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Vietnam: un passato di guerre un futuro di sviluppo

by Adriana Piancastelli

Un viaggio in Vietnam é come un percorso su un lungo asse di equilibrio: se si va veloci si cancellano i particolari, non si cade, si arriva in fretta e si ipotizza una qualche facilità per raggiungere una meta nuova, splendente, annullando esitazioni e batticuori. Vietnam: un passato di guerre un futuro di sviluppo

Ma se il passo é lento, dall’estremo nord fino alla punta dell’asse annegata nel delta del Mekong, nel cammino affiorano le cicatrici della terra e della gente, il respiro accelera e si fondono la modernità improvvisa dei grattacieli nelle città, il rosso dei mattoni nelle aree lungo i fiumi, il verde acceso delle risaie e la speranza di un Paese che cresce voracemente in cui oltre il 50% della popolazione ha meno di 35 anni e vive accanto ai pochi anziani con volti come ragnatele di rughe e occhi senza fondo di chi ha vissuto gli orrori della guerra e li ha rimossi per sopravvivere, senza dimenticarli.Vietnam: un passato di guerre un futuro di sviluppo

Hanoi.

Motociclette, macchine, smog, cielo bianco, rumori che si accavallano come onde, luci colorate al neon, flussi costanti di ragazzi in strada a tutte le ore.

I jeans, le gonne a pieghe corte, i vestiti tradizionali delle donne rossi, lunghi, con la stella gialla sul cuore, in mezzo al petto e le divise verdi dei militari, dello stesso verde profondo delle uniformi negli anni ’60.

Hanoi di notte è una città americana di trenta anni fa: commercio ovunque, banche, musica, telefonini, negozi aperti e insegne che lampeggiano.

Tanti turisti, ottima birra, rock vietnamita, cucina locale e guide al femminile, tante donne come mediatrici culturali, vivaci e curiose.Vietnam: un passato di guerre un futuro di sviluppo

In un angolo della strada tra noodles e bicchieri di birra Tiger, una bottega poco illuminata espone vecchie foto del 1968 e manifesti contro l’invasione americana con il grido perenne “Perchè? Per chi?”

I templi buddisti di Hanoi sono meno sontuosi e luccicanti di quelli thailandesi: chi prega mostra un profondo senso di rispetto verso un Budda costante punto di riferimento e di ispirazione quotidiana.

I resti dei templi Champa – un’antica stirpe vietnamita – a My Son, giungla e ricordi di guerra, sono pieni di suggestioni: steli di memorie rosso fuoco o bruniti, bruciati, corrosi dal tempo e dalle guerre francesi e americane in una zona teatro di massacri.

Poi la baia di Ha Long, la leggenda dei draghi scesi dal cielo fino all’acqua per aiutare la gente vietnamita a vincere le prime battaglie.

Una bellezza senza sfarzo. Acqua scura, opaca, faraglioni avvolti nella perenne nebbiolina del mattino, le barche dei pescatori e di quelli che in barca vivono, corrosi dall’umidità, vendendo frutta ed altre merci povere e consumano i giorni negli antichi e sempre attuali riti di tutte le povertà del mondo.

Ancora Hanoi.

Il mito eterno di Ho Chi Min che veglia sul Paese, vivo di ricordi, imbalsamato nella cera che ne preserva il corpo esposto e sorvegliato giorno e notte da militari immobili e assorti come statue.

L’amore viscerale che lega ogni vietnamita ad Ho Chi Min è in gran parte intrecciato alla gratitudine per chi ha costruito senza sosta la coscienza di un popolo costantemente dominato regalando realtà al sogno di una Nazione unica ed unita in un Paese libero. E quel sogno rincorso tutta una vita è stigmatizzato nella equazione che suggerisce ovunque ” Indipendenza e libertà = felicità” nata dallo slogan onnipresente: “Nulla è più prezioso della libertà e della indipendenza”. E’ l’humus delle radici della forza e della tenacia del popolo vietnamita.Vietnam: un passato di guerre un futuro di sviluppo

“Piuttosto morire che vivere schiavi” “Potete uccidere dieci miei uomini per ognuno dei vostri che io uccido, ma anche così voi perderete ed io vincerò (da un discorso ad Henry Kissinger). E così una guerra cattiva e inutile durata venti anni ha ingoiato un’intera generazione in due Paesi.

Quasi due milioni di morti tra soldati vietnamiti e americani, un numero imprecisato di dispersi e scomparsi, un’enormità di feriti, mutilati o devastati dagli effetti di sostanze chimiche o esplosivi, a cui vanno aggiunti almeno altri due milioni di civili vietnamiti inermi uccisi senza ragione.Vietnam: un passato di guerre un futuro di sviluppo

Uno stillicidio vano in cui chi è tornato a casa spesso ha subito sofferenze psicologiche, psichiche, fisiche e sociali atroci.

