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Rubrica di critica recensioni anticipazioni
by Piero Melati
Nella grafica della locandina di Alessandro Bazan c’é il famoso Genio di Palermo, un re con la corona assiso sul trono e un serpente che lo avvolge e lo morde. Sono stati fatti innumerevoli studi sul Genio di Palermo, senza mai venire a capo del vero significato. Solo tante ipotesi.
Ai piedi della statua, una figura con una valigia consulta qualcosa che ha in mano, forse un telefonino. Dal profetico film di Wenders, “Fino alla fine del mondo”* che per la prima volta ci ha catturati in questo modo, piegati nel gesto con una protesi in mano, ipnotizzati dalle immagini, novelli narcisi sperduti in una nuova parvenza di specchio d’acqua, è così che siamo diventati. Ma poi nella scenetta c’è anche un doppio, un’ombra oscura, che replica i gesti del protagonista, in modo evidentemente più alterato e scomposto. È l’Uomo Nero, la nostra perturbante replica?
In questo libro cruciale del Glifo (almeno per chi voglia provare a capire la Sicilia, non quella tutta mafia, non quella senza mafia, che non esistono) c’è la storica intervista che Michele Perriera fece al sindaco Leoluca Orlando quasi ai suoi albori, su invito di Letizia Battaglia.
E poi c’è un’altra intervista parallela, realizzata oltre trent’anni dopo da Giorgio Vasta, sempre al viceré di Palermo, stavolta alla fine del suo lunghissimo mandato.
Il viceré come pietra di paragone di tre decenni di vita di una città e dei suoi “sudditi”.
Dal tramonto all’alba.
È un pezzo di realismo fantastico. Un bell’esempio di come, quando esci dalla cronaca, invece che incontrare la storia ufficiale, con le sue accademie, i suoi interessi, la sua politica, al contrario potenzi la realtà con l’immaginazione. Per vederla meglio.
Per l’attualità basta sempre l’informazione, è più che sufficiente. Ma per leggere il passato (ogni presente è subito passato) serve “qualcosa di simile” alla letteratura, per usare un prudente eufemismo. Ne usciranno parecchie sorprese, come in questo caso. Utilissime a farsi domande, scandagliare le cose, contestare il presente, aprire le finestre, areare il futuro, prima di soggiornarvi.
*Palermo é una storia che cambia continuamente personaggi, nomi e destini. Lo sapeva bene Michele Perriera quando decise di raccontarla, nel 1988, attraverso la voce dell’uomo che voleva finalmente riscattarla dagli efferati delitti mafiosi. Quell’uomo era Leoluca Orlando, da poco eletto sindaco per la prima volta. Si erano dati appuntamento per un lungo viaggio in macchina, fu Letizia Battaglia a organizzare l’incontro: durante la conversazione, i problemi quotidiani del centro palermitano lasciarono subito spazio alle visioni sul futuro, ai sogni e alle speranze di una rivoluzione che partiva dagli ultimi, dalle periferie. Dopo più di trent’anni da quella corsa in autostrada verso Capo d’Orlando, Giorgio Vasta è tornato a incalzare Leoluca Orlando sulla «felicissima città». I due intellettuali che intervistano il sindaco si allontanano dall’intervista giornalistica in favore di una più ampia dimensione letteraria punteggiata da digressioni narrative, riflessioni, pensieri intimi e privati su un personaggio pubblico e il suo doppio: la città di Palermo. Due conversazioni diverse ma legate a doppio filo dal racconto di un uomo e di una città. Che città é Palermo? Com’è cambiata dagli anni Ottanta ad oggi? Arricchisce il volume la prefazione silenziosa della fotografa Letizia Battaglia.