L’orso e il dragone contro l’aquila. Dagli equilibri strategici alla cyber intelligence, dall’economia alla cooperazione spaziale, sono molteplici e non tutti noti i risvolti del vertice fra Putin e Xi Jinping.
Evidente il salto di qualità, la svolta globale che assume la valenza di una mutazione genetica, in chiave esclusivamente antiamericana, rispetto alle passate alleanze alternate alle profonde divisioni fra due paesi di matrice comunista che ora sono a tutti gli effetti delle superpotenze.

Da Stalin a Mao, fino a Gorbaciov e Deng Xiao Ping, a differenza dei tanti storici vertici fra i leader russi e cinesi, per la prima volta Mosca e Pechino dispongono infatti di economie in espansione e di poderosi sistemi militari in grado di reggere in tandem la sfida globale

Una sfida egemonica che in Asia, in Europa ed in parte anche in Africa, vede arginato il tumultuoso espansionismo tecnologico e commerciale cinese e il ritorno di fiamma post sovietico della Russia, dal blocco dei paesi occidentali che fanno capo agli Stati Uniti e all’Alleanza Atlantica.
Un blocco di Paesi non soltanto filo americani e che in Asia comprende anche Giappone, India, Pakistan e Indonesia. “Più che una nuova alleanza quella fra la Cina e la Russia è comunque un matrimonio d’interesse” spiega l’editorialista Mauro Indelicato esperto di strategie politiche e militari.

- Sullo sfondo dell’alleanza anti Usa, in realtà ci guadagna più Putin o Xi Jinping?
Contrariamente a quanto si possa pensare, Russia e Cina non sono delle alleate naturali. Nel corso della loro storia recente stringono diversi patti, ma si tratta di matrimoni di convenienza. Anche in questo caso la convenienza è reciproca ed entrambe le parti sono molto attente a creare una situazione di esatto do ut des. Putin, chiuso ad occidente, ha un vitale bisogno di guardare ad oriente sia a livello politico che economico. Xi dal canto suo, è leader di una nazione che ha una marcata necessità di materie prime. È un contesto, almeno fino a questo momento, di esatta parità.
- Il via libera ad Huawei in Russia non consegna gli apparati ex sovietici ai cinesi?
In un matrimonio di convenienza entrambi devono cedere qualcosa per arrivare agli obiettivi sperati. Sappiamo come la Russia tenga particolarmente a sviluppare “in casa” tutti gli elementi che riguardano la propria sicurezza, ma al Cremlino prevale anche una buona dose di realpolitik ed a Mosca sanno come attualmente la Cina è molto più avanti nello sviluppo tecnologico. Per cui, piuttosto che rischiare infiltrazioni made in Usa nei propri apparati, si preferisce il male minore rappresentato dal colosso cinese.
- Baricentro prevalente dell’alleanza sino-russa, l’Europa o l’Asia?
Indubbiamente l’Asia: è nella Russia asiatica del resto che si concentrano le maggiori risorse di cui la Cina ha bisogno, così come è proprio per rispondere alla chiusura da occidente che Mosca si sposta verso Pechino.
- Contromosse di Trump?
C’è attualmente una guerra commerciale in corso, dunque la strada è indubbiamente quella di ulteriori eventuali dazi ed una stretta nelle importazioni cinesi. L’obiettivo del presidente Usa, è mettere pressione alla Cina, la quale ha sì una grande fetta del debito americano, ma al tempo stesso ha un’economia fortemente basata sulle esportazioni. È lì che si gioca, almeno fin quando Trump siede alla Casa Bianca, la partita principale tra gli Usa ed il blocco sino – russo.
- L’Europa resterà a guardare o sarà presa in mezzo?
Entrambe le cose, nel senso che l’Europa conta molto poco ed è quasi braccata da un lato dai doveri derivanti dall’alleanza con gli Usa, dall’altro dal contesto emergente ad oriente. Ben che vada, il vecchio continente può essere al massimo un’appendice del blocco atlantico od un buon eventuale partner del blocco sino russo. L’Europa al momento non ha la forza politica per costituire un’area a sé, in grado di reggersi da sola.