Al vertice del Dap arriva un magistrato di primo piano della lotta contro cosa nostra, il Procuratore Generale di Reggio Calabria Dino Petralia, già Pm e Procuratore a Trapani, Sciacca, Marsala e Palermo.
Un esperienza diretta nelle trincee antimafia alla quale Petralia ha aggiunto dal 2006 al 2010 una consiliatura al Csm.
Dopo le dimissioni di Francesco Basentini, per evitare che le polemiche sulla gestione del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria potessero travolgere anche il Ministero della Giustizia, responsabile della nomina del dimissionario ex procuratore aggiunto di Cosenza, il Guardasigilli Alfonso Bonafede si è saldamente ancorato alla sponda della magistratura da sempre schierata operativamente, sull’esempio di Calamandrei, senza protagonismi e proclami, sul fronte del totale contrasto alla ‘ndrangheta, alla mafia e alla camorra.
Dopo la nomina nei giorni scorsi del magistrato Roberto Tartaglia a Vice Capo del Dap, nomina che invece dell’estremo tentativo di salvataggio di Basentini ne ha rappresentato la plateale sconfessione, Bonafede ha scelto il Procuratore Dino Petralia, ovvero il magistrato con più titoli ed esperienza. Una scelta unanimemente condivisa.
Una nomina prestigiosa, dietro la quale oggettivamente il Ministro della Giustizia, in certo qual modo, intende trovare riparo dalle roventi polemiche che hanno investito via Arenula per la circolare del Dap del 21 marzo legata all’emergenza coronavirus in base alla quale gli avvocati dei boss mafiosi si sono affrettati a chiedere gli arresti domiciliari per rischio contagio.
Richieste che hanno fatto sfiorare la scarcerazione agli arresti domiciliari per i big della criminalità organizzata che stanno scontando valanghe di ergastoli, come Raffaele Cutolo.
Polemiche seguite a quelle per le recenti rivolte con 13 vittime nelle carceri di tutta Italia e al più recente marasma dell’intero settore della Giustizia provocato dal coronavirus e che hanno investito direttamente il Ministro della Giustizia Bonafede.
Per Dino Petralia la nomina al vertice del Dap assume anche una involontaria, e comunque assolutamente non necessaria, restitutio in integrum per il ritiro, l’estate scorsa, della candidatura alla Procura della Repubblica di Torino dopo i veleni sulle nomine che a Roma avevano investito il Csm.
“Non sono disponibile a lasciar intaccare la mia dignità” aveva dichiarato l’allora Procuratore generale di Reggio Calabria, che era in pole position per succedere ad Armando Spataro e che pur non sfiorato dallo scandalo aveva deciso di fare un passo indietro.