Una strage lunga 27 anni. Un anniversario carico di indignazione e di rabbia. Di amarezza e di ulteriore rimpianto e ammirazione per Paolo Borsellino, che per anni assieme a Giovanni Falcone aveva invano delineato nelle audizioni parlamentari l’estrema pericolosità ed i rischi della dirompente strategia criminale di cosa nostra.
Un’analisi tragicamente profetica. Parole che a distanza di due decenni riflettono e ingigantiscono l’immagine di due magistrati di altissimo profilo professionale, consapevoli determinati e coraggiosi, ma terribilmente disarmati. E più che lasciati soli, addirittura isolati e mandati letteralmente al massacro.
Tuttavia non solo amarezza e rimpianto, ma soprattutto un anniversario connotato da rabbia e indignazione.
Prima, durante e dopo l’eccidio del Procuratore Borsellino e dei cinque agenti di scorta, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina, si è infatti sviluppata una trama di inconfessabili complicità dirette e indirette fra mafia e apparati deviati delle istituzioni.Trama sulla quale soltanto da alcuni anni si sta indagando a fondo.
Non soltanto depistaggi, ma vere e proprie corresponsabilità con la strategia stragista delle cosche mafiose.
Scenari destabilizzanti sui quali le istituzioni, oltre ad accorrere alle celebrazioni degli anniversari, devono davvero mobilitarsi per fare luce fino in fondo.
Perché senza verità e giustizia gli anniversari delle uccisioni di Borsellino Falcone e di tutte le vittime della mafia rischiano di trasformarsi in masochistici funerali dello Stato di diritto e della Costituzione.