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Rubrica di critica recensioni anticipazioni
by Augusto Cavadi
La cinquantina di guerre attualmente in corso sulla faccia della Terra possono provocare o assuefazione (ed è ciò che avviene nella maggioranza degli esseri umani non coinvolti direttamente) o sconforto emotivo (ed è ciò che avviene in sparute minoranze di persone più sensibili). Ma è possibile un terzo tipo di reazione, combinato disposto di lucidità mentale e di sincera compassione per la sofferenza dei viventi: attrezzarsi per una gestione nonviolenta dei conflitti in atto e, soprattutto, per prevenire gli imminenti.
Cosa significa davvero gestione nonviolenta di un conflitto? E’ una via praticabile o un sogno irrealizzabile? Ci sono precedenti storici convincenti? Cosa può fare il cittadino “comune” per condizionare le scelte politiche dei governi nazionali?
A queste e altre domande risponde l’ultimo, corposo, dei quaderni “Satyāgraha” (pubblicati da anni dal Centro Gandhi di Pisa) intitolato La coscienza dice no alla guerra. Per un rilancio dell’obiezione di coscienza e per una nuova idea di difesa, a cura di E. Sanfilippo e A. C. Raineri, pp. 190, euro 20,00) che verrà presentato nei prossimi giorni a Napoli il 19 maggio, a Veroli (FR) il 20 maggio, a Roma 21 maggio, a Trento il 23 maggio, a Bolzano il 26 maggio, a San Gimignano (SI) il 28 maggio, a Pisa il 30 maggio, a Ivrea (TO) il 3 giugno, a Castellazzo Novarese (NO) il 4 giugno, a Torino il 5 giugno e a Busca (CN) il 6 Giugno.
Come indicato da titolo e sottotitolo, la chiave di lettura del volume monografico é l’obiezione di coscienza al servizio militare che ha (come ricorda già nella Prefazione Alex Zanotelli) una storia antica almeno duemila anni: “Noi cristiani abbiamo tradito il vangelo di Gesù. Eppure, le prime comunità cristiane per ben tre secoli praticarono la nonviolenza di Gesù, pagando con la morte il loro rifiuto di entrare nelle legioni romane. Ed hanno messo in profonda crisi l’Impero Romano” (p. 8). Dall’imperatore Costantino in poi, invece, le Chiese (con poche eccezioni) hanno benedetto gli eserciti perfino di cristiani contro cristiani, come sta avvenendo in Russia ed Ucraina.
La battaglia per il diritto a difendere la Patria con mezzi nonviolenti, trascurata dalla quasi totalità dei sedicenti “credenti”, è stata ripetutamente rilanciata da personaggi, movimenti e organizzazioni di altra matrice religiosa (pensiamo all’induismo di Gandhi) o di nessun orientamento religioso (come nel caso di Danilo Dolci).
Il tema specifico dell’obiezione di coscienza è intelligibile solo all’interno dell’ottica più generale della nonviolenza che – come ben chiariscono nel saggio di apertura i due curatori del volume- è una strategia mirata “alla coscienza” di ciascuno (pp. 9 – 14). Ed è una strategia con una lunga storia alle spalle che da Giampiero Girardi, Antonino Drago, Ermete Ferraro, Alfonso Navarra, Rossano Salvatore e Rosario Greco rievocano dai tempi della guerra in Algeria a oggi (pp. 19 – 92, 127 – 134). Un “oggi” in cui si moltiplicano non solo le idee, ma anche le esperienze di alternative alle armi, con un ruolo di primo piano delle donne (cfr. i racconti di Maria Albanese, Mariella Pasinati, Nella Restivo e Giuliana Martirani, pp. 95 – 116): dagli obiettori di coscienza in guerre in corso (cfr. Maria D’Asaro, pp. 119 – 125 e la testimonianza di “Operazione Colomba – Comunità Papa Giovanni XXIII, pp. 135 – 144) agli “interventi civili di pace” (pp. 145 – 151).
Ma perché il dibattito politico e più in generale il dibattito pubblico non si occupano quasi mai, neppure per contestarla con argomenti, della nonviolenza attiva e organizzata come alternativa al dilemma dominante o resa inerte o reazione armata? Una responsabilità immensa è anche del sistema scolastico che, tradizionalmente ignorante rispetto alla teoria e alle pratiche della nonviolenza, in questi ultimi anni si va attivando sempre più per coltivare una mentalità bellicista nei giovani (come documenta l’ “Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università” (pp. 153 – 159).
Il prezioso quaderno si chiude con una quarta parte dedicata alle indicazioni operative, concrete, per chi voglia – personalmente o informando giovani del proprio raggio d’azione – su come “dichiararsi obiettori oggi” (pp. 161 – 172): infatti l’obbligatorietà della leva militare non è stata abrogata (come comunemente si suppone) ma solo sospesa. In qualsiasi momento il Governo nazionale può interrompere la sospensione e chiamare alle armi i cittadini maschi fra i 18 e i 40 anni, i quali avrebbero a disposizione solo 15 giorni di tempo per avanzare formale dichiarazione di obiezione di coscienza: troppo pochi se, nel periodo anteriore, non si è diffusa una sufficiente informazione e se non si è radicata un’adeguata formazione etico-politica.
(per i dettagli delle presentazioni: arcadishantidas@libero.it)