by Augusto Cavadi
I titoli di giornale non possono essere che sintetici, rischiando l’approssimazione e talora la deformazione. Ma poi – dentro o fuori dallo stesso articolo cui il titolo si riferisce – bisogna chiarire, disambiguare e approfondire.
“Alla sinistra le cinque maggiori città italiane”, “L’Italia si scopre a sinistra” … e così via: con quanta verità?
Conosciamo l’obiezione avanzata anche dai leader clamorosamente sconfitti di ‘destra’: le liste di ‘sinistra’ hanno avuto la maggioranza (risicata) di una minoranza di elettori (quel 45 % circa che è andato a votare). Ma è un’obiezione che non mi convince: l’astensionismo è tipico delle democrazie mature in cui non è in gioco, ad ogni turno elettorale, l’impianto costituzionale. E non è vero che chi resta a casa non vota: che lo sappia o no, delega piuttosto la decisione finale ai concittadini e alle concittadine che vanno a votare e che decideranno anche per lui, per lei. Infine, come è stato notato argutamente dall’ignoto autore di un post su Facebook, se solo il 25% degli elettori si è espresso per la ‘sinistra’, sommando ad essi il 55% di astenuti, significa che ben l’80% non ha votato per la ‘destra’.
No, le mie riserve sui titoli dei maggiori organi d’informazione emergono da altre considerazioni. Per quanto le differenze fra partiti di ‘destra’ e partiti di ‘sinistra’ si siano progressivamente attenuate dal Sessantotto ad oggi, tuttavia rimangono: lo schieramento che si auto-presenta come tradizionalista e che cavalca il vento sovranista, nazionalista, militarista, xenofobo, irrazionalista, anti-scientifico non è proprio identico a uno schieramento che si auto-presenta come progressista, europeista, internazionalista, anti-razzista, interclassista con particolare attenzione ai ceti deboli, anti-mafioso, illuminista e rispettoso della ricerca scientifica.
Ebbene: sulla carta avrebbe vinto il secondo dei due schieramenti, ma nella realtà sarà così? Avremo città in cui scompariranno – o saranno fortemente ridotti – l’evasione fiscale, il lavoro nero, l’abusivismo, l’inquinamento atmosferico, la ghettizzazione degli immigrati, le infiltrazioni mafiose nel mondo della produzione, del commercio, della finanza?
Avremo città in cui le amministrazioni locali saranno equanimi rispetto ai ceti benestanti e ai ceti emarginati e, se dovranno privilegiarne alcuni, partiranno da chi ha meno risorse per l’istruzione, la sanità, la piccola imprenditoria?
Da decenni, ormai, conosco l’obiezione a questi miei auspici da utopista nelle mete ma da paziente riformista nei metodi: un sindaco che osasse impegnarsi per gli obiettivi che indichi sarebbe certamente condannato a non essere rieletto cinque anni dopo. Può darsi: la tragedia dell’umanità – da che abbiamo tracce storiografiche – è stata identificabile con la persistente tendenza dei ceti oppressi ad affidare le proprie sorti ai ceti oppressori (le cui guide si rifanno ideologicamente e storicamente a Mussolini, Hitler, Franco, Salazar, Almirante, Trump, Bolsonaro…) e a diffidare dalle minoranze che vorrebbero liberarli da ogni oppressione.
Se è così, però, dovremmo smettere di dichiarare – con soddisfazione o con dispiacere, a seconda delle nostre opinioni politiche – che l’Italia si è scoperta di ‘sinistra’.
Diciamo, più realisticamente, che ha vinto la destra moderata, liberale, competente e lungimirante (di cui Mario Draghi è l’icona perfetta) ed ha perso la destra fondamentalista e sfascista. Dunque, tutto sommato, non è andata male: poteva andare molto, ma molto peggio.