La svolta della politica neutrale
In giacca e cravatta o tailleur, se e quando il Premier neutrale varcherà il portone del Quirinale avrà la lista dei Ministri in tasca.
Da dieci a quindici nomi di garanzia delle élite istituzionali e professionali. Giuristi, economisti, docenti universitari, Ambasciatori, Prefetti, vertici amministrativi e probabilmente ex Generali.
Nonostante le critiche e le invettive populiste, il Colle è comunque pronto a proseguire lungo la rotta dell’indispensabile continuità e legittimità istituzionale, per impedire che il Paese precipiti nella ingovernabilità.
La scadenza dell’ultima chance di assunzione di responsabilità da parte dei partiti, e per un accordo in extremis per un esecutivo politico, è rappresentata dal dibattito parlamentare per la fiducia al governo neutrale e di garanzia.
Difficile ma non impossibile perché in effetti dietro la cortina delle schermaglie polemiche, fra Lega e 5 Stelle sono in corso febbrili contatti e trattative per la formazione di un governo verde-giallo, con l’appoggio esterno o l’astensione di Forza Italia e Fratelli d’Italia.
Se il colpo di scena non si concretizzerà, il 65° Governo della Repubblica sarà un esecutivo neutrale con due obiettivi alternativi: approvare la legge di stabilità, scongiurare l’aumento dell’Iva e, se possibile, modificare la legge elettorale, oppure in caso di mancata fiducia alle Camere condurre il Paese alle nuove elezioni anticipate.
Un voto che rischia di svolgersi tra il 25 luglio e l’8 settembre….fra cabine balneari e rifugi montani.
A meno di un braccio di ferro al limite della Costituzione, l’innegabile interesse nazionale presupporrebbe che ad un esecutivo al di sopra delle parti venga concesso il tempo necessario, e comunque non oltre dicembre, per mettere in sicurezza i conti pubblici e sterilizzare l’Iva.
La prospettiva del ritorno al voto ha comunque già innescato una serie di reazioni a catena all’interno dei partiti. Al panico dei neo eletti si contrappone la speranza di rivincita degli esclusi dalle liste elettorali e dei trombati del 4 marzo.
Sconsolati e depressi a Montecitorio e al Senato molti parlamentari, di tutti gli schieramenti, temono di non essere rieletti. Non soltanto peones gratificati dalla sorte e da irripetibili coincidenze fra candidature, collegi e percentuali favorevoli, ma anche big ed ex segretari di partito. Esponenti storici appena rientrati in Parlamento ed ex Presidenti di Assemblee parlamentari che a stento hanno riconquistato il seggio. Giornalisti e conduttori televisivi che si sono dimessi dalle direzioni di giornali e settimanali o da testate televisive e che ora potrebbero ritrovarsi disoccupati. Così come gli amministratori che hanno optato per il Parlamento. In bilico sulla soglia di sbarramento del 3% soprattutto interi partiti, in particolare quelli di recentissima formazione, che infatti rischiano di disintegrarsi e di ricomporsi altrove.
La politica è molto più complessa della fisica, sosteneva Albert Einstein. Ma il dramma è che spesso non si riesce a separare l’interesse nazionale dalle ambizioni dei leader.