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Rubrica di critica recensioni anticipazioni
by Adriana Piancastelli
Reduce da un’ottima conferma di critica nell’ultima rassegna cinematografica di Venezia, é stato proiettato al Farnese di Roma – nella antologia del Cinema d’Autore – il primo lungometraggio di un giovane regista romano, ormai realmente autore, non solo filmaker, maturo ed intenso: Giulio Donato.
E’ un trentenne innamorato dell’arte del cinema, giovanissimo ha lavorato – tra gli altri – con Asia Argento, Abel Ferrara e Mimmo Calopresti, al primo lungometraggio si é confermato profondo conoscitore della capacità di fare cinema con “Labirinti”.
Ambientato e tessuto di atmosfere calabresi é un ritorno alle radici emotive e paesaggistiche di un paese di provincia fatto di monti brulli, mare cristallino e percorsi emozionali, veri labirinti per anime sensibili che devono sradicarsi dai riti delle forme per respirare libertà.
E per usare il filo conduttore del regista é un film di emarginazione e di emancipazione i cui tempi simbolici sono scanditi dalla ricorrenza imperdibile del Santo Patrono, San Francesco di Paola, il 25 agosto, negli anni.
E’ la storia di un’amicizia tra due bambini cresciuti complici e divisi da sensibilità diverse.
Francesco, introverso, introspettivo, curioso di pulsioni e sentimenti nuovi e Mimmo, calabrese fino al midollo, impregnato di consuetudini, riti e ritualità di paese.
Un libro dal titolo emblematico come un percorso cerebrale: Labirinti, sarà lo spunto per la crescita, la cultura e la consapevolezza di Francesco e segnerà la fine definitiva e dura di un’amicizia.
La fotografia bellissima, la forza interpretativa degli attori non professionisti, il dialetto aspro del vibonese ( a volte con gli indispensabili sottotitoli) e l’intensità ipnotica del mare calabrese regalano effetti potenti di presa in diretta.
Le strade dei due protagonisti- interpreti di vite diverse – si incroceranno in un museo zoologico romano senza ritrovarsi.
La musica – anche in lingua calabrese-i colori e la dedica finale ai nonni “che insegnavano ad amare “ rendono il lavoro del regista un vero primo film completo pieno di promesse e di realtà concrete regalando la sensazione, sull’ultimo fotogramma, di uno scrigno socchiuso e pieno di emozioni.