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Rubrica di critica recensioni anticipazioni
by Antonino Cangemi
Spesso ce lo dimentichiamo: l’emigrazione fa parte della storia italiana, della nostra storia. Alzi la mano chi, nel proprio nucleo familiare, non abbia avi partiti in cerca di fortuna per l’Europa o per le Americhe, del Nord e del Sud.
A ricordarci la nostra storia, il romanzo di Sal Costa “Saravà”, pubblicato dalla casa editrice milanese Morellini e ambientato nei primi del Novecento tra la Sicilia e il Brasile.
Carmelo Liquò – il protagonista – sbarca a stenti il lunario nella sua Regalbuto esercitando il mestiere di ebanista ereditato dal padre e si diletta con la musica suonando la tromba alla bandalocale. Poche cose gli vanno per il verso giusto: la povertà dilaga ovunque e ne sente il peso, s’innamora di una donna , Beatrice, ma l’amore é fonte di contrasti e infelicità.
Da qui la decisione, comune a tanti altri e condivisa coi suoi fratelli, d’inseguire una vita migliore varcando l’Oceano, destinazione Brasile. Lì gli succede di tutto: impara che cosa vuol dire essere sfruttati in una fazenda, stringe legami e si avventura in situazioni pericolose, fa il pianista in un bordello,conosce un nuovo mondo in tutti i suoi aspetti e fa tante esperienze. Sempre però rimane in lui il sentimento d’estraneità dal luogo in cui vive, fino al ritorno a casa disilluso e consapevole di quanto imprevedibile e aspra sia la vita.
“Saravà” ritrae un’epoca che, per i poveri, tutto può definirsi meno che la “La Belle Époque”. Leggendolo si ha cognizione di com’era la vita, per chi non godeva del privilegio dell’agiatezza economica, nei primi decenni del secolo scorso.
Romanzo “storico” dunque “Saravà” capace di cogliere i tratti che segnano un periodo lontano un secolo dai nostri giorni con l’obiettivo rivolto ai meno abbienti e non gli aristocratici e l’alta borghesia, diversamente di quanto accade negli affreschi narrativi in voga? Sì, ma non solo.
“Saravà” si legge gradevolmente anche per la trama ricca e intrigante, per lo scorrere tra le sue pagine di fatti e personaggi accattivanti in un panorama umano e sociale variegato e seducente pur nei suoi profili più bizzarri ed estremi.
Sal Costa conferma la sua inclinazione a una scrittura agile – anche nella struttura del romanzo suddiviso in brevi capitoli – e venata d’ironia. Non scrive un giallo, a differenza del precedente “Come ammazzare il tempo quando sei morti”, e tuttavia crea situazioni piene di suspense quasi alla stessa stregua di un thriller, accompagna i lettori nell’esplorare universi esotici e realtà colorite pur nel degrado, senza però rifugiarsi in abusati e riduttivi folklorismi.
Per Sal Costa, “Saravà” è la riprova di una maturità espressiva, per i lettori un romanzo accattivante e coinvolgente.