Dario e il countdown Pd
In casa Pd le Idi di marzo politiche scatteranno 10 giorni prima, del tradizionale anniversario della congiura contro Giulio Cesare.
A meno di una miracolosa inversione di tendenza degli ultimi giorni, all’alba del 5 marzo al Nazareno voleranno parole grosse e una pioggia di pesanti accuse e richieste di dimissioni nei confronti di Renzi e del giglio magico.
Un marasma destinato a ripercuotersi sul quadrilatero istituzionale, Quirinale, Palazzo Chigi, Ministero dell’Econonomia e Banca d’Italia, sul quale già aleggia lo spettro del malaugurio di Juncker.
Il piano inclinato dell’ingovernabilità farebbe scivolare il Paese verso il definitivo default del debito pubblico. La linea del Piave prevede tre piani:
- Gentiloni bis con maggioranze variabili e appoggi esterni dei partiti e ricambio di Ministri e sottosegretari.
- Governo di scopo per la tenuta dei conti pubblici, l’approvazione della legge di bilancio e un radicale restyling della legge elettorale.
- Esecutivo all inclusive, Pd, Centrodestra e 5 Stelle, presieduto da una figura super partes accreditata in Europa. Un gabinetto di garanzia con ministri prevalentemente tecnici e l’inclusione di politici. Questi ultimi scelti autonomamente dal Premier designato da una rosa di nomi formulata dai partiti.
Tre piani che evidenziano l’intenzione di scongiurare nuove consultazioni a breve e che saranno messi alla prova, il 23 marzo dall’elezione dei Presidenti di Camera e Senato.
Scelte che si preannunciano trasversali e che offriranno l’esatta misura delle ferite latenti e delle macerie evidenti del voto del 4 marzo. Ferite e macerie sparse in diversa misura su tutte le liste, non solo per la differenza fra voti e sondaggi, ma anche per le sorprese dei sorpassi interni alle coalizioni e le trombature inattese.
Il punto centrale resta la scelta del Premier incaricato e a questo punto l’incipit potrebbe essere rappresentato dalla più ampia convergenza della maggioranza che ha eletto il Presidente della Camera o del Senato.

La cautela e la mancanza di ogni riferimento polemico con gli altri partiti con cui ha affrontato la campagna elettorale, lasciano intravedere fra le candidature più accreditate per Montecitorio quella di Dario Franceschini, da sempre mediatore fra renziani e opposizione interna e fra Berlusconi ed ex sinistra Dc.
Un asso coperto che potrebbe consentire di traghettare oltre le sabbie mobili del dopo voto un Governo con una già collaudata maggioranza parlamentare e avviare trattative a tutto campo fra gli schieramenti per un esecutivo di legislatura.