La Cina sfoglia la margherita dei suoi interessi strategici: conviene di più fornire armi alla Russia e dire addio ai mercati europei e Usa o rimanere neutrali e fare affari con l’occidente?
La leadership è indecisa. E’ consapevole che la fornitura di armamenti a Mosca potrebbe far pendere il peso della bilancia della guerra, ma teme che la fallimentare invasione scatenata da Putin contro l’Ucraina abbia già superato il punto di non ritorno e l’apporto non possa più risollevare l’inefficienza strutturale dell’armata russa.

Ad incidere vi sono anche vari fattori logistici e temporali. Il Cremlino ha un disperato bisogno in primo luogo di proiettili d’artiglieria e poi di pezzi di ricambio e droni d’attacco.
Le industrie belliche cinesi che per anni hanno importato e contraffatto, eseguendo – scrive The Economist – il reverse engineering per poi rivendere ai paesi del terzo mondo i sistemi d’arma sovietici, sono in grado di produrre i proiettili d’artiglieria compatibili con quelli di calibro da 122 mm e 152 mm utilizzati dai cannoni russi ed ucraini.
A parte l’efficienza di una compatibilità ancora da rodare, resta il fatto che occorreranno un paio di mesi per trasportare i proiettili cinesi a Mosca e affidarli alla catena di rifornimento militare russa che li dovrà fare arrivare sul fronte ucraino. Nel frattempo potrebbe essere scattata la prevista controffensiva primaverile delle forze di Kiev che rischia di fare arretrare le linee russe e catturare interi stock di armi cinesi.
La Cina é il quarto esportatore mondiale di armi. Otto delle sue aziende, seconde solo alle industrie americane, figurano nell’ultima classifica delle 100 migliori fabbriche di armi del mondo stilata dallo Stockholm International Peace Research Institute .
Sul piano diplomatico Pechino sta soppesando le conseguenze economiche globali della profonda crisi nelle relazioni con l’America e l’Europa che la fornitura di armamenti alla Russia inevitabilmente innescherebbe.

La decisione del Presidente Xi Jinping e dei vertici del partito comunista cinese oscilla fra il doppio rischio strategico delle armi a Mosca e i contraccolpi globali di una rottura con l’occidente. Il che comporterebbe un’estensione dall’Europa all’Asia della cortina di ferro che di fatto isolerebbe Pechino, relegandola al ruolo di ultimo grande paese comunista e alla leadership di un contorno di regimi quali la Corea del Nord, il Venezuela, Vietnam, Laos e in parte Cuba.
Per il momento il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden si mostra più ottimista dell’intelligence americana e afferma di non prevedere “una grande iniziativa da parte della Cina che fornisca armi alla Russia”.

Secondo gli analisti di strategie militari infatti sussiste la possibilità, evidenziata dall’Economist, che invece di inviare armi, la Cina possa aiutare la Russia ad aggirare le sanzioni occidentali rifornendola di componenti ad alta tecnologia per droni, missili da crociera e altre armi di precisione.
In cambio, Pechino potrebbe richiedere tecnologia research and development, ricerca e sviluppo, per l’Rd-180, il motore dei missili vettori russi utilizzati per i lanci spaziali e applicabile anche ai missili balistici. Sicura anche la richiesta della tecnologia dei sottomarini e dei motori a reazione.

In un modo o nell’altro, tenendo bloccata l’America in Europa alle prese con un sostegno esponenziale all’Ucraina, lucrando sui prezzi più che dimezzati del petrolio e del gas della Russia, oppure vendendo armi a peso d’oro a Mosca o semplicemente ottenendo tecnologia avanzata, la Cina ha già trasformato in un grande affare la guerra di Putin a Kiev.
Un equilibrio sul business più redditizio che sarà sottoposto a forti pressioni e che potrebbe essere interrotto qualora la posizione della Russia sul campo di battaglia che già ora appare disperata, dovesse precipitare in primavera o in estate, quando l’Ucraina lancerà l’offensiva che sta preparando in queste settimane.
Prima di decidere a Pechino ripasseranno la celebre massima del più importante stratega militare di tutti i tempi, il cinese Sun Tzu secondo il quale “i guerrieri vittoriosi prima vincono e poi vanno in guerra, mentre i guerrieri sconfitti prima vanno in guerra e poi cercano di vincere”. Un caso che si attaglia a Vladimir Putin.