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Rubrica di critica recensioni anticipazioni
by Augusto Cavadi
Per certi aspetti, ‘Vangelo’ è anche un genere letterario. Infatti, accanto ai quattro ‘canonici’ (ossia ‘normativi’ secondo le chiese cristiane), esistono molti vangeli ‘apocrifi’ (ossia attribuiti ad autori che non li hanno effettivamente scritto) e, lungo venti secoli, volumi che ne mimano la struttura e i toni: da Così parlò Zarathustra di Nietzsche a Il profeta di Gibran.
In questa tradizione letteraria si inserisce una recentissima pubblicazione di Mario Valentini (Vangeli nuovissimi, Quodlibet, Macerata 2021, pp. 144, euro 14,00) di facile fruizione, ma di difficile decifrazione.
Di facile fruizione perché il registro linguistico è scorrevole, familiare, ironico, spesso divertente; di difficile decifrazione perché la trama, apparentemente naif, è disseminata di allusioni colte che suggeriscono interpretazioni per così dire di secondo livello. Per fare un esempio: “Gesù diceva le parabole e poi tutti si appartavano e si chiedevano: «Tu cosa hai capito?». Questa oggi si chiama esegesi biblica, mentre allora si chiamava perplessità” (p. 15).
Un altro elemento che rende non immediata né univoca l’interpretazione di queste pagine è il continuo oscillare tra la postura disincantata, quasi irriverente, nei confronti del personaggio Gesù (ancora ragazzino, “tutto il paese doveva sopportare le sue angherie senza potere aprire bocca. Infatti faceva i miracoli. Significava dunque che era figlio di Dio. La gente continuava a chiedersi ancora, per mesi, che razza di dio era questo, così incattivito e maligno”, pp. 121 – 122) e le espressioni, non infrequenti, di sincera ammirazione (“Per lui il mondo era una grande famiglia. E andando per via voleva bene a tutti. E questo è apprezzabile e non è facile a farsi, perché la rabbia certe volte sale su e nemmeno te lo aspetti, oppure nella vita uno si difende dagli altri, anche se è l’uomo più buono del mondo”, p. 14).
Questo affondare lo sguardo nella umanità fragile e imperfetta del Nazareno, senza restarne scandalizzati e anzi traendo motivi di maggiore apprezzamento per le sue qualità, mi ha ricordato altri testi analoghi, come Il rabbi molesto. Sul lato antipatico di Gesù (Italic, 2014, pp. 168, euro 16,00) di Fabio Bonafé: chi acquisisce virtù attraverso prove ed errori, attraverso esercizi e fatica, contrastando duramente la propria ‘ombra’, non è certo meno ammirabile di chi nasca (o venga rappresentato come se fosse nato) già bello-e-rifinito.
Alcune pagine di Valentini – dedicate a una sorta di confronto fra i racconti su Gesù e i racconti su Superman – mi hanno suggerito una possibile chiave di lettura: in entrambi i casi sarebbe inopportuno cercare fondamenti storici attendibili, precisi (almeno secondo i parametri scientifici contemporanei).
E in entrambi i casi il significato dei racconti è di ordine simbolico, morale, parenetico: mirano a prospettare dei modelli antropologici cui ispirarsi nella propria quotidianità ‘normale’. Si tratta infatti di personaggi che non hanno strumentalizzato per sé dei poteri straordinari (forse reali in persone realmente esistite, certamente enfatizzati letterariamente), ma li hanno esercitati a favore dei propri simili (“Affinità: Gesù faceva tutto questo per il bene degli altri. Anche Superman faceva tutto per il bene degli altri. […] In questo caso, differenze: nessuna”, p. 96).
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Giornalista pubblicista, Filosofo. Fondatore della Scuola di formazione etico-politica Giovanni Falcone di Palermo