Un uomo solo al comando in vista del traguardo. Sui tornanti della crisi si è verificato il silenzioso, ma decisivo sorpasso di Giuseppe Conte nei confronti del suo giovane ex mentore Luigi Di Maio.
L’ “avvocato del popolo” ha preso in mano la situazione dopo le impuntature personali di Di Maio alla ricerca della vice presidenza perduta. Impuntature che hanno rischiato di fare saltare l’intesa iniziale con il Partito Democratico ed hanno spalancato lo sportello sulle elezioni mentre la macchina della trattativa era in corsa.
Lo sprint di Conte è stato seguito a ruota dal Segretario dem Nicola Zingaretti che ha cominciato a sentirsi telefonicamente col Premier e a trattare direttamente con lui.
La distanza di Di Maio dal neo battistrada delle trattative è diventata incolmabile quando a Conte sono giunti via Twitter gli auguri del Presidente Usa Donald Trump.
Un endorsement che equivale ad una benedizione ufficiale e che lo “eleva” , direbbe Beppe Grillo, a nuovo leader emergente del Movimento 5 Stelle, in stretto collegamento col fondatore e con Davide Casaleggio.
Il timbro di Trump sul bis di Conte lascia pensare che nel colloquio avuto a Biarritz il Presidente del Consiglio possa avere rassicurato il Presidente Usa sul possibile ripensamento dell’Italia sul 5G del network cinese Huawei considerato da Washington una micidiale minaccia dell’intelligence di Pechino.
5G cinese diventato il cavallo di battaglia del rilancio tecnologico dell’industria e delle telecomunicazioni del Ministero dello sviluppo retto fino adesso da Di Maio.
L’accelerazione dello sprint di Conte ha galvanizzato il confronto fra le delegazioni del Pd e dei grillini. Il perimetro della nascente maggioranza giallo rossa appare sempre più delineato e denota, come è emerso dalla riunione dei capigruppo parlamentari dei due partiti, una intersecazione politica degli originari ideali sociali e ambientali dei 5 Stelle con le stesse linee programmatiche fondative del Partito Democratico.
Una base programmatica concreta sulla quale si innesta la collaudata l’esperienza internazionale del Premier riconfermato, che si prevede possa puntare a mantenere al Ministero dell’Economia Giovanni Tria, apprezzato interlocutore dei vertici economici e finanziari europei. Una continuità, quella di Tria, che se dovesse venir meno proprio alla vigilia del varo di una delicata e gravosa legge di bilancio che ha in parte già abbozzato, comporterebbe il rischio di dover ricominciare a discutere da capo con Bruxelles.
Appena avrà ricevuto l’incarico dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella di formare il nuovo Governo, Giuseppe Conte metterà mano ufficialmente alle caselle dei Ministeri e risolverà il contenzioso che già si è manifestato sull’attribuzione del Vice premier unico al vice segretario del Pd Andrea Orlando o al compagno di partito Dario Franceschini, dell’Interno sollecitato dal Pd e della Difesa, richiesto da Di Maio per rassegnarsi alla mancata conferma come Vice Premier, ma ambito anche dal dem Emanuele Fiano. Altri Ministeri contesi sono quello delle Infrastrutture ( in bilico fra Del Rio Pd e Patuanelli 5 Stelle) Giustizia (col derby siciliano fra l’uscente Bonafede e Piero Grasso in quota Leu) lo Sviluppo Economico che sarebbe destinato alla Vice segretaria dem Paola De Micheli, e gli Esteri dove potrebbe rimanere Moavero Milanesi o essere assegnato a Paolo Gentiloni qualora l’ex Premier non venisse designato alla Commissione europea.
Vinta l’ultima tappa della cronoscalata del Colle, l’uomo solo al comando, cravatte raffinate e stile british, porterà a termine in surplace la complessa partita a scacchi dei Ministeri.
Il potere logora chi non ce l’ha e soprattutto chi lo perde.