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L’ultimo volo del Nibbio

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Rubrica di critica recensioni anticipazioni

Spielgerg e Milani film a confronto

by Adriana Piancastelli

Il nibbio – avvoltoio bramino – è il più nobile dei rapaci dell’Asia Minore: sguardo attento, volo possente, inclinazione naturale al sorvolo a lungo raggio, grande cuore.

Il nibbio era Chil , il messaggero della giungla, ne “Il libro della giungla” di Ruyard Kipling, un romanzo che è la scuola di vita di lupetti e scout di Baden Powell quando lo scoutismo era davvero un punto di riferimento per gli adolescenti che si identificavano nel gruppo con un totem, un animale che li rappresentava per struttura caratteriale e personalità.

L'ultimo volo del Nibbio
Nicola Calipari

Non a caso Nicola Calipari era il Nibbio nelle comunicazioni operative di lavoro, non a caso era stato scout, non a caso tornava messaggero di libertà stroncato in una giungla di grovigli di ogni genere.

Sono venti anni che il Nibbio ha cessato il volo, venti anni che Nicola non c’è più.

E la morte per chi resta ha solo il velo apparente dell’eroismo e della bellezza: l’amaro della realtà è sempre e solo l’assenza, il senso continuo dell’assenza .

Esistono professioni e mestieri in cui il rischio sussurra ogni giorno che qualcosa di poco solare può succedere; la variabile è il come, soprattutto  se il fulmine che abbatte resta coperto da nuvole.L'ultimo volo del Nibbio

E’ di ieri l’anteprima istituzionale del film “Il Nibbio” , sugli schermi dal 6 marzo, dedicato alla liberazione in Iraq di Giuliana Sgrena e alla morte di chi quella liberazione aveva curato e voluto con professionalità, sagacia, coraggio e tanto lavoro: Nicola Calipari, direttore di un Dipartimento operativo del SISMI e grande investigatore.

Il film, che si avvale di contributi e consulenze di profonda consapevolezza tra cui Rosa Villecco Calipari, il DIS e l’AISE, la Presidenza del Consiglio , la Polizia di Stato, alcuni Ministeri, la Questura di Roma e il contributo culturale dell’eccellenza di Med’Or, è girato da Antonio Tonda, su sceneggiatura di Sandro Petraglia,  con la tecnica della narrazione documentaristica e giornalistica e lo stile del conoscitore della potenza delle immagini.

Le ricostruzioni delle giornate del sequestro sono molto precise e circostanziate.

Claudio Santamaria è perfetto nei gesti, nei silenzi, lo sguardo, le malinconie improvvise, l’ ostinazione, persino l’anima calabrese di Nicola.

Adeguate anche le figure femminili della storia: Sonia Bergamasco è Giuliana Sgrena, Anna Ferzetti è Rosa, una grande compagna di vita e Beatrice De Mei è Silvia, la figlia dolce e tempestosa adolescente, visceralmente legata ad un padre molto amato.

La vicenda è presentata nei giusti ritmi e nelle emozioni di un uomo diviso tra i due grandi amori famiglia e lavoro.

Calipari è stato un professionista con una esperienza solida e completa in Polizia, che ha portato un contributo di lealtà e linearità in un ambiente non sempre semplice come un servizio di informazioni e sicurezza relativo alle realtà internazionali, in un periodo duro e intricato: la guerra in Iraq e i rapimenti di ostaggi italiani per mano dei terroristi dell’Islam.

Trattative convulse, sul filo del rasoio, ipotesi e discussioni continue, ingerenze non richieste, solitudini e decisioni collettive istituzionali richiedono cervello e cuore, lucidità ed empatia in ogni momento della giornata.L'ultimo volo del Nibbio

Venti anni fa, il 4 marzo, in casa, la sera all’ora  del ritorno di Nicola, è rimasta la tavola apparecchiata per il compleanno di suo figlio Filippo: una somma di dolori incancellabili e ricorrenti nel tempo senza un motivo coerente, una ragione accettabile in grado di alleviare il peso dell’assenza.

Il dolore ha allagato le giornate come il sangue.

Il film, pur realista, non riesce a dipingere completamente i colori dello sgomento, dello sconcerto e della rabbia, pur soffermandosi adeguatamente sulle effettive difficoltà di rapporti interni, relazioni internazionali e intromissioni non sempre in buona fede.

E’ un buon documento, valido e ben realizzato di una vicenda che anche senza i vetrini di un microscopio ha dell’incredibile.

È stato girato con grande rispetto per la cronaca, per l’uomo, per le ricostruzioni degli ambienti e dell’humus sociale e culturale.

Dopo i titoli di coda  restano i ricordi, le memorie, un po’ di lacrime ingoiate, le ragioni di Stato, la verità di un mestiere tanto affascinante quanto duro, tanto reale e poco magico e  l’amarezza della constatazione che spesso si scopre l’eroismo dei vivi soltanto dopo la morte.L'ultimo volo del Nibbio

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Adriana Piancastelli
Senior Osint and Media Analyst. Ha praticato il mondo delle investigazioni e dell’intelligence. Appassionata di mare cani rock e figlia non necessariamente in quest’ordine.
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