Amministrative con vista sulle elezioni politiche. Le elaborazioni del voto nei 971 comuni e per i referendum sulla giustizia delineano scenari abbastanza nitidi.
Nel centrodestra Giorgia Meloni é in fuga verso il traguardo di Palazzo Chigi e con Fratelli d’Italia ha staccato al sud al centro e soprattutto al nord la Lega di Matteo Salvini, mentre Forza Italia grazie al successo del Sindaco uscente di Genova, Bucci, e all’apporto assicurato a Lagalla a Palermo ed a Biondi all’Aquila riesce a restare a ruota.



Anche se l’ex Premier sta dando fondo a tutta la sua capacità di acrobazie verbali, da qualunque parte lo si osservi, il risultato dei 5 Stelle è classificabile fra il disastroso e il fallimentare. Elettoralmente, l’encefalogramma politico del Movimento è piatto. E con queste percentuali alle politiche non si va da nessuna parte. L’ultima speranza dei 5 Stelle e di Giuseppe Conte per non disperdere i residui consensi è quella di liste comuni col Pd. A 12 anni dalla fondazione da parte di Beppe Grillo e Gian Roberto Casaleggio del Movimento che doveva scardinare le istituzioni come una scatoletta di tonno, l’epilogo rammenta quello delle riserve indiane. Ma senza l’orgoglio e il prestigio dei capi tribù. Oltre a non lasciare tracce, l’evaporazione dei grillini è quasi sempre imputabile infatti alla pervasività del potere.
Oltre all’indubbia abilità e al grande fiuto politico la leader di Fratelli d’Italia ha avuto la strada spianata dai continui e clamorosi autogol tanto di Matteo Salvini che di Silvio Belusconi. Lungo la rotta delle politiche le restano tuttavia da rimuovere tre insidiosi scogli: la carenza di classe dirigente, le scorie del populismo antieuropeo e la delicata elaborazione del lutto del superamento del fascismo.
Il segretario del Pd conquista una preziosa e non scontata golden share politica: quella del centrosinistra e dei 5 Stelle in particolare, ormai praticamente Letta-dipendenti. Se riuscirà a bypassare l’autunno, che a causa della guerra in Ucraina e della conseguente crisi economica sociale sarà particolarmente impegnativo, potrà permettersi di dare una regolata alle agguerrite correnti interne del Nazareno.
Anche se quella del Ministro dello sviluppo rischia di essere l’amara vittoria dell’ “avevo detto” o peggio una vittoria di Pirro, la domanda che tutti si fanno è: basterà l’autocritica di Matteo Salvini per tentare di riattaccare i cocci di una Lega che ha clamorosamente impostato una campagna elettorale fallimentare e contraddittoria. Oppure è necessaria una svolta per rilanciarla? La risposta soffia nelle stanze di via Bellerio e della Confindustria, ai vertici delle regioni leghiste e in vari ministeri, dove Giorgetti viene visto come il salvatore della Lega.
Il pareggio di Forza Italia che piazza esponenti di spicco a Genova Catanzaro e Palermo, segnala l’ennesimo ritorno sulla scena del Cavaliere che nonostante la ritirata strategica sul Quirinale, le riforme della giustizia e del catasto, per non parlare della politica estera, riesce a galvanizzare elettori e parlamentari.