che sperano che il Premier Conte trovi in extremis le risorse necessarie e convinca Fioramonti a rientrare nell’esecutivo, e soprattutto i molti che chiedono a Beppe Grillo, Davide Casaleggio e Luigi Di Maio una riflessione complessiva sulla politica del Movimento. Ovvero la convocazione degli stati generali, cioè dell’assemblea di tutti i parlamentari e degli esponenti regionali e locali del movimento.
L’autonalisi grillina, innescata da Fioramonti trova d’accordo l’ala vicino alle posizioni del Presidente della Camera, Roberto Fico, ma viene avversata dai filo governativi di Spadafora, Di Maio e Patuanelli.
Molto riservatamente, assieme agli scambi di auguri per il nuovo anno, circolano tuttavia fra i grillini anche i nomi dei probabili successori al dicastero retto fino alla vigilia di Natale da Fioramonti.
Accanto alle autocandidature delle ex ministre Lezzi e Giulia Grillo, figurano esponenti di spicco della nomenklatura del novimento, come il Presidente della Commissione antimafia, Nicola Morra, e ma sottosegretaria all’istruzione Lucia Azzolina.
Mai come quest’anno per i grillini i bilanci intersecano le prospettive. Un’ Epifania del Governo, e in nuce anche quella del Movimento, che sarà delineata nella conferenza di fine anno del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte.