HomeMafia SecretsL’ossessione più o meno interessata della sottovalutazione delle mafie

L’ossessione più o meno interessata della sottovalutazione delle mafie

by Antonio Borgia

Ho assistito, pochi giorni fa, ad una trasmissione televisiva in cui si è discusso anche dell’aumento dei furti in casa, talvolta accompagnati dalla violenza sulle persone, uno dei reati più deleteri per la psiche umana che cerca disperatamente di aggrapparsi alla speranza di una tranquilla quotidianità.

Nella fattispecie, uno degli ospiti presenti, già molto critico in passato verso alcuni magistrati antimafia, ha sparato la sua ricetta per attenuare il propagarsi dei suddetti illeciti: dirottare su tale versante parte delle forze di polizia che combattono il fenomeno delle organizzazioni criminali di stampo mafioso.L’ossessione più o meno interessata della sottovalutazione delle mafie

Questa convinta affermazione é diretta conseguenza della già udita considerazione circa la minore pericolosità delle mafie italiane per via dell’abbandono della scia di omicidi che ne ha caratterizzato la storia fino alla fine del XX secolo.

Si é venuta formando, nel nostro Paese, una corrente di pensiero tesa a instillare negli Italiani l’idea che le mafie non siano più un problema, così agevolando quella che l’Istituto di ricerca Demos, in un recente sondaggio per conto di Libera, ha definito la radicalizzazione nell’immaginario collettivo di un fenomeno criminale avviato ad assumere una connotazione quasi “normale”.

In pratica, secondo Demos, la scelta di perseguire una violenza meno eclatante e diffusa rispetto al passato (prediligendo la parte aziendale e finanziaria) induce ad una pericolosa assuefazione e tolleranza sociale malgrado l’evidente aumento del potere mafioso.L’ossessione più o meno interessata della sottovalutazione delle mafie

L’errata teoria che si sta facendo strada ha avuto un altro riscontro nelle affermazioni, nel giugno 2024, apparse su un importante quotidiano nazionale, di un alto magistrato che ha paragonato le morti sul lavoro a quelle per mafia, affermando che le prime sono di molto superiori alle seconde, così implicitamente rafforzando il pensiero dell’attenuata dannosità delle associazioni previste dall’art. 416-bis del Codice Penale.

La sincera sorpresa (e preoccupazione) per tali convinzioni si rafforza, se ce ne fosse bisogno, dinanzi alle parole pronunciate dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione della giornata del 21 marzo, dedicata alla memoria e impegno in ricordo delle vittime innocenti di mafia.

L’ossessione più o meno interessata della sottovalutazione delle mafie
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella

Già nel 2024, Mattarella aveva affermato che il 21 marzo sottolinea “l’impegno per liberare le popolazioni e i territori dalle mafie, per vincere l’indifferenza e la rassegnazione che giovano sempre ai gruppi criminali…Le mafie sono una pesante zavorra per l’Italia, insinuate come sono in ogni attività illegale dei traffici criminali

E quest’anno il Capo dello Stato ha aggiunto che “La mafia può essere vinta. Dipende da noi…I nomi delle vittime di mafia sono parte della nostra memoria collettiva, ed è nei loro confronti che si rinnova, anzitutto, l’impegno a combattere le mafie, a partire dalle Istituzioni ai luoghi della vita quotidiana, superando rassegnazione e indifferenza, alleate dei violenti e sopraffattori.”

L’ossessione più o meno interessata della sottovalutazione delle mafie
Papa Francesco

Papa Francesco, in un messaggio inviato ai partecipanti al Convegno sull’uso sociale dei beni confiscati alle mafie, svoltosi in Vaticano nel settembre 2024, ha scritto che “La lotta alle mafie rappresenta una delle sfide più importanti per la comunità internazionale, poiché insieme al terrorismo, rappresenta la più grande minaccia non militare contro la sicurezza di ogni nazione e stabilità economica internazionale.”

Don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, pochi giorni fa, a Trapani, in occasione del trentennale della stessa, ha affermato “Oggi le mafie uccidono meno, ma sono più forti. Mafie transnazionali, tecnologiche e imprenditoriali, che nel nome degli affari hanno rinunciato a sfidare apertamente lo Stato e persino a farsi la guerra al proprio interno, preferendo quasi sempre agire sottotraccia: meno delitti, più profitti.

