I molteplici sviluppi delle inchieste giudiziarie che si susseguono a trentadue anni dalla strage di via D’Amelio rendono ancora più incandescenti le tensioni e le polemiche sull’anniversario del massacro del Procuratore Paolo Borsellino e degli agenti della scorta: Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina ed Emanuela Loi.
Tensioni e polemiche sui tanti, troppi, interrogativi ai quali neanche i diversi processi celebrati a Caltanissetta sono riusciti a rispondere.
Interrogativi sulla dinamica e sul contesto della strage.
Su chi ordinò ed eseguì l’attentato.
Sul perché si costruì un falso pentito come Scarantino per depistare le indagini.
Sul ruolo che ebbero l’allora Procuratore della Repubblica di Caltanissetta Gianni Tinebra e l’allora capo della Squadra mobile di Palermo Arnaldo La Barbera.
Su quali collegamenti esistono fra l’assassinio di Borsellino e la strage di 55 giorni prima sull’autostrada fra Palermo e l’aeroporto di Punta Raisi contro Giovanni Falcone.
Fra roventi accuse e polemiche le inchieste più recenti stanno verificando anche tutte le tensioni e le eventuali zone d’ombra esistenti fra Borsellino e gli ambienti della Procura della Repubblica di Palermo, dopo la sua nomina a Procuratore aggiunto.
Verifiche essenziali per ricostruire l’esatta successione di vicende, indagini e inchieste datate che potrebbero avere inciso non soltanto sul movente di via D’Amelio, ma sull’intero contesto delle stragi del ’92 e che evidenziano anche inquietanti collegamenti con le inchieste milanesi di quegli anni, denominate mani pulite, in relazione alle eventuali connessioni a livello di finanziamenti occulti e riciclaggio fra i boss di cosa nostra e industriali con interessi internazionali del calibro di Raoul Gardini. Scenari di sistemi criminali ancora tutti da smascherare.