Ma se dei reduci Americani, dei caduti, degli scomparsi restano testimonianze e nomi scolpiti per sempre nel lungo, doloroso muro di Washington, esistono blog di veterani e racconti dei giorni duri del “ritorno a casa”, è molto difficile avere ricordi “autentici” di chi è stato un soldato VietMinh, Viet Cong o di chi ha scelto di appoggiare l’esercito USA.Vietnam: un passato di guerre un futuro di sviluppo

I Vietnamiti hanno una forma sociale di pudore per cui la guerra é stata vinta il 30 aprile 1975 e le sofferenze personali non hanno grande rilevanza di fronte ad un Paese finalmente libero da oppressioni cinesi, giapponesi, francesi e americane e i ricordi restano tra le palpebre socchiuse e nei solchi della pelle.

“Mio nonno è l’uomo dei grandi silenzi: ha combattuto al Sud, nell’area vicina al delta del Mekong e dopo il 30 aprile del ’75, nonostante avesse avuto una proposta di trasferirsi in America, ha scelto di restare nel suo Paese e di ricostruire la pace.

Ha vissuto nei tunnel di Cu Chi ma non parla mai di quei giorni”

“Ricorda soprattutto gli odori della guerra: polvere da sparo, erba bruciata,sangue, fumo, defolianti, urla, i rumori continui degli spari e i motori degli elicotteri.Vietnam: un passato di guerre un futuro di sviluppo

Ancora oggi non riesce a sentire il suono di un elicottero senza che gli occhi si spalanchino di paura”

“L’embargo con gli USA negli anni seguenti al 1975 (cessato soltanto nel 1997) ha reso la quotidianità più dura e affamata. Molte campagne erano totalmente arse e sono rimaste sterili per venti anni, era difficile trovare medicine e persino il latte per i neonati, ma la voglia di riscatto, di libertà e di ricostruzione ha portato una forza incredibile ed una resistenza di diamante giorno dopo giorno”

” I soldati del Vietnam non sono mai stati considerati eroi, ma non sono neppure stati accolti con indifferenza: erano persone, vietnamiti, che hanno sofferto insieme alla loro gente, altri vietnamiti;la differenza tra i soldati del Vietnam ed i militari americani ritornati in Patria forse è proprio questa: noi vietnamiti abbiamo ricominciato con il dolore che ci ha reso fratelli, insieme,i soldati americani tornati a casa hanno trovata un’altra America. Un Paese che non aveva sofferto la guerra ma era andato avanti senza di loro, piuttosto indifferente, un Paese di cui – a volte – rappresentavano la memoria scomoda, la cattiva coscienza e che ha preferito abbandonarli come navi pirata in disuso in mezzo al mare”.Vietnam: un passato di guerre un futuro di sviluppo

Dai territori umidi e caldi intorno a Saigon, si arriva all’area di Cu Chi: i mitici tunnel lunghi fino a 250 kilometri riscoperti e ampliati dopo la guerra contro la Francia, impossibili da individuare e difficili da replicare.

Il cuore della vittoria vietnamita, amplificato dall’effetto sorpresa. Come le trappole, mimetizzate, cattive, sparse ovunque in risposta alle mine e alle bombe: meglio la morte immediata di un’agonia lunga e crudele come le gabbie di bambù riservate ai prigionieri americani ed immerse nell’acqua.

Il campionario degli orrori come in ogni guerra, la vetrina delle atrocità inutili come in ogni battaglia, da sempre.

La guerra in Vietnam contro gli Americani ha lasciato una cicatrice perenne da cui nasce la voglia di crescita e di autonomia.Vietnam: un passato di guerre un futuro di sviluppo

E il dolore vissuto come un contributo inutile che ha dilaniato due Paesi è il fulcro del Museo della Guerra contro l’America a Saigon.

E’ un coro di tutte le voci dei bambini, dei vecchi, delle donne, dei feriti, dei contadini uccisi o mutilati dagli agenti chimici, dai defolianti, dalle mine e dalle tonnellate di bombe. Dal coro sono assenti le voci dei ragazzi americani paracadutati – senza colpe – in un mondo estraneo, senza tante spiegazioni, affidati alla strategia “Search and destroy”, con il mantra “Spara a tutto quello che si muove”.

Nel museo restano i nomi di tutti i fotoreporter e dei giornalisti embedded di tanti paesi, uccisi per caso o per imboscate, o – peggio – scomparsi, ingoiati nel nulla senza tombe e senza un segno come Dana Stone e Sean Flynn.Vietnam: un passato di guerre un futuro di sviluppo

Esiste un manifesto, nato in lingua francese e ormai iconografico e tradotto in tutte le lingue in cui un soldato ferito a morte grida “Perchè? Per chi?”

Ed è la domanda urlata o sussurrata che torna sull’asse di equilibrio di tutti i sentieri del mondo.

Ancora senza risposta nella coazione a ripetere maledetta del gioco della guerra, ancora oggi, ancora dopo secoli di dolore, ancora ovunque esista il fuoco di una battaglia.     Vietnam: un passato di guerre un futuro di sviluppo

 

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Senior Osint and Media Analyst. Ha praticato il mondo delle investigazioni e dell’intelligence. Appassionata di mare cani rock e figlia non necessariamente in quest’ordine.
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