Al Ministero della Giustizia le polemiche non si placano. Come scrive Repubblica, sul tavolo del Guardasigilli Alfonso Bonafede c’è una lista con 376 nomi che crea sconcerto. Una lista che scotta.
E’ quella che riguarda numerosi boss di rango della ‘ndrangeta di cosa nostra e della camorra, da Pasquale Zagaria a Francesco Bonura, da Vincenzo Iannazzo a Pino Sansone da Vincenzo Di Piazza ad Antonino Sudato, posti agli arresti domiciliari per l’emergenza virus. Nessuno di loro si è mai dissociato o pentito.
Si tratta della lista inviata tre giorni fa dal Dap alla Commissione Parlamentare antimafia, che l’aveva espressamente richiesta.
In attesa dell’insediamento del nuovo Capo del Dap, il Procuratore Generale di Reggio Calabria Dino Petralia, il ministro ha affidato l’incarico di vagliare i fascicoli degli scarcerati uno per uno, e disporre se necessario ulteriori accertamenti all’altro neo vice Capo del Dipartimento penitenziario Roberto Tartaglia.
Magistrati di primo piano con una lunga esperienza antimafia, Petralia e Tartaglia hanno già diramato una circolare con la quale si chiede ai direttori delle carceri di comunicare immediatamente al Dipartimento ogni istanza presentata dai detenuti al 41 bis o comunque inseriti nei circuiti della cosiddetta Alta sicurezza.
La lista dei boss che nell’ultimo mese e mezzo sono stati scarcerati dai giudici di sorveglianza per il rischio Covid o per altre gravi patologie e che attualmente si trovano ai domiciliari, nei loro territori, evidenzia oltre al numero, uno spessore criminale preoccupante.
Tutti gli scarcerati erano detenuti nel settore dell’Alta sorveglianza 3.
Tutti, tranne l’ ergastolano Sudato, recluso a Sulmona nel reparto più rigido della cosiddetta Alta sorveglianza, quella etichettata con il numero 1. Originario di Avola, 25 anni condannato per omicidi, mafia ed estorsioni Antonino Sudato è il primo ergastolano in Italia ad usufruire degli arresti domiciliari.
Nessun domiciliare invece per l’Alta sorveglianza 2, dove sono reclusi i terroristi
Anche se per tutti hanno pesato le condizioni di salute precarie attestate da certificati e perizie, il fatto che nelle settimane scorse il Dap non sia riuscito ad attrezzare soluzioni alternative agli arresti domiciliari, per esempio nei centri medici penitenziari di Roma, Viterbo e Milano, ha innescato le polemiche che hanno determinato le dimissioni dell’ex Dirigente Basentini e le proteste delle procure antimafia allarmate per il rientro dei mafiosi nei loro territori.