by Augusto Cavadi
Circa mezzo milione di persone hanno partecipato a Palermo, alle celebrazioni del 400 ° Festino in onore della patrona Santa Rosalia. Quasi in contemporanea sono divampate le polemiche incentrate su tre principali aspetti.
Innanzitutto dall’angolazione estetico-artistica: era il caso di affidare la direzione creativa a Marco Balich che ha, coerentemente, lavorato sulla scia delle sue precedenti esperienze (tra cui la finale di Champions 2023 e le feste in giro per il mondo di Dolce e Gabbana), inserendo dunque in processione anche musiche da discoteca?
Siamo in un campo in cui c’è spazio per tutti i gusti. Personalmente avrei apprezzato l’aggiornamento della tradizione soprattutto per quegli aspetti che collidono con la nuova coscienza ecologica: perché non adottare giochi pirotecnici senza quei “botti” che ammazzano di paura volatili liberi e animaletti domestici?
Una seconda angolazione da cui si sono incrociate le polemiche è stata l’economico-finanziaria: alcune comunità cattoliche, come i Comboniani, hanno notato in una lettera aperta la discrepanza fra i soldi investiti e i bisogni di decine di migliaia – forse centinaia di migliaia – di abitanti: “Tutto questo sfarzo, questo chiasso, questa teatralità rende indigesto il festino. Il festino produce uno scandalo contrario a quello richiesto ai credenti da Papa Francesco, cioè di una fede che si china sui deboli, i fragili, gli invisibili alla società, che continuano a rimanere esclusi dalla convivialità escludente dello stesso festino”. E’ vero che ogni amministrazione precedente ha sostenuto che per ogni milione di euro (per altro speso in parte per pagare artisti e maestranze locali) ne sia entrato almeno il doppio dai turisti in visita per l’evento (in alberghi, ristoranti, bar, musei, taxi…). Tuttavia almeno qualche gesto di solidarietà sociale che avesse contemporaneamente spessore materiale e significato simbolico – ad esempio l’apertura di un centro stabile di accoglienza per migranti senza casa – andava assolutamente realizzato: altrimenti che differenza tra una festa religiosa e una sagra del formaggio?
Sia pur meno visibili nei social, sono state avanzate delle obiezioni dalla prospettiva storico-teologica: poiché vari studi attendibili (come I giorni della peste di Umberto Santino) hanno dimostrato che la figura di santa Rosalia è leggendaria; che le sue vicende biografiche (collocate nel XII secolo) sono frutto di fantasia; che il miracolo di liberare Palermo dalla peste nel XVII secolo non è mai avvenuto, perché onorare questa donna immaginaria rafforzando nell’opinione pubblica la convinzione che sia esistita e la devozione nei suoi confronti? La questione è enorme almeno quanto la diatriba sull’ambivalenza della religiosità popolare. Da una parte ogni gruppo sociale ha bisogno di un totem, di un simbolo, in cui riconoscersi al di là delle differenze di classe, di censo, di istruzione, di etnia di provenienza: e una ragazza (raffigurata ogni anno più bella, sino alle fattezze sexy e vigorose della statua odierna) si presta meravigliosamente a icona del divino (che, non avendo né volto né nome, resterebbe irrimediabilmente estraneo alla vita della gente). Ma, dall’altra parte, non è opportuno che la Chiesa cattolica lasci supporre alla stragrande maggioranza della popolazione che Rosalia sia veramente esistita e (per chi crede in una dimensione ulteriore dopo la vita terrena) stia veramente vegliando su Palermo per liberarla dalle pesti reali e metaforiche ricorrenti.
E’ comprensibile che al Sindaco di turno non interessi chiarire nulla e sia disposto in processione, al momento prestabilito, a gridare “Viva Palermo, viva santa Rosalia!” per esibire una consonanza emotiva con il popolo astante, così come farebbe se dovesse inaugurare un teatro intestato a Ulisse o una piazza dedicata a Didone.
Ma un Vescovo non dovrebbe cogliere ogni occasione per catechizzare? Per spiegare che cosa un cristiano “crede” davvero e cosa, anche ai suoi occhi, è creazione mitologica?
Don Corrado Lorefice quest’anno ha letto un testo davvero intenso, coraggioso, incisivo contro la mafia e in particolare l’epidemia del crack fra i giovani: perché non chiarire con più nettezza che i princìpi evangelici hanno un’energia salvifica indipendente dalle cornici agiografiche in cui in altre epoche sono stati incastonati per renderli credibili?
Perché non infrangere anche solo l’impressione che annunzio di fede e pie leggende costituiscano un “pacco” unico?