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Don Luigi Ciotti

In relazione alla costante sottovalutazione delle mafie e al tentativo di convincere l’opinione pubblica circa la loro diminuita o cessata pericolosità, è opportuno ricordare le dichiarazioni, pochi anni fa, del giornalista Gianni Dragoni de Il Sole 24 Ore.

L’inchiesta realizzata dal giornalista ha valutato che un’ipotetica holding Mafia Spa, in grado di racchiudere gli affari delle quattro maggiori organizzazioni criminali italiane ( cosa nostra, ‘ndrangheta, camorra e sacra corona unita) potrebbe avere un valore ben superiore all’intera Borsa italiana.

Banca d’Italia e Ufficio Studi della Cgia (Confederazione Generale Italiana dell’Artigianato) hanno recentemente stimato in 40 miliardi di euro (2% pil italiano) il volume di affari delle mafie nostrane,  “certamente sottostimato poiché non è possibile misurare anche i proventi riconducibili all’infiltrazione di queste realtà nell’economia legale.”

Per la CGIA, inoltre, nell’orbita della criminalità organizzata vi sarebbero attualmente 150.000 imprese, controllate o collegate ad essa, numero scaturito da calcoli svolti dall’Unità di
Informazione Finanziaria (UIF) della Banca d’Italia, sulla base dei dati in possesso.

Da evidenziare, poiché si ipotizza una riconducibilità alla criminalità organizzata di parte  dell’economia sommersa, che il valore annuale delle attività mafiose potrebbe superare i 170 miliardi di euro, cioè l’11,3% del Pil secondo i dati Istat del 2021, con un probabile avvicinamento attuale all’incredibile soglia dei 200 miliardi di euro.

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Il Procuratore di Napoli Nicola Gratteri

Nicola Gratteri, attuale Procuratore della Repubblica a Napoli, uno dei massimi esperti di ‘ndrangheta in Italia, sostiene che i soldi del traffico di droga, immessi sul mercato legale, drogano le regole della libera concorrenza ma possono, anche, sovvertire la libera democrazia se vengono acquistati giornali e televisioni perché si é in grado di cambiare il pensiero della gente.

Per finire, riprendo quanto contenuto nell’ultima relazione della DIA (Direzione Investigativa Antimafia), resa nota alla fine dello scorso mese di novembre 2024: la lotta alla mafia rappresenta ancora oggi una priorità essenziale per garantire il buon andamento dell’economia e la corretta gestione della Cosa pubblica e in questo la sola attività repressiva non può essere considerata l’unica via per un risultato efficace. Appare necessario puntare sull’azione di prevenzione e, ancor prima, sull’aspetto culturale, mediante la diffusione e il riconoscimento del disvalore dell’agire mafioso…In questo ambito, fondamentale appare anche una corretta informazione in favore delle nuove generazioni, per incentivare la crescita del senso civico.

Sulla base di quanto descritto finora, ci si chiede il senso del continuo tentativo di sottovalutare il fenomeno mafioso in Italia, favorendo una pericolosa indifferenza allo stesso.

Sintomatiche, a tal proposito, due frasi inserite da Nicola Gratteri e Antonio Nicaso nella parte iniziale del libro del 2024 “Una cosa sola”: “Chi non ricorda il passato é condannato a ripeterlo.” (George Santayana, filosofo spagnolo) e “Il rischio non é quello di vedere la mafia dappertutto, ma di non vederla affatto.L’ossessione più o meno interessata della sottovalutazione delle mafie

 

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Antonio Borgia
Antonio Borgia
Generale in pensione della Guardia di Finanza, ha prestato servizio in Sicilia dal 1979 al 1996, nel pieno della guerra di mafia e delle stragi di cosa nostra. Ha collaborato con diversi magistrati a Trapani e Palermo quali Dino Petralia, Ottavio Sferlazza, Carlo Palermo ed i Pm della DDA di Palermo allora guidata dal Procuratore Giancarlo Caselli, in particolare Alfonso Sabella. Attualmente é editorialista della Gazzetta di Asti.
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